Inaugurazione di Brasilia, nuova capitale sorta in 3 anni

Il 21 aprile 1960 si coronava il sogno del presidente Juscelino Kubitschek, che aveva dedicato il suo mandato all’edificazione della nuova capitale del paese, raggiunta però grazie allo sfruttamento estremo degli operai e a spese economiche enormi. L’inaugurazione si tenne n occasione dell’anniversario della morte di Joaquim José da Silva Xavier, detto Tiradentes, protagonista dell’insurrezione per l’indipendenza dal Portogallo.

di David Lifodi

Foto: https://jornal.usp.br/cultura/aos-60-anos-brasilia-transcende-a-imaginacao-de-lucio-costa/

L’inaugurazione di Brasilia, attuale capitale del Brasile, avvenne il 21 aprile 1960, in occasione dell’anniversario della morte di Joaquim José da Silva Xavier, detto Tiradentes, protagonista dell’insurrezione per l’indipendenza del paese dal Portogallo e impiccato il 21 aprile 1792. Il governo di Juscelino Kubitschek non lesinò risorse per la costruzione della città, avvenuta in soli tre anni, a partire dal 1957, grazie al progetto dell’architetto Oscar Niemeyer e a Lúcio Costa, designato in qualità di autore del progetto urbanistico.

L’edificazione di Brasilia avvenne nell’ambito del cosiddetto desenvolvimentismo econômico all’insegna di un novo Brasil. Il desenvolvimentismo (sviluppismo) economico fu caratterizzato dal Plano de Metas promosso e sostenuto da Juscelino Kubitschek, quadro del Partido Social Democrático, già governatore dello stato del Minas Gerais e convinto assertore della necessità che il paese avesse bisogno di un piano industriale nei suoi cinque anni di presidenza.

Il Plano de Metas, culminato con l’inaugurazione di Brasilia, fu reso pubblico il 1° febbraio 1956, secondo giorno di governo di Kubitschek, e raggiunse dei risultati significativi nelle cinque aree strategiche del paese: energia elettrica, infrastrutture, industria, alimentazione ed istruzione.

La proclamazione della Repubblica, nel 1889, portò all’elaborazione della Costituzione del 1891, la quale sanciva, in uno dei suoi articoli, che la nuova capitale del Brasile sarebbe dovuta sorgere nel Planalto central del paese, ma sarebbero dovuti passare ancora molti anni prima che Brasilia fosse edificata.

La costruzione della nuova capitale fu inserita da Juscelino Kubitschek tra i punti principali del suo programma elettorale. Lo storico Jônatas Soares de Lima sottolinea come, nel 1955, in occasione di un comizio del futuro presidente a Jataí (nello stato del Goiás), Antônio Soares Neto, un cittadino che ascoltava le parole di Kubitschek, gli chiese informazioni sulla costruzione di una nuova capitale per portare a compimento quanto era scritto nella Costituzione.

Quando Juscelino Kubitschek assunse la presidenza del paese, il progetto per l’edificazione di Brasilia fu portato al Congresso e approvato il 19 settembre 1956. Per la costruzione dell’opera fu creata dal governo la Companhia Urbanizadora Nova Capital e i lavori affidati all’ingegnere e deputato del Partido Social Democrático Israel Pinheiro. Il presidente si circondò di tecnici ed esperti che avevano lavorato con lui all’epoca del periodo trascorso nel Minas Gerais come governatore e cercò di fare di tutto affinché il progetto della nuova capitale avesse il sostegno della popolazione e godesse di un’opinione pubblica favorevole. A questo proposito, alcuni storici hanno fatto presente che l’edificazione di Brasilia servì al presidente per sviare l’attenzione dalle rivendicazioni per la riforma agraria, sempre più frequenti nelle campagne, e da una crescente inflazione.

La costruzione della nuova capitale non avvenne in maniera indolore. Le strade che conducevano a Brasilia erano tutte di terra, l’aeroporto più vicino si trovava ad Anápolis, a più di 100 km di distanza, ma soprattutto i turni di lavoro degli operai erano massacranti. Gran parte di loro, provenienti dagli stati del Goiás e Minas Gerais, spesso erano vittime delle violenze della polizia, che pretendeva un lavoro senza sosta (oltre 18 ore quotidiane) e alcuni furono uccisi dalle stesse forze dell’ordine, come testimonia il massacre da construtora Pacheco Fernandes, avvenuto l’8 febbraio 1959 e fatto cadere rapidamente nel dimenticatoio, nonostante sia stata una delle maggiori tragedie del paese.

