Imola: davanti alla statua di un fascista…

… 74 anni dopo il giorno della Liberazione

comunicato di «Imola antifascista»

Con la passeggiata di oggi (14 aprile) abbiamo deciso di portare la nostra attenzione e quella di tutta la cittadinanza imolese verso una storia poco nota in città.

Oggi è sì l’anniversario della Liberazione della città dal nazifascismo, ma non dobbiamo pensare a quel giorno e alle battaglie combattute dai partigiani e dalle partigiane come ad eventi incastonati in un passato antico e completamente scollegato dall’oggi.

Dobbiamo tenere bene a mente che tutte le conquiste, compresa quella della libertà e della Liberazione dal regime fascista, non sono garantite all’infinito una volta raggiunte ma vanno difese di generazione in generazione.

Dobbiamo non solo tramandare il ricordo, ma anche mettere in pratica quotidianamente l’antifascismo: oggi i rigurgiti autoritari si fanno sempre più forti; attacchi discriminatori e razzisti arrivano sempre più minacciosi non solo da neofascisti che escono dai loro nascondigli ma anche da forze di governo che spingono sull’intolleranza e sull’odio per racimolare voti, come la Lega di Salvini; l’estrema destra si salda al fondamentalismo dei gruppi ultracattolici per togliere diritti alle donne e alla comunità LGBT.

Davanti a tutto ciò molte persone che si definiscono antifasciste a parole preferiscono voltarsi dall’altra parte e fare finta di nulla, pensando che il solo ricordo di lotte combattute 70 anni fa possa evitare il ripetersi delle tragedie passate.

Noi no. Noi riteniamo fondamentale collegare memoria e azione, cosa che d’altronde facevano anche i partigiani e le partigiane. Le nostre azioni sono quotidiane, per promuovere l’antifascismo, l’antirazzismo, l’antisessismo nella società, nei luoghi di lavoro e nelle scuole.

Difendere i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici è fare antifascismo; lottare perché l’istruzione, la sanità e il diritto alla casa siano pubblici e garantiti a tutti è fare antifascismo; battersi per l’inclusione sociale e per non lasciare nessuno indietro è fare antifascismo; garantire parità di diritti al di là del sesso, dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere è fare antifascismo; contrastare un sistema economico capitalista che inasprisce le differenze sociali e sfrutta i più poveri è fare antifascismo.

E infine, anche ricordare le atrocità perpetrate dal fascismo per trasmetterle alle nuove generazioni è fare antifascismo.

Ed è per questo che oggi siamo qui.

Qui davanti a noi campeggia da decenni la statua di una figura a braccia conserte in uniforme militare. Se guardate sotto al monumento, una targa riporta la dicitura “Francesco Azzi – medaglia d’oro – 1914-1935”.

Chi era Francesco Azzi e perché una statua in suo ricordo?

La gran parte degli imolesi non sa nulla di chi fosse Francesco Azzi e della sua vita, sulla statua non ci sono ulteriori indicazioni e nessuna cerimonia ufficiale lo ricorda.

Ebbene Azzi era un fascista, prima volontario come Camicia Nera e poi tenente di cavalleria del Regio Esercito Italiano, che combatté e morì nella guerra d’Etiopia, voluta dal fascismo per colonizzare una parte dell’Africa e fondare quello che, con sprezzo del ridicolo, fu rinominato da Mussolini “Impero Fascista”.

Il folle e tragico colonialismo fascista comportò la morte di centinaia di migliaia di persone, per la maggior parte delle popolazioni etiopi e libiche. Nelle guerre coloniali i fascisti compirono sistematicamente stragi indiscriminate di civili, stupri e violenze di genere, esecuzioni sommarie, torture, detenzioni in campi di concentramento, bombardamenti con armi chimiche e altri crimini di guerra.

Francesco Azzi prese parte alla prima battaglia del Tembien, nel nord dell’Etiopia, nella quale gli italiani fecero massiccio utilizzo di bombardamenti con l’iprite, venendo ferito mortalmente durante un assalto.

Quello che sappiamo di Francesco Azzi ci arriva dal suo memoriale. Il titolo è già di per sé emblematico: “Francesco Azzi, un eroe dell’impero fascista”.

È sufficiente leggere pochi passaggi del memoriale, tra una foto e l’altra in uniforme militare, per farsi un’idea delle ragioni che portarono ad erigere una statua in suo onore.

Mascella di volitivo, volto pensoso di adolescente, cervello quadrato, muscoli e cuore di acciaio: ecco in breve il ritratto fisico e morale di Francesco Azzi”…

Nato, cresciuto, allevato nel clima nuovo creato dal Fascismo, Francesco Azzi crebbe in modo del tutto conforme ai tempi ferrati, dinamici, eroici dell’epoca mussoliniana, comformandovisi senza fatica, come a una legge morale, a una norma di vita”…

Non discuteva. Obbediva. Ma non era un automa”…

balilla, avanguardista, goliardo, allievo ufficiale, volontario, legionario, ufficiale del Nizza Cavalleria” … “la divisa fascista non fu mai decorativa: crebbe fascista perché tale doveva, voleva essere”.

