«Ildegarda e il mistero dell’arciere»

Giulia Abbate sul romanzo di Elide Ceragioli (*)

Un bel romanzo: con tante storie, e un cielo sopra la testa!

Ildegarda e il mistero dell’arciere, Elide Ceragioli, Robin Edizioni, 2018

SINOSSI

In un contesto storico-geografico preciso e definito, descritto con pennellate chiare e decise (frutto di ricerca seria e approfondita), Ildegarda di Bingen si trova a vivere e agire incontrando personaggi di ogni estrazione sociale; condivide esperienze e situazioni di vita con le consorelle e i monaci benedettini “vicini di casa”, con nobildonne e cavalieri, prelati e abati, donne, uomini e ragazzi del popolo più umile. I fatti coinvolgono i protagonisti, che vengono descritti nella loro natura essenziale, ma completa.

Alla descrizione dei luoghi ed alla narrazione dei fatti si fonde l’introspezione psicologica dell’anima dei singoli personaggi e l’analisi del contesto sociale e culturale in cui vivono e agiscono.
Quasi fosse un giallo-poliziesco il racconto si snoda narrando alcuni omicidi alla cui soluzione Ildegarda dà un contributo essenziale. Fatti e personaggi di fantasia si amalgamano con luoghi, persone e situazioni storiche. Intreccio narrativo e connotazione storica si fondono arricchendosi reciprocamente, senza stridere né contrastarsi, ma esaltandosi e valorizzandosi a vicenda.

LA MIA RECENSIONE

Questo romanzo mi ha fatto compagnia per molto tempo, e non certo perché non mi sia piaciuto, ma per il motivo opposto: perché con “Ildegarda” ho trovato una piacevole parentesi che è stato bello prolungare.

In questo romanzo ci sono tante storie, che iniziano in momenti diversi, e si risolvono man mano, anche ben prima della conclusione del testo. Seguirle mi ha fatto lo stesso effetto “reiterativo” di guardare una bella serie TV, apprezzando ogni “episodio” come elemento a sé, in parte autoconclusivo e comunque interdipendente con il tutto.

E parliamone, del tutto: il monastero di Disibodenberg, bipartito tra il principale centro maschile e la dipendenza femminile affidata a Ildegarda, è il cosmo dal quale le storie di dipartono, e al quale tornano. E Ildegarda è il corpo intorno al quale tutto ruota: un corpo piccolo e sofferente, ma dotato di una leggiadra fortezza che illumina anche gli altri personaggi, e gli stessi scenari nei quali ella appare.

Ildegarda è corpo in primis, e la sua fede, la sua bontà, le sue visioni sono espressioni della viriditas che la percorre e che la donna accoglie…
Medica, filosofa, erborista, musicista e compositrice, teologa, visitata da visioni e allo stesso tempo impegnata nell’amministrazione comunitaria, Ildegarda è la summa delle qualità femminili che rendono le donne capaci di impegnarsi tanto nel sacro, nella connessione con la Natura e con l’invisibile, quanto nella cura delle persone e delle collettività.

Curioso come queste caratteristiche, in un certo senso, siano anche la cifra stilistica di Elide Ceragioli: una voce calma, non viziata da protagonismi, che procede pacata e resta salda sullo sfondo, a raccontare l’alto e il basso mantenendo un certo riguardo per chi legge.

La voce segue i gesti e i pensieri dei personaggi, seguiti alternativamente, tutti, anche i più turpi, nelle loro motivazioni e nei diversi modi di agire nel mondo. Inutile rimarcare la competenza storica, che con pochi tratti costruisce ambientazioni vivide e attente del dettaglio.

Elide ha una bella scrittura, la definirei inattuale, e dato il tenore del blog capirete che non intendo affatto la definizione in senso negativo.
In un contesto letterario nel quale autori e autrici sono spint* a scrivere “all’americana”, con frasi brevi, immagini veloci, montaggio cinematografico, Elide si prende il suo tempo e il suo spazio, e struttura frasi ampie, non difficili da seguire, ma comunque contenenti la giusta complessità, e pensieri che si sviluppano passo per passo, senza scorciatoie.

La storia di base è questa: un monaco viene trafitto da una freccia, mentre cammina dal monastero maschile a quello femminile. Questo delitto sconvolge le comunità, naturalmente, e dà l’inizio non tanto agli accadimenti, dei quali esso è una parte, ma alla consapevolezza e alle indagini di chi sta intorno.
Per “indagini” non intendo procedimenti polizieschi, ma una detection più metafisica, che coinvolge la ricerca di senso, e della presenza di Dio anche nei momenti più bui.

E questa è un’altra forza del romanzo, ovvero l’aderenza ai modelli di pensiero medievali, nei quali la presenza di Dio era indubbia, il suo bene indiscutibile, e la domanda semmai poteva essere: cosa stiamo combinando, per meritare questo? In che modo abbiamo sbagliato, dove e quando esattamente abbiamo fatto entrare il demonio?

Le monache che circondano Ildegarda si dibattono tra sacro e profano, ognuna con un suo rovello. I monaci pure non sono sereni, anche tra loro c’è chi cerca il bene e chi si fa distrarre. I cavalieri che passano per il monastero sono misteriosi, attratti da imprese sante o criminose. Il vescovo (che è il vero antagonista della storia, anche più del misterioso arciere) si agita dalla città. E donne, uomini e ragazzini laici hanno pure il loro spazio. Ognuno ha una parabola, seppur piccola, e la presenza dell’arciere, sfuggente portatore di disordine, è anche il grilletto che scatena le contraddizioni.

In tutto questo, la stessa Ildegarda si dibatte nel suo proprio rovello, che è lo stesso che ho incontrato in “Il caso Ildegarda” di Edgar Noske e che forse, chissà, sarà stato davvero cruciale per lei, ovvero: parlare o non parlare delle visioni divine? Permettere o no che siano scritte (dal buon Volmar, sempre un po’ diviso tra regola e secolo) e che siano diffuse e tramandate?

Elide Ceragioli

L’esito in fondo lo conosciamo, ma è bello arrivarci con la guida di Elide. E alla fine, l’esito è chiaro anche per il resto, perché se abbiamo un cielo sopra la testa non si tratta di carpirne i segreti o di fargli la guerra, piuttosto di affidarsi e viverci sotto, in modo più decente possibile.

Ecco, mi sono presa anche io il tempo e lo spazio necessario per parlare di questo romanzo, che mi ha fatto compagnia per molto.

Grazie, Elide, per questo tempo e per le storie che hai dipanato con tanta serena maestria.

Se ti è piaciuto il post, dai una chance al romanzo: “La cospirazione dell’inquisitore”, Fanucci editore

(*) ripreso da www.librisulmedioevo.it

 

In “bottega” cfr Ildegarda: la badessa visionaria dell’«epoca di mezzo» di Daniela Pia; quanto al romanzo medioevale di Giulia Abbate ecco qui la recensione di db: «La cospirazione dell’inquisitore»

Giulia

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