Simbolo di modernizzazione del paese, la città, secondo il presidente Kubitschek, avrebbe dovuto unire il Brasile costiero a quello interno all’insegna di un novo território, ma furono molte le critiche che gli furono rivolte, soprattutto per le enormi spese sostenute. Eppure, fu proprio grazie a Brasilia e alla sua rete di infrastrutture che, pian piano, crebbe il processo di unificazione del paese.

L’obiettivo di Kubitschek era quello di far crescere il paese di 50 anni nel solo quinquennio del suo mandato: proprio per questo aveva varato il Plano de Metas e, in particolare, la costruzione di Brasilia, che tolse il titolo di capitale a Rio de Janeiro (lo era dal 1763). In particolare, Kubitschek desiderava condurre a termine ciò che era rimasto sospeso dal 1922, quando l’allora presidente Epitácio Pessoa pose la prima pietra della nuova capitale nella città di Planaltina individuandola come futura capitale federale nel Planalto Centrale. In seguito, Getúlio Vargas promosse degli studi di fattibilità che presto si scontrarono con gli alti costi della costruzione.

Dall’inaugurazione di Brasilia come capitale brasiliana, Planaltina vide il suo territorio diviso in due parti, di cui una fu inclusa nel Distretto federale, mentre l’altra altra rimase esclusa dal quadrilatero del Distretto federale, continuò a far parte dello stato di Goiás e la sua nuova sede ricevette il nome di Planaltina de Goiás, popolarmente conosciuta come Brasilinha.

Inizialmente Brasilia contava 142.000 abitanti, ma nel 1970 aveva già raggiunto il mezzo milione di persone, fino a superare i 2 milioni nel 2000. Terza città del paese dopo São Paulo e Rio de Janeiro, Brasilia, nelle intenzioni di Kubitschek, avrebbe dovuto ricoprire il ruolo di capitale anche per la sua posizione centrale nel Brasile, ma scontò comunque le difficoltà di una zona che finì rapidamente per svilupparsi in una maniera molto disordinata rispetto alle aspettative del presidente e anche di Niemeyer.

Dal 1987 Brasilia è stata inserita nella lista dei siti patrimonio dell’umanità dell’Unesco per la sua caratteristica costruzione, strutturata a forma di aeroplano.

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

2 commenti

  • Ottimo reportage come sempre David. Ci sarebbero tanti aneddoti su Brasilia ed i suoi 60 anni ed oltre, città veramente unica nel suo genere, direi più bella da visitare che da vivere. E lo dico con cognizione di causa, visto che è stata “casa” mia per 4 anni, pur se quasi sempre in albergo, nel periodo di lavoro con il governo Lula, primo mandato, tra il 2003 ed il 2006

  • Riceviamo e segnaliamo da Union del Pueblo Romani:

    “UN GITANO FUE EL PRESIDENTE DEL GOBIERNO DE BRASIL

    Fue el creador de la nueva capital de la nación: Brasilia

    He querido aprovechar este dramático momento que vive Brasil en el que unos desalmados insurgentes han querido violentar la voluntad democrática de los ciudadanos de aquel inmenso país asaltando el Congreso Nacional, el Palacio de Planalto —sede del ejecutivo— y la Corte Suprema para escribir estas líneas.

    Cuando hace unos años tuve la oportunidad de acudir a la nueva capital del país para participar como ponente en unas jornadas organizadas por la Universidad de Brasilia y ahí me explicaron, de primera mano, lo que significó para la inmensa mayoría de los brasileños la figura de Juscelino Kubitschek, primer gitano que fue elegido presidente del gobierno tras ganar democráticamente las elecciones del 3 de octubre de 1955

    Un principio de legislatura accidentado

    Nuestro presidente gitano hubo de padecer, como le ha pasado al recién elegido Lula da Silva, un intento de golpe de estado. Juscelino Kubitschek fue elegido con el 36 %, unos 3.077.411 votos. En segundo lugar, quedó el militar Juárez Távora con el 30 % (UDN), seguido del 26 % de Ademar de Barros (PSP). La vicepresidencia la ganó Joao Goulart, conocido popularmente como “Jango”, miembro del Partido Laborista Brasileño. Ambos se entendieron rápidamente y no tardaron en encontrar una fórmula para gobernar el país. Pero, como suele pasar en todos los países de democracias poco asentadas, los perdedores no suelen conformarse. Por eso entre la oposición y una fracción del ejército montaron un complot para derribar al Gobierno. Por suerte la otra parte del ejército se puso a favor del nuevo presidente gitano, disolviendo cualquier posibilidad de golpe de Estado.

