Il torto inurbano della Raggi
di Gianluca Cicinelli
Facciamo che è soltanto l’ultimo sgarbo in ordine di tempo al senso di umanità e al buon senso in genere, doti che Virginia Raggi ha perso dal momento in cui siede sulla poltrona più alta del Campidoglio. Come un qualsiasi sindaco leghista o piddino al di sopra della linea gotica, la sindaca di Roma, insieme alla giornalista di Repubblica Federica Angeli, delegata alle periferie per questi ultimi giorni nel bunker dell’amministrazione dei 5 cosi prima delle elezioni di settembre, ha fatto installare presso la stazione Tiburtina delle fioriere antiuomo. Il loro scopo è semplice: impedire che i senza tetto trovino rifugio nell’area est della stazione, senza preoccuparsi minimamente di trovare per loro una soluzione diversa per poter a loro volta con decoro condurre una vita dignitosa. In cambio, per chi una casa in periferia ce l’ha, naturalmente immersa tra i rifiuti rimasti nei cassonetti da settimane a causa dell’incapacità dell’attuale giunta di risolvere i problemi concreti della città, quell’area dello scalo ferroviario ospiterà delle graziose fioriere, spacciate come orto urbano in cui i cittadini romani dovrebbero poter piantare (dove, sul cemento?) addirittura pomodori e zucchine all’aroma dell’inquinamento offerto da una delle zone a più alta densità di circolazione di Roma. E visto che la giunta non riesce a utilizzare l’Ama per raccogliere i rifiuti, da due giorni nei cassonetti, che scoppiano già per conto loro, ci trovi adesso documenti, vestiti e povere cose dei derelitti della stazione Tiburtina, dove li hanno buttati senza pietà le forze dell’ordine impegnate nell’operazione decoro. Orto urbano l’hanno chiamato, ma sembra più un torto inurbano.
Precisato che di umano e decoroso non c’è nulla in questa decisione istituzionale, cerchiamo di capire cosa ha provocato l’intervento della giunta, che in vista delle elezioni ha voluto strizzare l’occhio alle richieste della parte più intollerante e lontana dallo spirito solidale della città, radunata in comitati di cittadini. Perchè un problema c’è anche dall’altra parte e questo è molto sgradevole da dire ma reale. In quel piazzale da molti anni ormai, troppi, venivano ospitati in particolare i migranti assistiti dall’associazione Baobab Experience, 150 pasti garantiti al giorno e 41 sgomberi in sei anni. Dal 2015 questa vicenda si è consumata tra l’ultimo anno della giunta Marino, il commissariamento di Francesco Paolo Tronca e l’intera legislazione della giunta Raggi. Quella che doveva essere una sistemazione provvisoria è diventata una presenza permanente che certo non ha alleggerito i problemi di una zona della città già afflitta da problematiche sociali e urbanistiche complesse. I volontari dell’associazione sono stati lasciati soli nella loro richiesta di trovare una sistemazione alternativa di prima accoglienza per migranti e senzatetto.
I meccanismi distorti di come anche a sinistra le problematiche sociali anzichè trovare proposte fattibili e concrete si trasformino in polvere da nascondere sotto il tappeto li ha spiegati bene lo scrittore e antropologo romano Federico Bonadonna in un post su facebook, in cui porta l’esempio di come finirono per essere istituzionalizzati i campi Rom. “All’epoca chiunque sapeva che in Italia, e in particolare a Roma tutto ciò che è temporaneo è in realtà permanente … quella emergenziale è una cultura specifica, volta solo apparentemente ad aiutare i più deboli, ma in realtà a impedire il faticoso percorso di inserimento sociale. Perché la cultura dell’emergenza serve a occultare e allo stesso tempo assolutizzare il disagio sociale, e non a rendere autonome le persone portatrici di quel disagio che è solo momentaneo”. Davvero difficile dargli torto.
Se questo avveniva quando ancora a Roma esisteva un forte tessuto di sinistra sociale, forte anche nei numeri della rappresentanza nel consiglio comunale, adesso che questo tessuto è disconnesso e isolato dal resto della città non c’è molta speranza di risolvere in breve e medio termine il dramma non soltanto delle 150 persone sgomberate dalla stazione Tiburtina ma della parte più fragile della popolazione romana. Perchè sulla vicenda dello spazio del Baobab in piena campagna elettorale esistono soltanto prese di posizione politica contro la Raggi ma nessuna proposta di soluzioni alternative per senzatetto e migranti, che tanto non votano e diventano merce di scambio disumanizzata e destoricizzata anche a sinistra. Solidarietà e invettive non diventano proposta politica perchè nessuno ha una proposta politica che vada al di là della buona volontà delle associazioni cattoliche e laiche che mettendo una toppa dietro l’altra alle emergenze sociali della città sono rimaste avvolte esse stesse in una spirale del fare, che non ha il respiro lungo della progettazione sociale e si ripropone sempre e unicamente come emergenza. E per quanto riguarda gli orti urbani della Raggi resta la chiosa di Monsignor Benoni Ambarus, vescovo incaricato dalla diocesi di Roma per la Pastorale della Carità: “Quelle persone, che non possiamo rimuovere come fossero dei rifiuti da smaltire, dove sono state indirizzate? È un approccio assurdo. Don Di Liegro diceva: “Una città dove un uomo soffre meno è una città migliore”. Noi non possiamo rassegnarci a questo, agiamo prima per il bene delle persone”.
Sono perfettamente d’accordo con Federico Buonadonna. C’è però un motivo di dissenso rispetto alla presentazione del problema: I preti, monsignori ed altro, farebbero bene a non giudicare quel che fanno gli organi dello Stato. Lo Stato, purtroppo, li mantiene e cura anche le condizioni delle loro chiese. I preti ed i cristiani in genere danno “il buon esempio” si occupano dei piccoli ( attentando alla loro identità sessuale) aiutano i poveri, trasferendo loro una parte irrisoria delle risorse che ricevono dallo Stato, cercano di influire sulla legislazione civile dell’Italia, tramite i loro amici leghisti, fascisti, ed altro.
Non sarebbe male cessare ogni rapporto, di qualsiasi genere, con la chiesa e con i preti (non solo quelli cattolici): se hanno voglia di esistere e di dire la LORO, CHE SE LA CAVINO DA SE’. Lo Stato sarà tale quando ignorerà del tutto l’esistenza della chiesa. Anzi, togliamo a quest’ente assurdo ogni menzione nella nostra Costituzione e che la smettano di ingerirsi nella vita del Paese.