Il sentimento feroce della maturità

di Daniela Pia


Quanto sia significativo possedere la parola, sinonimo di libertà, lo si può constatare durante gli esami – ex maturità.

Intanto piangevano, le ragazze – alcune – della serie “vedi cosa mi stai facendo? Mi stai stressando col tuo esame”. Pèntiti dicevano gli occhi. E i commissari lì, pronti ad indossare il cilicio e – alcuni – ad esporsi alla gogna. E la penitenza più atroce fu inflitta lì agli improvvidi esaminatori, condannati a sorbirsi frasette tratte da Wikipedia che come finiva il rigo, e il tempo assegnato a piacere per “la discussione dell’argomento presentato dal candidato”, pativano per empatia della contorsione, sofferta dal miserrimo esaminando.
E ascoltammo: di un Primo Levi cattolico che, poiché italiano, si intuiva che doveva essere cattolico. Che stavano a chiedere i commissari, basiti. Non riuscivano in quell’ elementare sillogismo? Bocciati signori commissari, bocciati.

E sentimmo, di un nido pascoliano che era “casa rotta”, distrutta, che dovette essere ricostruita.

E vedemmo asindoti curvi e saponificazioni con idrolisina estera.

E intuimmo che parlassero di fascismo , confondendolo con la mafia; che si identificassero con la “Fosca” di Tarchetti, ma chi mai sarà stata costei?

Che Pirandello, forse, era quello di Mattia ma non ricordo il cognome.

Che la seconda guerra mondiale è scoppiata perché ci fu l’attentato agli Stati Uniti.

E che dire di un Robinson Crusoe che era una storiella; e di un Gulliver che… – ho un vuoto che.. – boh.

E provi a suggerire un po’ di buone maniere: “si rivolga al commissario di matematica quando parla di Weierstrass” e l’ incauto candidato, candido il tanto suo: “Ehgggià mi avrà sentito quello che ho detto!”.

Lo scopri strada facendo, se ti evirano delle parole pure tu divieni Eunuco. E eunuchi ci sentiamo e dunque zitti – che le devi mettere a loro agio le maturande creature – quasi ci scusiamo di dover porre domande, non sia mai! E dunque Weierstrass, alla stregua di “Carneade, chi era costui?”. E li osservi i novelli don Abbondii di non più manzoniana memoria i quali sempre più perplessi, si interrogano sull’identità loro e di Adriano Meis, perché siamo tutti “Nessuni”. Alcuni più di altri.

Così Carneade resta sospeso anche sui commissari, sui quali incombe un dilemma: “come conciliare le esigenze della prassi quotidiana con l’impossibilità di essere certi intorno a qualsiasi cosa?” . Per fortuna la risposta è lì e la offre sempre lui, il filosofo di Cirene del quale i commissari rispolverano il “criterio del probabile”. E la risposta al quesito giunse, inattesa: “l’uomo (commissario) può individuare il comportamento da adottare di volta in volta in base al grado di probabilità o di rappresentazione persuasiva che deriva dall’esperienza”. E così si persuasero i commissari e la commissione, e i candidati e i famigli loro – tutto è bene quel che finisce bene, fosse pure un rotondo 60. Ed è lì che giunsero, ripetutamente esaminati e stressati, i possibili maturi, qualche volta miracolati, ma per intercessione di casi e di cose fortuite. – Eggià glielo accendo un cero alla vergine di “ mesu ‘ e austu”.
Che poi sarebbe “l’Assunta”; Assunta Lei e  assunti loro, nell’ olimpo dei futuri possibili aspirandi al mondo del lavoro. Così come assunse fra i santi Beati del miracolo, impossibile e disatteso, san Steve Jobs cui accendiamo ogni dì i nostri rettangolari lumini domestici.
Coloro, fra gli esaminati, che investirono su fondali di stoffa, incollati a deretani affaticati da scomode posture, un giorno scopriranno di non aver investito invano il loro tempo a costruir parole. L’università li attende, fra test d’ ingresso con quesiti sgarruppati e auliche questioni mai contemplate. Il percorso proseguirà, sempre che il deretano abbia, nelle lise stoffe, scolpita qualche orma famosa. Poi giungeranno i giorni e ci saranno le attese e (come disse quello dei “7 anni di studio matto e disperatissimo”) “Ci troveremo ancora là, No, non a bere Wiskey al Roxi Bar” MA “ a rimpiangere il passato, provando a progettare il futuro, senza accorgerci che è il presente a essere ormai passato”. E’ stato così che tutti noi scoprimmo il giungere della maturità. Che lo scoprissero anche loro. Che ciò possa avvenire senza l’intercessione del mondo adulto, ma attraverso l’ esperire, è un augurio affettuoso. Sul serio. Non c’è nulla di comico. Nessun avvertimento del contrario. Solo un feroce languido Umorismo. E un sentimento… di condivisione umana.

 

Daniela Pia
Sarda sono, fatta di pagine e di penna. Insegno e imparo. Cammino all' alba, in campagna, in compagnia di cani randagi. Ho superato le cinquanta primavere. Veglio e ora, come diceva Pavese :"In sostanza chiedo un letargo, un anestetico, la certezza di essere ben nascosto. Non chiedo la pace nel mondo, chiedo la mia".

2 commenti

  • Grazie della freschezza, Daniela Pia, e una infusione di coraggio. E’ questo che ci tocca, ma ci dovrà bastare. Tenere duro, tenere duro.

  • Marco Pacifici

    …e pensare che per scrivere queste… chiamarle “parole” è riducente inconcludente incompatibile…comunque poco assai, c’è chi ci impega un romanzo e ci scassa i creapopoli per 347 pagine:arigrazie della freschezza e della narrazione di una due tre generazioni in cinquanta righe Daniela Pia e… un saluto da chi si fece la maturita classica due giorni dopo (giugno ’71) del concerto dei Pink al palaeur con ancora in circolo due SunShine rossi e blu… dietilammide dell’acido lisergico. Che la Vita ci sia leggera. Un abbraccio Mark ed a Tutti Tutte. (me sa che circolano ancora….ehehehehe)

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