    Hasta aquí la noticia no debería tener mayor relevancia si no fuera por el carácter excepcional que supone el que un miembro de una minoría marginada alcance la más alta cota de poder en su país. Nosotros sabemos que Obama fue Presidente de los Estados Unidos como antes lo fueron Bush, republicano, o Clinton, demócrata. Pero Obama pasará a la historia, al margen de su mayor o menor eficacia al frente de su país, porque es negro. Lo mismo ocurre con Juscelino Kubitschek, uno más entre los 800.000 y un millón de gitanos brasileños que conviven en un país que tiene en su conjunto 215 millones de habitantes.

    Una vida de sacrificio, de esfuerzo y de pobreza

    Nuestro presidente tuvo unos orígenes muy pobres. Se quedó huérfano de padre con tan solo dos años, y su madre, Julia Kubitschek, gitana de origen checo, fue la que se encargó de que estudiara. A los ocho años ayudaba al mantenimiento de su madre y sus dos hermanas, Eufrosina que murió siendo una niña y María da Conceicao, repartiendo mercancías por los domicilios. Pero su madre habló con los Padres Paules y con ellos estudio hasta los quince años.

    En diciembre de 1921 logró el diploma de la escuela secundaria, y al año siguiente ingresó a la Universidad Federal de Minas Gerais, logrando el título de licenciado en medicina en el año 1927. El joven Juscelino no tenía dinero y sufragó parte de sus estudios con el que le prestaron algunas familias amigas. Dicen sus biógrafos que, en 1921, para sostenerse, empezó a trabajar como ayudante de telégrafos. Tenía solo diecinueve años y estudiaba todo el día. Por la mañana, hasta las 8:00 horas trabajaba en el telégrafo y comía y dormía poco. Pero eso no fue suficiente y tuvo que endeudarse para poder terminar sus estudios.

    Siendo ya médico se especializó en urología y amplió sus estudios en Europa, concretamente en París, en Viena y en Berlín. Regresó a Brasil en 1939 y abrió su propia consulta. Luego ingresó en el cuerpo médico de las Fuerzas Armadas de Minas Gerais, durante los conflictos armados que sufría el país, y rápidamente le concedieron un bisturí de oro, como distinción por sus servicios durante los enfrentamientos. Dicen sus biógrafos que en un hospital montado sobre vagones de tren operó la herida de bala en el cráneo de un soldado que sobrevivió sin secuelas.

    Lula da Silva esquivó el golpe de estado como antes lo hizo Juscelino Kubitschek

    Cuando me dispongo a cerrar este breve comentario sobre la vida privada del presidente gitano, (de su vida pública me ocuparé más adelante) me entero de que los presidentes del Congreso, del Poder Ejecutivo y del Tribunal Supremo han firmado un documento en el que piden que “se tomen medidas institucionales, en los términos de las leyes brasileñas” respecto del asalto a los edificios de los tres poderes del Estado en Brasilia.

    El manifiesto ha sido rubricado por Lula da Silva, como presidente de la República; Arthur Lira, presidente de la Cámara de los Diputados; Veneziano Vita Rêgo, presidente del Senado) y Rosa Weber, presidenta del Tribunal Supremo.

    Maquiavelo mantenía la teoría cíclica de la sucesión de los sistemas políticos, cosa que puede ser natural. Sin embargo, he leído que Edward Gibbson escribió en el siglo XVIII que bajo un gobierno democrático los ciudadanos ejercen los poderes de la soberanía, y, si estos poderes se entregan a una multitud inmanejable, primero se abusará de ellos y luego se perderán.

    Parece que Brasil se ha librado de la oclocracia que es el peor de todos los sistemas políticos y el último estado de la degeneración del poder”.

    Juan de Dios Ramírez-Heredia Montoya
    Abogado y periodista

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