Ildegarda: la badessa visionaria dell’«epoca di mezzo»
di Daniela Pia
Aveva ottant’anni quando – il 17 settembre 1179 – lasciò questa terra la badessa Ildegarda von Bingen scrittrice e donna di potere “visionaria”, considerata tra le figure che ci hanno consentito di illuminare l’affascinante «epoca di mezzo»; fu una donna straordinaria che per le sue riflessioni teologiche e per la sua sapienza nel 2012 è stata riconosciuta «Santa e Dottore della Chiesa».
Cruciale fu il ruolo che ebbe negli avvenimenti politici della sua epoca, oltre alla significativa eredità medica che ci ha lasciato, caratterizzata da grande lucidità e modernità. Ildegarda von Bingen si cimentò in diversi ambiti di ricerca: formulò la Lingua Ignota, una sorta di esperanto arcaicizzante utilizzato all’interno del suo monastero di Rupertsberg; fu inoltre gemmologa, astrologa e prima compositrice cristiana (le sue opere musicali sono raccolte nel Symphonia harmoniae caelestium revelationium).
La sua fama si diffuse rapidamente: quando giunse a Federico Barbarossa la portò a intraprendere una fitta corrispondenza con l’imperatore. Anche il papa Eugenio III, che lesse i suoi testi di teologia al sinodo dei vescovi, a Treviri, era solito consultarla poiché le sue profezie – come riporta Giovanni di Salisbury – si erano sempre “avverate”.
Decima e ultima figlia di nobile famiglia, sin da piccola era una bambina «speciale»: intelligente, acuta, ma di salute instabile all’età di 8 anni fu affidata alla maestra Jutta, una giovane di nobile lignaggio che si era appena ritirata in clausura presso il monastero benedettino di Disibodenberg. Giunta all’adolescenza pronunciò i voti dell’ordine e ricevette il velo. Alla morte di Jutta le monache la elessero badessa e quando compì 42 anni, in un momento di crisi fisica e pichica, «la voce di Dio» insistentemente le suggerì di rendere pubbliche le sue visioni. Da quel momento Ildegarda iniziò a comunicare le visioni, e scrisse la sua prima grande opera, Scivias (Conosci le vie). Su consiglio di San Bernardo il papa diede a Ildegarda il permesso di rendere noto ciò che lo Spirito le ispirava incoraggiandola a scriverne.
I suoi scritti parlano, oltre che di teologia, di filosofia della natura, della formazione del cosmo, delle qualità delle cose e di etica, condividendo gran parte del sapere e delle fonti dei suoi contemporanei maestri a Chartres e Parigi. La badessa di Bingen conosceva teorie filosofiche e mediche antiche, e persino ermetiche, giunte a lei per vie che restano, a noi, ancora ignote. Ildegarda afferma come «tutta la filosofia che nasce in Abramo» si realizzi attraverso la ragione e che lei «senza aver ricevuto istruzione e senza scuola ha compreso gli scritti dei profeti e anche dei filosofi».
Fu un’antesignana della medicina e studiò la preparazione di rimedi risultanti in parte dai suoi studi e in parte dalle visioni che la colsero sin da giovane.
Ildegarda credeva che il benessere dell’uomo fosse connesso a quello del mondo circostante e riteneva essenziali l’armonia con il creato e il buon umore per conservarsi in salute. Si lasciò ispirare dal regno vegetale, consapevole dell’importanza delle piante e dei benefici che apportavano: ne studiò l’efficacia per ogni specifico squilibrio di umori (bile gialla, sangue, flemma e bile nera, secondo la medicina dell’epoca) intuendo che vi potesse esseresempre un’apposita cura. Molti dei suoi rimedi sono ancora usati nella fitoterapia contemporanea: a esempio il cumino per curare la nausea, la menta contro il mal di stomaco, il tanaceto contro tosse e raffreddore, la pelosella per favorire la diuresi, l’aneto e l’achillea millefoglie contro l’epistassi cioè il sanguinamento dal naso.
Oltre alle cure per i mali comuni Ildegarda aveva individuato un sistema per mantenersi in salute, per conservare l’energia vitale che al suo venir meno, secondo lei, determinava l’insorgere di malattie. Sosteneva che le patologie erano riconducibili anche a un’alimentazione scorretta, non adatta alle esigenze dell’organismo oppure composta da alimenti sani però male abbinati specie in virtù delle speciali esigenze di ogni individuo, intuizioni davvero straordinarie che ancora oggi hanno una validità incontrovertibile.
Nel De operatione Dei, la sua opera più sistematica, illustra le potenti immagini di un mondo simbolico ricco di analogie: l’uomo è inteso come “operaio della divinità”; la Terra come macrocosmo, materia vivente al pari dell’uomo microcosmo. Sono riflessioni caratterizzate dalla speranza di un accesso al divino che passa attraverso l’umana ragione e l’umana virtù. La figura dell’Amore riconosce il mondo come teofania e si identifica con l’opera della Ragione: «Mio è il soffio della Parola risonante attraverso la quale la creazione nasce all’essere…».
La sua riflessione si sofferma anche sulla differenza esistente fra il temperamento melanconico nell’uomo e nella donna, contenuta nell’esposizione della dottrina antica dei quattro umori e caratteri. «L’eccesso di umore melanconico nell’uomo provoca lussuria e frenesia. Amaro, avido, privo di saggezza, carico di senso di morte l’uomo melanconico desidera le donne ma non le ama e le assale come un lupo di notte o un vento impetuoso che scuote le case: il suo abbraccio non dà tenerezza… La donna melanconica è poco resistente e i suoi pensieri mutevoli vagano qua e là. Dopo aver fatto l’amore si sente sfinita e non sa parlare con dolcezza agli uomini che non ama veramente nel profondo del cuore e che quindi si allontanano da lei. Talvolta il piacere dell’amore la invade ma per breve tempo e subito lo dimentica. Vive meglio, più forte e sana se non si sposa…».
Innovativa la sua visione acuta e positiva dell’amore fisico fra uomo e donna, anche qui distinti nel piacere (delectatio): «l’amore dell’uomo è un ardore simile a un incendio che divampa nel bosco, quello della donna assomiglia al caldo tepore che viene dal sole e fa crescere i frutti…». Un anno prima di morire i preti di Magonza le imposero il divieto di ricevere l’eucarestia e quello di cantare durante le celebrazioni liturgiche, accusandola di essersi rifiutata di disseppellire il corpo di un nobile colpevole di delitto, assolto e inumato poi nel cimitero del monastero di cui Hilde era badessa. Una pietas, la sua, che la rende sorella di Antigone per la capacità di anteporre le ragioni del cuore a quelle di ogni cieco potere.
Grande protagonista della cultura monastica è stata indubbiamente una figura dalla personalità straordinaria, il suo eclettismo, la sua capacità di approfondire il mistero dell’esistenza umana ne fanno una delle figure più importanti del Medioevo.
MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.
Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.
La redazione – abbastanza ballerina – della bottega