Il teletrasporto nella fantascienza

di Fabrizio (Astrofilosofo) Melodia


Teletrasporto«Signor Scott, ci porti su!» ordina la voce perentoria del capitano James Tiberius Kirk all’ingegnere capo Scott, per mettere la sua squadra al sicuro sulla nave stellare Enterprise grazie al teletrasporto, il mezzo fantascientifico reso popolarissimo dalla serie televisiva Star Trek.
Amato e odiato in varie occasioni, mai realizzato (a malapena abbozzato a livello teorico) questo rivoluzionario mezzo per muoversi continua a imprimersi in maniera indelebile nell’immaginario collettivo e a stimolare la fantasia.
Vi sono due tipologie di teletrasporto. La prima è quella che avviene con la scomposizione e il riassemblamento degli atomi scomposti e trasportati; la seconda permette il viaggio attraverso portali dimensionali.
Andiamo con ordine. Il teletrasporto fa la sua prima comparsa nientemeno che nel 1877, ben prima dunque delle opere di Herbert G. Wells, nel racconto «The man without a body» dello scrittore David Page Mitchell, in cui il solito scienziato un po’ matto scopre il sistema di scomporre gli atomi di un povero gatto e di spedirli attraverso i fili del telegrafo per poi riassemblarli all’altro capo.
Un esordio davvero al fulmicotone di questa tecnologia futuristica, la quale avrebbe trovato comunque nuova linfa solo ai primi del Novecento, grazie al racconto dello scrittore italiano Ettore Santi, «L’esperimento di Donati», apparso su “La Domenica del Corriere” in data 11 marzo 1906, in cui appare per la prima volta il teletrasporto di scomposizione con una cabina di trasmissione e una di recezione.
Verrà ripreso in «The fly» (“La mosca”, 1957) racconto di George Langelaan, da cui sarebbero stati tratti rispettivamente i film «L’esperimento del dottor K» (1958) per la regia di Kurt Neumann e «La mosca» (1986) di David Cronenberg.
Il teletrasporto assurge a massima popolarità con la serie televisiva «Star Trek – dimensione cosmo» (1966) in cui viene utilizzato per scendere sui pianeti in cui la più famosa nave stellare del piccolo schermo approda in ogni episodio. Trovata davvero geniale, per risparmiare sui costi di realizzazione delle scene con le navette di trasporto.
Fantasia o realtà? Il teletrasporto è ben lungi dal poter essere realizzato, ma alcuni scienziati non demordono e promettono grandi meraviglie, incoraggiati dai dati delle prime sperimentazioni sulle particelle, legate alla meccanica quantistica.
Tale teletrasporto è il secondo modo di viaggiare nello spazio in modo istantaneo usando nientemeno che i buchi neri, meglio noti agli scienziati come “«ponti di Einstein-Rosen». Usati molto anche in «Star Trek» soprattutto nell’incarnazione “Deep Space 9”, in cui una stazione spaziale viene messa alle porte di un buco nero instabile, che permette di collegare istantaneamente due quadranti nei punti più estremi del cosmo.
Con il teletrasporto quantistico, la prima tipologia di teletrasporto e la più comunemente conosciuta, non è il corpo ad attraversare lo spazio-tempo che separa il punto di partenza e di arrivo, ma un’onda che porta l’informazione in esso contenuta, per “ricomporre” la massa nel punto di arrivo. Invece, un punto materiale che attraversasse un ponte di Einstein-Rosen entrerebbe in una deformazione dello spazio-tempo che avvicina moltissimo i punti di partenza e di arrivo.
Un esempio è «Stargate – La porta delle stelle» (1996), film vituperato di Roland Emmerich con Kurt Russel e James Spader, in cui viene scoperto un portale egiziano capace di collegare istantaneamente i luoghi più distanti dell’universo.
Anche Dante Alighieri non scherza, andando all’inferno attraverso un portale dimensionale di notevole potenza su cui campeggia la scritta: «Per me si va nella città dolente / per me si va nell’etterno dolore / per me si va tra la perduta gente» (Inferno, III, 1-21).
Sarà una tipologia di teletrasporto non meno problematica di quella quantistica proprio in virtù della sua apparente semplicità: anche Alice arriva nel Paese delle meraviglie attraverso uno “specchio dimensionale” o una tana in cui insegue un coniglio bianco, metafora della caverna di Platone, forse anch’esso un teletrasporto ante litteram, oltre che espressione della realtà virtuale.
Ne «Le cronache di Narnia» (1950-56) di C. S. Lewis, il transito dei giovani protagonisti al mondo favoloso di Narnia avviene invece in modi diversi, a esempio entrando in un vecchio armadio, indossando anelli o venendo risucchiati da un dipinto.
Nella longeva serie televisiva di fantascienza «Doctor Who» (1963 ma tuttora trasmessa) con l’ultimo Dottore interpretato da un bravo Peter Capaldi – anche se il mio preferito rimane quello interpretato dall’istrionico e simpaticissimo David Tennant – il protagonista viaggia a bordo del TARDIS (Time And Relative Dimension In Space ovvero Tempo e relativa dimensione nello spazio), un veicolo spaziotemporale che all’esterno ha l’aspetto dimesso di una vecchia cabina telefonica d’emergenza della polizia britannica, in grado di teletrasportarsi istantaneamente da una dimensione temporale all’altra, da uno spazio all’altro.
Si possono citare anche i racconti di A. E. van Vogt come «Segreto di guerra» (“Secret Unattainable” su «Astounding» luglio 1942) o il romanzo «La via delle stelle» (“Tunnel in the Sky”) del 1955 di Robert A. Heinlein. C’è anche il racconto «Stargate» di Stephen Robinett (su «Analog», giugno-agosto 1974) che stranamente non ha ispirato il film di Emmerich precedentemente citato. Tra le versioni successive i romanzi «Engineman» (1994) di Eric Brown e «Pandora’s Star» di Peter F. Hamilton (2004). Lo stargate di George Zebrowski in «Stranger Suns» (1991) dà accesso a universi paralleli accanto al nostro.
Alla fine di «2001 Odissea nello spazio» (1969) di Stanley Kubrick, il protagonista David Bowmann accede a un’altra dimensione incomprensibile all’uomo attraverso un portale rappresentato dal monolite nero, unico rimasuglio del racconto di Arthur Clarke «La sentinella» che ispirò il film.
Nella serie tv «I viaggiatori» (“Sliders”, 1995-2000) i protagonisti si spostano attraverso dimensioni alternative grazie a un dispositivo (Slider machine) che apre un Ponte di Einstein-Rosen.
Per concludere, Masahiro Hotta, scienziato della Tohoku University in Giappone, ha da poco pubblicato le sue teorie, secondo le quali sarebbe possibile teletrasportare ioni, fotoni e atomi: magari un giorno si realizzerà un vero e proprio teletrasporto come quello visto nella saga fantascientifica più famosa al mondo. Ma prima ci sono altri parametri da scoprire, come il teletrasporto energetico.

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

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