Il sovrano è ancora soggetto alla legge?
di Mauro Antonio Miglieruolo
Sappiamo da tempo che la legge, che si dichiara uguale per tutti, uguale lo è solo per i potenti: uguali tra loro, non uguali rispetto a noi, cittadini indifferenziati costretti a guadagnare con il sudore della fronte il pane quotidiano (e non ci si nega il diretto anche a quello?). Rispetto a noi i potenti e gli abbienti sono collocati un gradino (uno? dieci gradini!) più in alto. Un tempo si sosteneva, con voluta mancanza di rispetto nei confronti della norma, che somigliava alla pelle dei testicoli (vertamente si usava un termine più crudo) che si sa essere molto elastica.
Quel che non sapevamo o non volevamo accettare di sapere era (è) che la legge oltre a essere applicata iniquamente (con un elevato grado di severità verso i poveri e uno molto blando nei confronti dei ricchi), è anche aleatoria, vale e non vale, si applica quando conviene, quando non conviene la si ignora.
I primi a ignorarla (nel senso di violarla) sono proprio i signori, molto poco signori, che occupano le istituzioni. A partire dai ministri, coloro che più di tutti dovrebbero sentire il dovere di rispettare la legge e che a suo tempo hanno giurato rispetto per la costituzione. Ma loro evidentemente ritengono, come i sovrani di un tempo, che la legge sono loro e che la loro volontà sia la legge. Perciò di essere aldisopra della legge.
Sapevamo anche questo (lo sapevano alcuni, almeno), ma si trattava di un pensiero lontano, di un sospetto più che altro, temperato dal pregiudizio che non avrebbero osato spingersi troppo oltre. Scopriamo invece che oltre si sono spinti. Scopriamo che se ne infischiano persino delle sentenze della magistratura. Che non si limitano a contestarle, non ne tengono proprio conto.
Lo dimostra il caso relativo alla fornitura di armi ai peshmerga (combattenti Curdi), unici difensori sul campo della democrazia e della libertà (libertà? incolumità!) della donne in quel del Medio Oriente (Afganistan, Iraq, Siria, Turchia). Ritengo che molti, anche coloro che diffidano per lunga esperienza dei governi, abbiano accolto con un certo sollievo la notizia. La situazione da quelle parti è così grave (l’avanzata dell’Isis, fatte le debite proporzioni, presenta aspetti di ferocia simili a quelli dell’avanzata nazista) che si è disposti a chiudere un occhio, forse ambedue, sulle reali motivazioni che ispirano l’Occidente in questa guerra condotta contro i mostri che l’Occidente stesso ha prodotto. Poi vengo a sapere di che armi si tratta. Di vecchi residuati bellici risalenti agli anni novanta, confiscati in quegli stessi anni ai combattenti dell’ex Jugoslavia. Nel 2006 la magistratura ne aveva ordinato la distruzione, il governo di allora e quelli che si sono succeduti, hanno ignorato la disposizione. Hanno tenuto nascoste quelle armi in attesa della buona occasione per servirsene. Non diversamente si compartano le aziende che, servendosi anche della depenalizzazione del falso in bilancio, creano fondi neri da utilizzare per commettere reati (in primis la corruzione). Sembra, inoltre, che non sia la prima volta che vengono indebitamente utilizzate. Nel 2011 sono stati forniti ai rivoltosi libici per aiutarli ad abbattere Gheddafi (ricordate? l’uomo a cui Berlusconi aveva baciato la mano; lo stesso con il quale, poco prima della proditoria partecipazione all’aggressione alla Libia, aveva sottoscritto un trattato di difesa reciproca).
Che dire altro? I fatti parlano da soli. Dicono che non basta mettere giovani e giovani donne alla guida del paese per cambiare le cose (attuale Ministro della Difesa è Roberta Pinotti). Bisogna cambiare la struttura del potere, oltre alle persone che gestiscono il potere! Altrimenti vale lo stesso del detto popolare: il direttore è cambiato, ma la musica (in questo caso il rumore) è sempre quella.