Il sogno di mezzo autunno di Virginia Raggi

di Gianluca Cicinelli

Il cupio dissolvi di M5s trova a Roma l’innesco che rischia di dare il colpo di grazia definitivo al partito di Beppe Grillo. Come già annotato nei giorni scorsi Virginia Raggi, che – in coerenza con l’incapacità ad ascoltare che ha caratterizzato i suoi cinque anni come sindaca – non ha fatto la minima autocritica sulle sue responsabilità nella batosta elettorale, ha dichiarato guerra al sedicente leader Giuseppe Conte dopo essere stata lasciata da sola a gestire l’immagine della sconfitta. Ma il problema è ben lontano dal presentarsi come una semplice questione di stile, anche se la scelta di Conte di correre a Napoli in soccorso del vincitore Manfredi basta da sola a incrinare l’immagine da buon padre di famiglia che l’ex premier si era costruito durante la gestione della pandemia. Il problema tra Raggi e Conte è tutto politico: l’appoggio o meno al candidato di centrosinistra Roberto Gualtieri al secondo turno si trasforma nel cerino acceso accanto al tubo del gas. La Raggi fa parte con Fico e Di Maio del comitato di garanzia pentastellato, presunto organo supremo di M5s voluto da Grillo per vigilare su Conte.Intanto nessuno crede davvero che gli elettori decidano (come una volta) chi votare in base alle indicazioni dei partiti. Proprio su questa disobbedienza M5s ha basato la sua ascesa passata. Ma per la Raggi gli elettori sono “suoi” non di M5s e ha badato a metterlo bene in chiaro subito dopo che Conte aveva espresso stima per Gualtieri cercando – in una maniera che una volta si sarebbe definita “dorotea” – una via d’uscita su come indicare il voto per il centrosinistra al ballottaggi. Poco prima Gualtieri aveva senza difficoltà accettato il “niet” di Calenda sulla possibile presenza di pentastellati nella prossima giunta per raccogliere i voti del nuovo pupillo di Renzi. Per i più distratti ricordo che M5s non solo in alcuni Comuni ha sostenuto il candidato del centrosinistra, ma è ormai proiettato secondo la linea contiana a una sorta di confederazione nazionale con il Pd di cui sarebbe però il socio di minoranza. Da ricordare anche che M5s a Roma ha preso l’11% dei voti contro il 19% complessivo della Raggi. Uno zoccolo di duri e puri lontani da Conte e vicini semmai al disprezzo da sempre evocato da Di Battista verso il Pd.

Virginia Raggi è ormai una corrente a sè nel partito di Grillo. C’è chi sostiene che l’ex comico punti su di lei proprio per far fuori Conte, solo pochi mesi fa indicato come il salvatore di M5s ma da subito in rotta di collisione con Grillo, mentre altre fonti parlano di lei come un’estranea ormai ai Cinque Stelle. Si è testardamente ricandidata da sola, creando le condizioni per una debacle elettorale senza precedenti, è stata supportata dai leader pentastellati fino al giorno prima della sua Waterloo nelle urne e adesso questi le chiedono di rispettare la linea nazionale esprimendo in una qualsiasi forma una preferenza per Gualtieri. Così mentre Conte elogiava l’ex ministro Pd in corsa per il Campidoglio ribadendo la distanza dalla destra, la Raggi faceva filtrare la notizia che la prossima settimana i rappresentanti delle liste civiche che l’hanno sostenuta, robetta da zero virgola qualcosa ma che sommata ha portato l’ex sindaca a prendere l’8% in più del suo partito, si ritroveranno senza nessun cinque stelle a supervisionarli per discutere del futuro politico dell’ex sindaca.

Lei crede davvero di essere destinata a un futuro radioso con o senza i 5 cosi. Gli elettori lhanno già spiegato che così non sarà a meno che lei non accetti un ruolo di spicco dentro al partito di Grillo. Il quale Grillo – con lo stile cafone e pacchiano che lo contraddistingue, non ultima la rassicurazione pubblica nel comizio finale di Roma che se perdeva era già pronto un posticino per lei –  ha sempre manifestato stima incondizionata per la Raggi. Ma M5s, che aveva oltre il 30% dei voti alle politiche del 2018 adesso lotta per sopravvivere e non può permettersi il romanticismo. Dei circa 350 deputati pentastellati presenti in Parlamento sarà già tanto se ne resterà un quarto alla prossima tornata elettorale. Conte ha puntato tutto per la sopravvivenza nel rapporto stretto con il Pd ma non tutti gli attuali deputati ne sono convinti. La Raggi invece dà gambe per camminare a quel sogno mai esplicitato realmente degli scontenti che si ritengono vicini a Di Battista di tornare all’autosufficienza degli inizi, anche se gli elettori al momento sembrano considerarla un’opzione ancora più disperata di quella di Conte. Distinti e distanti nel momento di crisi maggiore potrebbe significare il definitivo dissolvimento del grillismo. E la fine di questa anomalia tutta italiana che ha prima incamerato il malcontento degli italiani verso il “sistema” per poi diventare sistema a qualsiasi prezzo.

