«Il Sistema del Mondo»: dove è sparito?
Franco Ricciardiello racconta lo straordinario “Ciclo Barocco” di Neal Stephenson e indaga sul mistero del terzo libro che (in Italia) scomparve. Non è fantascienza ma…
Mi domando se verrà mai tradotto e pubblicato in Italia The System of the World, il terzo volume dello straordinario Ciclo Barocco di Neal Stephenson. I primi due romanzi – «Argento Vivo» (Quicksilver, 2003) e «Confusione» (The Confusion, 2004) sono apparsi presso Rizzoli prima del 2005, mentre non è al momento reperibile nessuna notizia editoriale a proposito del terzo romanzo, pubblicato nei Paesi anglosassoni già nel 2004. Sarebbe un vero peccato se l’edizione italiana non venisse completata, perché si tratta di una grandiosa ricostruzione, tutt’altro che ortodossa, di un momento cruciale nella storia del mondo occidentale: la gestazione di un nuovo “sistema globale”, non una dottrina filosofica ma un vero e proprio ordine nuovo economico: il ciclo di Neal Stephenson è una sfrenata incursione visionaria alle lontane radici del capitalismo nella scienza del XVII secolo, gli albori di una globalizzazione che muoveva i primi, timidi passi.
Ignoro quale accoglienza di pubblico abbiano avuto in Italia i primi due episodi; non escludo che la mole dell’opera (oltre tremila pagine totali nel formato rilegato) abbia scoraggiato i possibili acquirenti, spesso condizionati da una politica editoriale che si riduce a pubblicare in volume singolo opere della lunghezza di un racconto (mantenendo però il prezzo di un romanzo). Nel frattempo, la letteratura postmoderna si muove in tutt’altra direzione: verso una complessità che è specchio della natura del mondo, molto lontano da ogni tentativo di semplificazione.
Che sfortuna non poter continuare la lettura di questa intelligente scorribanda nelle pieghe della Storia, sicuro antidoto a melense ricostruzioni pseudo-storiche che vantano un vasto pubblico di affezionati acritici. Il Ciclo Barocco è decisamente tutt’altra cosa: il viaggio allucinogeno di un nerd, ma un nerd molto particolare, e soprattutto contemporaneo dei protagonisti. Come si può intuire dalla vastità dell’opera, la trama è piuttosto complessa: la narrazione ha inizio nel 1667, poco dopo la restaurazione monarchica che fece seguito alla rivoluzione inglese e alla Repubblica di Oliver Cromwell, il Commonwealth; termina nell’ottobre 1714, giorno dell’incoronazione del primo sovrano della dinastia Sassonia-Coburgo (che regna ancora attualmente, anche se il secolo scorso ha cambiato il nome in Windsor per ragioni patriottiche). I protagonisti principali sono Daniel Waterhouse, di famiglia puritana e intransigente repubblicano; Jack Shaftoe, orfano analfabeta che si arruola come mercenario sul continente; infine Eliza de la Zeur, giovane inglese catturata dai pirati barbareschi e giunta dopo varie avventure a Vienna, nell’harem del Sultano. La narrazione vede, attraverso un’interminabile serie di avventure mozzafiato, il destino divergente dei tre protagonisti: l’ascesa sociale di Eliza fino al rango di Duchessa d’Arcachon, amica intima del filosofo Leibniz e accolta alla corte del re Sole a Versailles; la parallela discesa di Jack Shaftoe nei bassifondi della società e la sua trasformazione in re dei fuorilegge, conosciuto in Francia come L’Emmerdeur, in Inghilterra come Jack il Falsario, rapinatore di un galeone spagnolo che trasporta dal nuovo mondo nientemeno che l’oro di Re Salomone recuperato dall’oblio mitico in cui era sprofondato; infine, l’avventura intellettuale di Daniel Waterhouse tra le due maggiori menti della civiltà occidentale dell’epoca, Isaac Newton e Gottfried Leibniz, negli anni in cui il metodo scientifico galileiano si consolida e il sistema monetario aureo cerca una propria fisionomia, che durerà con vicende alterne fino oltre la metà del Novecento.