Fra una divisa militare e una lode al fascismo nel memoriale si trova anche un ricordo positivo:

Diciassettenne appena, salva un ragazzo dalle acque torbide ed infide del Po, ricevendone un encomio dal Principe di Piemonte” … “Avendo visto cadere un ragazzo in un punto pericolosissimo del Po, con sprezzo della propria vita, si slanciava in acqua e lo traeva in salvo”.

Almeno i fascisti di un tempo salvavano chi rischiava di annegare in acqua, oggi nemmeno quello.

Come detto, Azzi partecipò alla guerra coloniale d’Etiopia. Per capire cosa fu questa guerra basta riportare due testimonianze dirette di fascisti che parteciparono al conflitto.

La prima è quella di Vittorio Mussolini, figlio di Benito, che partecipò come aviatore, sganciando sugli etiopi, sia civili che soldati, armi chimiche come le bombe all’iprite. I fascisti infatti sganciarono centinaia di tonnellate di bombe chimiche.

Neghelli è presto un mare di fiamme. La popolazione fugge per la boscaglia circostante. Si vedono dall’alto i microbi neri percorrere velocemente la zona scoperta, scappando in tutte le direzioni. Oh, la gioia infernale dell’aviatore, che vede saltare l’obiettivo colpito! Chi non ha mai provato questa terribile voluttà distruttrice, non sa esattamente di cosa sia impastato l’uomo. In questi momenti non c’è posto per la pietà umana. Il paese nemico è bombardato, sconvolto metro a metro, sviscerato. Ovunque rovine e fumi d’incendio. Le bombette incendiarie danno più soddisfazione, almeno si vede fuoco e fumo. Bruciammo ben bene tutta quella zona. I superstiti una bella sventagliata e l’abissino era a terra. Era una caccia isolata all’uomo, come al solito, e l’apparecchio per conto suo frugava ogni buco annusando l’abissino. Era un lavoro divertentissimo, di un effetto tragico, ma bello.”

La seconda testimonianza invece è quella di Indro Montanelli:

Razzismo, questo è un catechismo che, se non lo sappiamo, bisogna affrettarsi ad impararlo e ad adottarlo. Non si sarà mai dei dominatori, se non avremo la coscienza esatta di una nostra fatale superiorità. Coi negri non si fraternizza. Non si può. Non si deve. Almeno finché non sia data loro una civiltà… non cediamo ai sentimentalismi… niente indulgenze, niente amorazzi. Il bianco comandi. Ogni languore che possa intiepidirci di dentro non deve trapelare al di fuori”.

Come ben sappiamo Montanelli durante quel periodo prese in madamato, ovvero in schiavitù sessuale, una bambina di dodici anni.

Il colonialismo italiano fu un amalgama di razzismo, stragismo e sessismo del quale l’Italia non può che vergognarsi.

La Medaglia d’Oro ad Azzi fu conferita direttamente da Mussolini al padre, e la motivazione fu letta dal segretario del Partito Nazionale Fascista Achille Starace:

In un lungo ed accanito combattimento su terreno impervio, identificato un ridottino avversario vi si lanciava contro al galoppo, trascinando con l’ardimentoso esempio gli spahys del suo gruppo. Superato con irresistibile impeto il muro di difesa e scaricati tutti i colpi della sua pistola, piombava in mezzo all’avversario superiore in forze, caricandolo alla sciabola e sgominandolo. Mortalmente colpito, stoicamente conscio della gravità della ferita, allontanava l’attendente che tentava di soccorrerlo, gridandogli: « Lasciami e continua a sparare contro il nemico ». Spirava poi il giorno successivo, esaltando con virili parole di fierezza il combattimento e la vittoria. Splendido esempio di leggendario ardimento”.

Un tempo la statua, ora collocata in questo angolo, era posizionata su un piedistallo molto più imponente al centro di piazza Medaglie d’Oro, che al tempo era intitolata ai martiri fascisti. A Francesco Azzi era stato inoltre intitolato lo stadio che ora porta il nome di Romeo Galli. Dopo la guerra la statua è stata spostata, senza alcuna indicazione particolare e lasciando che l’oblio calasse lentamente sulla sua figura.

Questa statua ce la trasciniamo dietro da oltre 80 anni, e volenti o nolenti fa parte del nostro passato: la migliore azione possibile non è più quella di rimuoverla, ma trasformarla da opera celebrativa della follia fascista in monito al passato vergognoso del Ventennio (*) che molti stanno dimenticando e addirittura alcuni rivendicano.

Quante persone al giorno d’oggi non conoscono – o fingono di non conoscere – i crimini del colonialismo italiano? Quante persone credono nel mito degli “italiani brava gente”?

Noi pensiamo che nessuna forma di celebrazione sia dovuta a Francesco Azzi e ai crimini del colonialismo italiano. Dopo tanti anni è necessario dare il giusto significato a quella statua, per contrastare la rimozione del passato e ricordare che Francesco Azzi fu uno STRUMENTO DELL’INFAME COLONIALISMO FASCISTA.

