«Il viaggio di Fanny» e i nuovi schiavisti

di Domenico Stimolo   

La definizione «trafficanti di esseri umani» è ritornata fortemente in uso negli ultimi anni, in Italia e su scala planetaria. Molto utilizzata dalle strutture informative, in uso nel linguaggio corrente. Il riferimento è a quelle organizzazioni – “scafisti di mare e di terra” – che dietro pagamento portano i derelitti umani in fuga dalle guerre verso la ricerca di una speranza.

Esistono questi “trafficanti”. Sono sempre esistiti, per comprare e trasportare schiavi o umani in fuga. In questa fase storica tanto meno sono in azione strumenti ufficiali e istituzionali verso le migrazioni tanto più fioriscono le attività dei trafficanti. E’ l’unica alternativa! Perché ci stupiamo? Molti fanno finta di indignarsi.

Lunedì è rimbalzata la nota che riguarda il fermo – Nord Italia – di un furgone stipato con circa una quarantina di persone che probabilmente venivano trasportati (dietro pagamento) per uscire dall’Italia…verso altre mete.

In questi giorni, per la ricorrenza del Giorno della Memoria, è visibile nei cinema un film drammatico e molto coinvolgente: «Il viaggio di Fanny». Una produzione franco-belga. Lola Doillon è la giovane regista francese: parenti diretti del marito, francesi, furono rastrellati e deportati, morirono nei lager nazisti.

Probabile che i cinema italiani coinvolti nella proiezione non siano numerosi, dato che le nostre sale sono ormai quasi monopolizzate dalla produzione cinematografica statunitense.

Una storia vera. La protagonista, Fanny Ben-Ami oggi ha ottantasei anni e vive a Tel Aviv, ha narrato le sue lunghe e tragiche vicissitudini, in un romanzo autobiografico.

Nel film sono riportati i passaggi finali della sua “marcia” verso la salvezza, dilatata nel corso di anni. La protagonista principale è lei, Fanny, una ragazzina dodicenne francese di religione ebraica. Nella Francia occupata da tedeschi, Fanny assieme ad un consistente gruppo di ragazzini ebrei tenta la salvezza. Lei è diventata il capo della piccola “comunità”. I protagonisti in primo piano sono tanti. Da parte dei genitori erano stati inviati in pensioni accoglienti appositamente organizzate, in una località ritenuta più sicura dalle persecuzioni naziste, nel sud della Francia. Quella zona – con centro principale Mentone – era stata occupata dalle truppe italiane dopo la “brillante” guerra di aggressione mussoliniana dei “tre giorni”, a fine giugno del 1940, con la Francia già battuta dalla Germania. Un vero e proprio colpo di coltello….. alla schiena.

Per Fanny, nell’estate 1943, improvvisamente la situazione precipita. Dopo lo spegnimento della dittatura fascista in Italia, il 25 luglio di quell’anno, in quella piccola area del sud francese arrivano i nazisti.

Alla fine di un lungo e travagliato viaggio Fanny e una decina di ragazzini riescono a passare il grande reticolato posto al confine tra Francia e Svizzera (approfittano di un “miracoloso” buco nella rete) scampando la deportazione nei lager. Ciò, grazie all’azione di accompagnamento di un passeur francese (un odierno trafficante) che dietro lauto pagamento – i soldi che un ragazzino portava con sé, una grossa somma datagli dal padre – che li guida lungo i segreti sentieri della montagna.

Come ben noto situazioni simili, che hanno portato alla salvezza, sono state numerosissime in quegli anni tremendi, per valicare vari confini europei, sfuggendo agli orrori della persecuzione nazifascista. Dall’Italia, dopo la costituzione della Rsi, figlia fedelissima della Germania nazista, quando iniziarono le deportazioni molti perseguitati (ebrei, oppositori politici, “diversi” in genere) valicarono le montagne verso la Svizzera, in molti casi accompagnati da passeur italiani, ben pagati.

Un film pregiato, delicato, senza scene di violenze, adatto a tutte le età. Si raccomanda in particolare ai docenti che vogliono organizzare proiezioni e discussioni nelle scuole. Gli occhi giovanili, le loro paure, le parole di conforto, rappresentano un formidabile sguardo sui drammi che si sono consumati in Europa in tempi recenti, per comprendere le tante “Fanny” che oggi cercano di superare le nostre barriere marine e terrestre rappresentando un sofferente inno alla vita.

 

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