Il Ciclo Barocco lascia presagire tutto il nostro mondo: la nascita del capitalismo globale, il riscatto sociale esemplificato da Eliza, ma anche il suo contrario: l’anti-global-ante-litteram, l’Emmerdeur, la prova che il capitalismo coltiva in sé i propri germi di distruzione.
Lo stile di Neal Stephenson è crudamente realistico. L’accuratezza della sua ricostruzione della tecnologia minuta, quella di ogni giorno, lascia davvero a bocca aperta. I suo protagonisti, non soltanto i tre principali ma l’immensa moltitudine di comprimari, si muovono a loro agio fra i segreti di un sistema creditizio in nuce, fra navi sempre più tecnologiche che solcano i mari (una tecnologia del metallo e del legno, ovviamente, ma quanto più all’avanguardia nel mondo del Seicento), come fra i segreti dell’alchimia e della chimica, i cui confini ancora non sono definiti dal metodo scientifico. Sir Isaac Newton, che oggi ricordiamo soprattutto per il suo lavoro scientifico, è il potente governatore della Zecca di Londra; grazie ai cui sforzi monetari l’Inghilterra è in grado di tenere testa all’onnipotente re Sole, ma la sua segreta ambizione è la pietra filosofale, l’alchimia, l’oro perduto di Re Salomone. Per questo è pronto a sacrificare il resto del suo mondo.
La scrittura si sviluppa per giustapposizioni, come strati successivi di narrazione accumulati in ordine rigidamente cronologico: si direbbe quasi un tentativo di rispettare, con un ammirevole rigore filologico, le unities della tradizione elisabettiana — spazio, tempo e azione. L’esposizione è ridotta al minimo, il lettore impara ciò che deve sapere attraverso i dialoghi e attraverso le azioni dei personaggi: ogni unità narrativa è preceduta da un titolo che indica il luogo e il tempo dell’azione (per esempio “Giardini del palazzo di Herrenhausen, Hannover, 23 giugno”) e il punto di vista si mantiene rigorosamente fisso sul personaggio di volta in volta prescelto. Raramente Stephenson interviene di persona, con quell’artificio che si chiama “narratore onnisciente”, per spiegare cosa succede. Gli avvenimenti accaduti tra un’unità e l’altra non sono riassunti, come pure ciò che accade “fuori scena” rispetto al presente della narrazione: il lettore viene a sapere ogni cosa grazie al dialogo tra i personaggi. Meglio ancora, vede ogni cosa con i propri occhi mentre accade perché Stephenson salta da una parte all’altra del mondo per mostrarci la sorte dei suoi protagonisti. Spesso la ragione di un episodio apparentemente secondario appare chiara dopo diverse pagine, diversi capitoli o addirittura in un volume successivo. Stephenson è sempre estremamente reticente, non spiega ma mette in scena, come raccomandano le migliori regole della creative writing. Siamo nel cuore nero del postmoderno: lo stile è ricco e colto, enfatico, quasi snob nella straordinaria accumulazione di riferimenti e citazioni. Il plot è di frequente impreziosito da inserti irrazionali, o fantastici: l’oro “pesante” di Salomone, gli strampalati abitanti dell’isola di Qwghlm, l’esito dell’operazione chirurgica alla quale si sottopone Daniel nel secondo volume, il personaggio di Enoch il Rosso che avvia la narrazione – e che chi ha letto «Cryptonomicon» (Cryptonomicon, 1999) ha già conosciuto due secoli più avanti, durante l’ultima guerra mondiale – specie di rivisitazione del mito dell’Ebreo Errante.