Per non dimenticare più cosa comportò il colonialismo e di quali crimini si macchiarono i fascisti, non solo contro gli italiani, ma anche contro altre popolazioni.

Nel giorno del 74° anniversario della Liberazione di Imola dal fascismo abbiamo deciso di mettere sulla statua una targa simbolica, per impedire che il passato venga rimosso.

Con questo gesto richiediamo alle istituzioni, nel caso si riconoscano non solo a parole nell’antifascismo, di realizzare e posizionare una targa fissa sulla statua, per recuperare la memoria storica delle atrocità perpetrate dal colonialismo fascista.

COMUNICATO AI MASSMEDIA (**)

UNA STATUA PER RICORDARE LE ATROCITÀ DEL COLONIALISMO FASCISTA

A Imola, nei Giardini di San Domenico di fronte agli ex Circoli, campeggia da decenni la statua di una figura a braccia conserte in uniforme militare. Sotto al monumento, una targa riporta “Francesco Azzi – medaglia d’oro – 1914-1935”.

Ma chi era Francesco Azzi, e perché una statua in suo ricordo?

Azzi era un fascista, prima volontario come Camicia Nera e poi tenente di cavalleria del Regio Esercito Italiano, che combatté e morì nella guerra d’Etiopia, voluta dal fascismo per colonizzare una parte dell’Africa e fondare quello che con sprezzo del ridicolo fu rinominato da Mussolini “Impero Fascista”.

Il folle e tragico colonialismo fascista comportò la morte di centinaia di migliaia di persone, per la maggior parte delle popolazioni etiopi e libiche. Nelle guerre coloniali i fascisti compirono sistematicamente stragi indiscriminate di civili, stupri e violenze di genere, esecuzioni sommarie, torture, detenzioni in campi di concentramento, bombardamenti con armi chimiche ed altri crimini di guerra.

Francesco Azzi prese parte alla prima battaglia del Tembien, nella quale gli italiani fecero massiccio utilizzo di bombardamenti con l’iprite, venendo ferito mortalmente durante un assalto.

Nel memoriale Azzi viene definito “un eroe dell’impero fascista”, una persona che “non discuteva, obbediva”, per il quale “la divisa fascista non fu mai decorativa: crebbe fascista perché tale doveva, voleva essere”.

Pensiamo che nessuna forma di celebrazione sia dovuta a Francesco Azzi e ai crimini del colonialismo italiano. Dopo tanti anni è necessario dare il giusto significato a quella statua, per ricordare che Francesco Azzi fu STRUMENTO DELL’INFAME COLONIALISMO FASCISTA.

Per non dimenticare più cosa comportò il colonialismo e di quali crimini si macchiarono i fascisti, non solo contro gli italiani, ma anche contro altre popolazioni.

Nel giorno del 74° anniversario della Liberazione di Imola dal fascismo abbiamo deciso di mettere sulla statua una targa simbolica, per impedire che il passato venga rimosso.

Con questo gesto richiediamo alle istituzioni, nel caso si riconoscano non solo a parole nell’antifascismo, di realizzare e posizionare una targa fissa sulla statua, per recuperare la memoria storica delle atrocità perpetrate dal colonialismo fascista.

Imola Antifascista

(*) in questo senso – come ha spesso raccontato il collettivo Wu Ming – si collocano altre azioni e proposte in diverse città, cfr Città: rivolta contro i nomi infami

(**) i massmedia imolesi hanno preferito ignorare il comunicato e la passeggiata con la targa simbolica (e la parrucca).

 

Redazione
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Un commento

  • Daniele Barbieri

    Nella città dove abito (Imola) oggi la sindaca Manuela Sangiorgi parteciperà alle manifestazioni per ricordare il 25 aprile. “E ci mancherebbe pure non lo facesse” dirà qualcuno. La faccenda mi pare un po’ più complicata. Pochi giorni fa la sindaca pentastellata ha ignorato la richiesta di dialogo di Imola Anifascista per una “ricontestualizzazione” della statua di Francesco Azzi: dunque la verità storica e la costruzione di una memoria democratica poco le interessano. Ed è grave. Ma ancora più grave è per Imola l’affare Longhi. Ovvero la decisione, sempre in questi giorni, di Manuela Sangiorgi di tenersi l’assessore “alla Legalità e alla Sicurezza” Andrea Longhi. La richiesta di dimissioni dell’assessore era arrivata da Roma dai vertici del Movimento 5 stelle a seguito della condanna che Longhi ha ricevuto, 23 anni fa, nel corso della propria carriera di poliziotto. Che un condannato per pestaggio divenga assessore alla “sicurezza” e che la sindaca trovi tutto ciò normale a me pare una brutta contraddizione con i valori del 25 aprile. Se praticasse la coerenza oggi Manuela Sangiorgi non dovrebbe festeggiare la Liberazione; se invece fosse antifascista sul serio allora dovrebbe liberarsi di Andrea Longhi.

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