Il tesseratto di Robert A. Heinlein
di Mauro Antonio Miglieruolo
Tra i racconti considerati paradigmatici della fantascienza i più famosi e citati sono indubbiamente “Il Villanggio Incantato” di Alfred E. Van Vogt (1912 – 2000); e “Sentinella” di Fredric Brown (1906 – 1972). Il primo descrive una situazione di forzato extrarapido adattamento all’impossibile ecologia di un pianeta alieno; il secondo ribalta il punto di vista umano su ciò che è da considerare mostruoso e ciò che invece è norma, con il corollario della denuncia della fragilità delle umane convinzioni.
Condivido la considerazione in cui vengono tenuti i due racconti, i quali, per motivi diversi ma convergenti, godono di meritatissima fama (= a causa delle loro specifiche modalità di interpretare la fantascienza. Una quale espressione del senso del meraviglioso; l’altra per l’invito alla problematizzazione della percezione individuale). Si tratta di lavori ben condotti, con una loro logica formale coerente, di sviluppo equilibrato e dalla soluzione del tutto inaspettata, cosa che costituisce quasi un obbligo nel racconto di fantascienza. Ritengo però che la palma di racconto più caratteristico, se non migliore, sia invece da attribuire a un terzo racconto, “La Casa nuova” di Robert A. Heinlein (1907-1988), che fonde le caratteristiche dei due primi racconti citati, che in buona sostanza spingono a un atteggiamento di apertura nei confronti dei misteri del mondo e quelli ancora più segreti che presiedono alla presunzione umana (irrimediabilmente incapace di riflettere sui propri limiti); esprimendo appieno in questo modo quell’aspetto speculativo che permette alla fantascienza di superare indenne il logorio dei decenni.
Qui, nella “Casa Nuova”, con il minimo di elementi fantastici (la figura geometrica del tesseratto che si immagina sia facilmente traducibile in un edificio ”ad uso abitativo”), ottiene un massimo di tensioni narrative alimentate da un continuo di invenzioni sceniche; per approdare al solito, necessario e imprescindibile, finale inaspettato.
La storia: un architetto propone la costruzione di una casa quadridimensionale (a parte la dimensione tempo). Ci riesce, ma dando luogo a bizzarri contrattempi, estranianti non solo i protagonisti, ma anche lo stesso lettore, che segue sempre più curioso e interessato lo svolgersi della vicenda.
È una storia quella della “Casa Nuova” che mi sento di raccomandare, insieme all’antologia che la contiene, non solo al consueto frequentatore della fantascienza, ma anche a chiunque alla fantascienza si avvicini con sufficiente curiosità e voglia di sapere: potrà prendere atto delle enormi possibilità che il genere possiede di proiettare la mente su terreni nuovi, di promuovere la flessibilità nella persona, di rieducare e, soprattutto, divertire.
Il racconto è incluso nel fascicolo 1603 “Il mestiere dell’avvoltoio” di Urania collezione (Mondadori); che è ancora nelle edicole e costa euro 4,90.
Sullo stesso numero di “Urania collezione” vedi quanto ha scritto ivi il prode Daniele Barbieri, Ministro per la Fantascienza, dimissionario prima ancora di ricevere l’incarico. Un record! E un paradosso, anche. Fantascientifico, naturalmente.