Il periodo storico coperto dalla narrazione è talmente vasto, e la quantità di personaggi tale che l’autore ha diviso il ciclo in sette romanzi, ripartiti nei tre volumi. Ogni romanzo ha una dinamica propria, con protagonisti, antagonisti e sviluppi morto differenti. Il primo volume «Argento vivo» è diviso in tre romanzi: quello omonimo, che racconta le avventure del giovane Daniel Waterhouse dal 1660, quando è compagni di studi universitari di Isaac Newton a Cambridge, fino al 1673 quando conosce il filosofo tedesco Leibniz, protagonista di una famosa disputa con Newton sulla paternità del calcolo infinitesimale. Il secondo romanzo, “Re dei Vagabondi”, è la storia di Jack Shaftoe da quando è un orfano nei bassifondi di Londra, attraverso il suo incontro con Eliza durante la battaglia per liberare Vienna dall’assedio turco, fino a quando viene ridotto in schiavitù dai pirati saraceni di Algeria nel 1685. L’ultimo romanzo, “Odalisca”, è la continuazione dell’avventura di Eliza da questo momento in poi, la sua ascesa sociale, che vede il ritorno in scena di Daniel: termina nel 1689, con la Glorious Revolution e l’arrivo sul trono inglese di un monarca olandese.
Il secondo volume, «Confusione», contiene due romanzi a incastro, cioè a capitoli alternati, che coprono il periodo dal 1689 al 1702: “Bonanza” è la storia dell’involontario giro del mondo compiuto da Jack Shaftoe, dalle galere saracene all’assalto a un galeone proveniente dal Messico, nelle cui stive si trova un oro dalle proprietà molto particolari; in fuga verso oriente, Jack e i suoi compagni d’avventure corsare si impegnano in una furibonda battaglia contro moschettieri francesi nel caravanserraglio del Cairo, fuggono fino alle coste del Malabar, vengono catturati e resi schiavi, aiutano il sultano di Shahjahanabad (Delhi) a vincere i suoi nemici, si spostano verso oriente fino al Giappone, attraversano il Pacifico e finiscono nelle galere spagnole in Messico.
“Il Juncto” (anglicizzazione dello spagnolo junta) è la storia della sorda lotta politica e economica in Europa tra Francia e Inghilterra, vista attraverso gli occhi di Daniel e Eliza, e la presa del potere a Londra da parte di un gruppo dirigente Whig, liberale e favorevole allo sviluppo tecnologico, sociale e politico del capitalismo. Alla fine del romanzo, Daniel emigra per ragioni politiche nelle colonie inglesi d’America, con l’intento di fondare un “Massachusetts Institute of Technology”.
Il terzo volume, “The System of the World”, vede come protagonista assoluto Daniel Waterhouse, ritornato a Londra dall’America su richiesta della futura regina; Jack è nel ruolo dell’antagonista e Eliza ha solo una parte marginale. Anche quest’ultima parte è divisa in tre romanzi “Solomon’s gold” (l’oro di Re Salomone), racconta del tentativo di Isaac Newton di scoprire l’autore di alcuni attentati al fosforo (!) che movimentano la lotta politica londinese, e delle ricerche di Daniel di una macchina per il calcolo differenziale, finanziata dallo zar Pietro III. “Currency” racconta i maneggi del Re Sole per rovinare la purezza del conio inglese, tramite il suo agente Jack il Falsario. “The System of the World” infine vede la definita affermazione del capitalismo mercantile, sulla base del solido conio aureo della Zecca inglese, e la soluzione di tutte le avventure. Non bisogna dimenticare che in un precedente romanzo ambientato quasi due secoli più tardi, “Cryptonomicon”, Neal Stephenson ha già raccontato le disavventure dei discendenti dei protagonisti durante la seconda guerra mondiale: e gli Shaftoe sono americani mentre i Waterhouse vivono in Gran Bretagna.
Lo stile narrativo di Stephenson è spumeggiante, acido; c’è chi la ha definito “il Quentin Tarantino” della fantascienza, perché le sue origini sono da ricercare nella letteratura di genere: “Snow Crash” prima, e poi “L’era del Diamante” pubblicati in Italia da Shake. Tra l’altro, Stephenson non è nemmeno transitato attraverso il genere steampunk, ha fatto direttamente il salto dalla science fiction alla letteratura non di genere.
Lo ridico: sarebbe un peccato tutt’altro che veniale se la traduzione e la pubblicazione del Ciclo barocco venisse interrotta.