«Il signore della fattoria» di Tristan Egolf

ri-letto da Francesco Masala. Libri da recuperare: quarta puntata (*)

In bottega era già apparso un invito/appello/preghiera per la lettura de Il signore della fattoria (qui). Mi cimento a convincere chi “passa da qui” che conoscere il libro di Tristan Egolf è cosa buona e giusta, direi necessaria.

Il libro è apparso la prima volta in Francia, e non negli Usa, visto che è “antiamericano” (aggettivo buono per tutti gli usi: raccontare le cose come sono per certe persone è insopportabile).

La storia è ambientata in uno di quegli Stati arretrati degli Usa, amanti di Trump e delle sue retoriche. Per sua sfortuna John Kaltenbrunner è nato lì, già orfano di padre e con una madre non troppo materna. Viene circondata e assediata da beghine ladre (che è come essere circondati e assediati da coloni israeliani), essere morsi da un serpente velenoso è di sicuro un male minore.

John cresce isolato, umiliato e offeso da tutti, si difende come può, e può molto, ma non è abbastanza.

Ritorna dopo un po’ di anni alla sua cittadina, e ricomincia a farsi una vita, prima in un mattatoio, con i messicani, un girone infernale, e poi fa l’operaio nella raccolta dei rifiuti, un girone leggermente meno infernale del precedente.

E lì guida uno sciopero (roba antiamericana) per i diritti e la dignità; ma tutto si paga, a caro prezzo.

Cercatelo, si trova solo nell’usato, o remainder, fra tanti libri inutili Il signore della fattoria è un gioiello inestimabile.

Leggere per credere.

Inizia così:

Arrivò un momento in cui, dopo che la mischia fra Baker e Pottville si era dispersa, con gli ultimi venti o trenta litiganti fra messicani del mattatoio avicolo Sodderbrook, assiani di Buzzard’s Roost, troll di Dowler Street e topi di fabbrica di Baker est pigiati, in manette, sui furgoni cellulari dello sceriffo Tom Dippold e spediti agli scannatoi già pieni zeppi della Keller & Powell, dopo che i roghi di immondizia in Main Street erano stati spenti e le ceneri sparse tra le macerie fumanti di Gingerbread Row, dopo che la palestra della scuola era stata presa d’assalto con i gas da una squadra di poliziotti stupefatti e malequipaggiati provenienti da tutta la regione, dopo che il saccheggio generale lungo la Geiger si era placato, la sommossa fra la Terza Strada e la Poplar era stata sedata, un branco inferocito di minatori del giacimento numero sei della Ebony Steed aveva da tempo reso la sua malaugurata visita amichevole ai topi di fiume sulla riva del Patokah in una processione di pick-up trasformati in rulli compressori, e quando ormai il resto della comunità era a tal punto sommerso dai suoi stessi escrementi che persino i commentatori del notiziario di Pottville 6 dovettero ammettere che Baker sembrava in attesa dei quattro cavalieri dell’Apocalisse, arrivò un momento in cui, all’apice del pandemonio, ogni cittadino della contea di Greene ancora in possesso delle proprie facoltà mentali si rese conto esattamente di chi fosse e quale significato richiamasse il nome di John Kaltenbrunner…

da qui

(*) L’idea di questa rubrica è nata da un messaggio di Giuliano Spagnul: «… una serie di recensioni, coinvolgendo una lista di persone per spingere alla ristampa (o verso una nuova casa editrice) di libri fuori catalogo, preziosi, da recuperare». Siamo partiti il 2 aprile (con Giuliano ovviamente) a raccontare Gunther Anders: «Essere o non essere». Poi L’epica latina: Daniel Chavarrìa (il 14 aprile) di Pierluigi Pedretti. Il 30 aprile «Poema pedagogico» di Anton Makarenko riproposto da Raffele Mantegazza. Ci siamo dati una scadenza quattordicinale, all’incirca. Si annunciano «Chiese e rivoluzione nell’America latina» a cura della Fondazione Lelio Basso, «Teatro come differenza» di Antonio Attisani … e altre promesse meno definite. Se qualcuna/o vuole inserirsi ovviamente troverà le porte aperte. Ma una rubrica deve avere un titolo? Ne abbiamo discusso e sono uscite queste proposte «Pagine perdute», «Salviamoli dal macero», «Ripubblicabili»«Libri da ri-animare» oppure (rubacchiando l’idea al quotidiano «Le Monde») «Ripescaggi» ma anche «La biblioteca da salvare», «Libri recuperati» (come le fabbriche che gli operai portano avanti in modo autogestito…) e «il (non) classico da riscoprire». Voi che dite? C’è anche un’ipotesi di logo – quello che vedete qui sopra – che sarà democraticamente votato … se arriveranno alternative. [db per la “bottega”]

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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