Il vento che sussurra lievemente

intervista a Lance Henson

Sono 37 i libri pubblicati (una decina in Italia) da Lance Henson, poeta – ma anche portavoce – del popolo tsistsistas che noi chiamiamo erroneamente cheyenne. Il nuovo libro, in uscita fra qualche mese, avrà per titolo Emo s-est-de-haa’e con vicino le due possibili traduzioni italiane: «colui/colei che parla dolcemente» e «vento che sussurra lievemente». Da qui parte la conversazione.

Quali personaggi o fili sussurra il vento?

«E’ un libro di canzoni e preghiere. Uso uno stile minimalista per spiegare il “canticchiare” che caratterizza buona parte del mio lavoro.Emo s-est-de-haa’e rimanda al respiro sacro e spirituale nelle immagini che compongono il libro. Una sfida difficile per chi legge: la brevità nella poesia richiede una certa conoscenza di linea, immagine, parole simboliche e approcci mitici. Molti nomi contengono influenze cosmiche e culturali. Qui la persona che sussurra dolcemente è Silvana, mia moglie».

Il lungo soggiorno in Europa ha cambiato Lance Henson?
«Il mio viaggio come poeta a attivista culturale inizia 18 anni fa all’Onu di Ginevra parlando fino a tarda notte, con altri attivisti dei popoli nativi, della necessità di un movimento evolutivo. Molti di loro sono scomparsi. La logica del capitalismo porta le persone a perdere il controllo della loro vita, è tempo di recuperarlo. Il movimento globale di protesta e gli zapatisti del Chiapas hanno influenzato l’attuale movimento nei Paesi musulmani e Occupy negli Usa. Sono movimenti all’incrocio delle lotte contro il furto della terra, dei beni materiali, dei modi di vita e della capacità di decidere le nostre vite. Per dare voce a chiunque si senta espropriato».

Tre anni di Obama. Cosa cambia?

«Ho scritto un articolo in Sudafrica prima che Obama fosse eletto dicendo che tutti i presidenti Usa sono controllati dalle multinazionali e dai militari. Ciò è ancora più vero oggi. Lo conferma l’ emendamento s-1867, firmato da Obama il mese scorso, che consente all’esercito di arrestare chiunque, cittadino o straniero, in America o all’estero. Indistintamente. Possono negargli l’avvocato o di incontrare le persone care. Il numero 1867 ironicamente mi rimanda a un anno della guerra contro il mio popolo. Fummo attaccati dallo stesso esercito che invase l’Iraq. Allora Toro Seduto usò una frase ancora valida: «Hanno fatto molte leggi che il ricco può infrangere, il povero no. Hanno una religione che i poveri venerano ma i ricchi no. Prendono i soldi dei deboli per sostenere quelli che comandano. Rivendicano nostra madre, la terra, per il loro interesse, e la distruggono con i loro palazzi e rifiuti». La mia gente tsistsistas dice che una nazione non è morta finché i cuori delle nostre donne non sono a terra e che ci vogliono almeno 1000 generazioni per definire veramente una cultura. Che il movimento umano per la giustizia sia in viaggio e che i cuori delle donne non siano a terra mi dà speranza».

Una poesia del nuovo libro ricorda Enrico Pili, conosciuto in Sardegna.

«E’ dedicata a Enrico, “mio fratello sardo”. La traduzione italiana è questa. “Nella ricerca della luce dobbiamo solo guardare / nei nostri cuori / nella ricerca della pace dobbiamo solo guardare / nei volti di quelli che ci amano / sulla battigia di cagliari le cui acque abbracciano l’isola / dove passeggiavamo fra risa e fumo / e solitudine / ti vedo di nuovo / camminare nella grande memoria del mare».

UNA BREVE NOTA

Questa mia intervista è stata pubblicata (parola più, parola meno) il 24 marzo nell’inserto libri del quotidiano «L’unione sarda»; ringrazio Francesca Zaganelli per il decisivo aiuto nella traduzione. In blog trovate altre notizie (e indicazioni bibliografiche) su Lance Henson. (db)


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