ciuoti

4 commenti

  • Gian Marco Martignoni

    Che la Raggi e non dimentichiamo l’altra impresentabile, ovvero quell’ Appendino da sempre in completa sintonia con la borghesia torinese, siano oggi relegate alla panchina è senz’altro un ‘ottima notizia. Condivido totalmente le considerazioni di Gianluca Cicinelli, perchè le evoluzioni o meglio le involuzioni della giunta romana sono state molteplici e da sputtanamento alla n potenza. Ma la Raggi potrebbe insidiare Giuseppe Conte, stante che l’armistizio obbligato stipulato, obtorto collo, con Grillo, potrebbe non durare a lungo ? Se si guarda allo spessore politico della Raggi, ci sarebbe ben poco da scommettere , anche perchè se tra i suoi sostenitori c’è un certo Di Battista – un cagnolino che abbaia, ma non morde – la sua prospettiva politica è pari allo zero. Sennonchè Beppe Grillo potrebbe suicidare la sua creatura politica. Per cui aspettiamo la prossima puntata politica, tenendo conto che il ” bibitaro” certamente non è così disponibile a farsi mettere da parte , essendo dotato in natura di una certa loquela politica.

  • Non sono sostenitore dei 5stelle, né della Raggi, ma chiederei che, quando si afferma che quando si afferma che “..le involuzioni della Giunta romana sono state molteplici, ecc…” sarebbe un buon metodo citare 2 o 3, o 4, di queste involuzioni, poiché chi legge può non conoscerle, o non ricordarsele, o valutarle diversamente. Insomma, per capire di cosa si parla ed evitare citazioni in astratto. Questo regola ovviamente dovrebbe valere per tutti gli schieramenti politici dei quali si parla. Grazie, ciao.

    • Gianluca Cicinelli

      In linea di massima hai ragione, considera però quanto questo appesantirebbe, in termini di lettura, gli articoli, perchè ogni volta dovresti ripetere cose già dette. Ma siccome non tutti sono di Roma e quindi non leggono tutti i giorni le polemiche della città è giusto rispondere alla tua obiezione.
      Nel 2016 la Raggi si presentò ai romani con un programma in undici punti, che tra l’altro è sparito sia dal suo sito che da quello dei 5 stelle tre mesi prima delle elezioni:
      No alle olimpiadi:
      Funivia Casalotti Boccea;
      La moneta complementare romana;
      Pannolini lavabili (per ridurre rifiuti);
      Piano rifiuti 0;
      Rendere efficiente il trasporto pubblico, più vetture moderne e corse adeguate a esigenze cittadini;
      Ammodernamento e prolungamento rete su ferro;
      Corsie preferenziali per trasporto merci e semafori intelligenti;
      Attuazione del piano della mobilità per disabili, miglioramento della sicurezza stradale;
      Corsie ciclabili “leggere”, sicure, collegate con le stazioni della metropolitana, rastrelliere diffuse nei pressi delle stazioni e in tutta la città;
      Task force sugli appalti che limiti gli affidamenti diretti.

      Sugli appalti va detto che la paura, verbalizzata più volte anche in apparizioni televisive, della Raggi e del suo partito di ritrovarsi indagati dalla magistratura per eventuali irregolarità nelle gare, ha portato alla paralisi di servizi cittadini vitali come quello relativo al verde pubblico (una sola gara per le potature da 5 milioni di euro).
      La giunta Raggi ha provocato spesso overshooting, tecnicamente si dice così quando un ente pubblico non riesce a investire tutti i soldi che ha a disposizione. 700 milioni di euro nel 2019, 564 milioni di euro nel 2017 e 380 milioni di euro nel 2018. Complessivamente circa un miliardo e mezzo di euro sottratti a una città che ha bisogno d’interventi urgenti per la sopravvivenza.
      Si dirà che almeno ha ridotto le spese inutili dell’amministrazione capitolina o i costi della politica. Non è così. Nel bilancio 2020-2022 è prevista una spesa di oltre 6,5 milioni di euro l’anno “per il personale degli Uffici di diretta collaborazione degli Assessori”. Si tratta di 1 milione e 200 mila euro in più delle spese di Marino e 500 mila euro in più di Alemanno. C’è poi il fantastico staff comunicazione della Sindaca, quello che mette sui social l’arena di Nimes al posto del Colosseo, è costato molto più degli staff dei sindaci Marino e Alemanno. Si tratta di circa 30 persone e di 6 milioni e mezzo di euro soltanto per quest’ultimo anno di mandato. La Raggi si era impegnata a non superare i 5 milioni.
      Basta abitare a Roma per sapere che di tutti i punti elencati soltanto il no alle Olimpiadi è andato in porto durante il mandato da Sindaca. Forse tra qualche anno sarà pronta la funivia Casalotti Boccea.
      Spero di essere stati esaustivo.

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