In ricordo di Salvatore D’Albergo

Pubblicato «Umana pienezza e ruolo politico-culturale di Salvatore D’Albergo nella storia sociale, politica e culturale d’Italia»

di Gian Marco Martignoni

Salvatore D’Albergo, docente di Diritto pubblico alla facoltà di Economia e scienze politiche all’università di Pisa, muore il 4 ottobre 2014 dopo aver pubblicato con Angelo Ruggeri – sul quotidiano «il manifesto» del 1° ottobre – l’articolo «L’impresa, il lavoro e il cuneo dell’articolo 18», nel cuore dello scontro in atto a proposito del Jobs Act e della demolizione del diritto del lavoro, figlio delle lotte operaie degli anni ’60-’70.

La sua morte lasciò un vuoto incolmabile. Essendosi sempre battuto per l’attuazione della Costituzione italiana, anche come membro del “Centro per la riforma dello Stato”, quanti l’hanno conosciuto e incontrato, nei tanti dibattiti svolti su e giù per la penisola, ebbero la consapevolezza che la battaglia per la difesa e il rilancio del dettato costituzionale, messo sotto scacco dal duo Napolitano-Renzi, aveva perso uno dei massimi alfieri.

Non a caso D’Albergo – che come ha segnalato Gaetano Bucci «viveva il marxismo rivoluzionario piuttosto che teorizzarlo» – era assai amato dalle platee dei militanti di base, come era inviso a gran parte del ceto politico sia degli ex comunisti ma anche di Rifondazione Comunista, con cui era entrato in conflitto subito dopo la sua nascita , in particolare con Fausto Bertinotti, avendo immediatamente percepito l’inaffidabilità che si celava dietro la sua pomposa oratoria.

Proprio per queste ragioni il nucleo di compagni e compagne più vicino a D’Albergo il 6 dicembre 2014 promosse a Bologna un convegno, con relazione introduttiva svolta da Angelo Ruggeri, per ricordarne e onorarne la figura di indomito combattente per la democrazia e di intellettuale organico del movimento operaio. Dandosi poi il compito e l’obiettivo di redigere una pubblicazione che comprendesse, oltre agli atti del convegno, una serie di testimonianze e ricordi di intellettuali (Angelo D’Orsi Paolo Barrucci, Massimiliano Tomba, Gianfranco Pala, Carla Filosa, Andrea Catone, Gianni Ferrara, Luigi Azzariti) di dirigenti sindacali (Mario Agostinelli, Giorgio Cremaschi, Enzo Lanini, Federico Giusti) e di militanti di base; nonché un’appendice contenente una serie dei suoi saggi più o meno recenti.

Ora questa pubblicazione – «Umana pienezza e ruolo politico-culturale di Salvatore D’Albergo nella storia sociale, politica e culturale d’Italia», a cura di Arianna Roggeri (Editori Riuniti, pag. 294, euro 18) – è a disposizione di quanti intendono approfondire la sua attività a tutto campo, il suo pensiero dichiaratamente sgombro dall’angolatura ristretta degli specialismi, volto a elaborare una compiuta critica marxista dello Stato, a partire dall’ evidenziazione del nesso che intercorre fra l’autoritarismo dello Stato liberale e il totalitarismo dello Stato fascista.

In quest’ottica la riflessione di D’Albergo si è concentrata soprattutto sulla rottura epocale determinata dalla Costituzione sorta dalla resistenza antifascista – che rappresenta per lui una vera e propria proposta di riscatto sociale – e l’ apertura di una battaglia per l’egemonia fondata sul primato della sovranità popolare e l’affermazione della dimensione sociale e organizzata della democrazia. Al contempo, con una impareggiabile capacità d’analisi, ha saputo leggere anticipatamente la drammatica svolta impressa dai fatti avvenuti nel 1989 per i destini del movimento operaio, legando la mutazione genetica che ha investito le socialdemocrazie europee alla progressiva involuzione degli assetti democratici.

Come ha sottolineato acutamente il magistrato Domenico Gallo, «Salvatore aveva il dono di vedere cose ad altri invisibili», in particolare lo stretto legame fra controriforme sociali e controriforme istituzionali, grazie alla sua costante attenzione per ciò che avveniva nei luoghi di lavoro e le inevitabili contraddizioni che si riverberavano sui territori.

Basti pensare al caso Farmoplant e alle successive vicende dell’Ilva di Taranto, sui quali ha fornito contributi di grande spessore, focalizzando lo stretto e antagonistico rapporto tra uomo, ambiente, lavoro e capitale all’interno del modo di produzione capitalistico.

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