«In quasi italiano si chiama fantascienza»

Giorgio Manganelli dalle parti del 77… e dell’Apocalisse

di Giuliano Spagnul  

Peccato che in quel 1977, in cui pensammo di far nascere una rivista di estrema sinistra (Un’Ambigua Utopia) dedicata alla fantascienza, non avessimo conoscenza della passione di un grande scrittore come Giorgio Manganelli per questo genere letterario che lui stesso ha descritto come: “infimo, infantile, fracassone e demente che in quasi italiano si chiama fantascienza”.

Sicuramente a una rivista cialtronesca e settantasettina come la nostra non avrebbe negato un succulento contributo. “È stato detto, del tutto a ragione, che la fantascienza è sintomo di schizofrenia, che è un’infinita ed infima proliferazione di liquami maniacali, che sfama la nostra fame di follia. Vero, verissimo; ed appunto per questo intendo renderle omaggio. Rozza, elementare, ripetitiva, appunto come la demenza e, possiamo aggiungere, come la morte. In un tempo in cui l’ottimismo riposa su un ingegnoso sistema di lapsus, scotomi, dimenticanze ed omissioni, la fantascienza parla di qualcosa che tutti gli esseri umani mediamente ragionevoli hanno in mente: parla dell’Apocalisse”1.

(1) Giorgio Manganelli, «L’oroscopo? No, meglio Guerre stellari» sul «Corriere della Sera» 10 novembre 1977.

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