Incostituzionale: la Corte boccia l’ergastolo ostativo

di Gianluca Cicinelli

Incompatibile con la Costituzione. La Corte Costituzionale non ha dubbi sull’ergastolo ostativo e pur senza emettere una sentenza immediata d’incostituzionalità – per non creare un problema immediato nella gestione dei detenuti – ha deciso che entro maggio del prossimo anno il Parlamento italiano dovrà modificare la legge. Per ergastolo ostativo si intende il particolare tipo di regime penitenziario previsto dall’articolo che esclude dall’applicabilità dei benefici penitenziari gli autori di taluni reati particolarmente gravi se il condannato non collabora con la giustizia o tale collaborazione sia impossibile o irrilevante. L’accesso alla liberazione condizionale può avvenire dopo 26 anni di reclusione ed è attualmente negato in particolare ai condannati per la criminalità organizzata. Se il Parlamento italiano entro un anno non provvederà allora la Corte farà decadere automaticamente la legge.

L’ergastolo ostativo è terreno di polemiche furiose tra giustizialisti (della prima e dell’ultima ora) e cultori dello stato di diritto, ma dopo la sentenza della Corte lo spazio di manovra per chi ancora difende la norma si è ridotto a zero. Fra l’altro già l’ufficio legislativo del ministero della Giustizia aveva evidenziato le notevoli possibilità che la legge fosse contraria alla Costituzione. Il “fine pena mai” è incompatibile con gli articoli 3 e 27 della Costituzione italiana, ha rilevato la Corte, e anche con l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Secondo i giuristi che hanno deliberato non garantisce l’uguaglianza di tutti davanti alla legge e viene meno alla finalità rieducativa della pena. La loro opinione è in forte contrasto con quella di molti magistrati delle procure impegnate nel contrasto alle mafie, che ritengono al contrario il 41 bis l’unico strumento in grado di fermare l’attività criminale dei boss, che spesso anche dal carcere continuano a gestire i loro affari. Per questo la Corte ha deciso di riproporre uno schema già utilizzato in passato, non una decisione immediata, che provocherebbe una serie di scarcerazioni “eccellenti” in poco tempo, ma un avviso a tempo al Parlamento.

Dietro le persone marcate fin qua dal “fine pena: mai” non ci sono soltanto storie di mafia. Ci sono certamente boss che non si sono mai pentiti, nè in senso giuridico che morale, della loro appartenenza al crimine organizzato ma ci sono gregari delle organizzazioni criminali che vivono nello stesso regime carcerario senza che abbiano avuto alcun ruolo decisionale. Nella notte buia in cui tutte le mucche sono nere i giustizialisti non amano questa differenza, arrivando al paradosso di giudicare una sentenza della Corte Costituzionale che ha ripristinato la legalità come la vittoria dell’anti Stato e dell’illegalità. Una strana idea di giustizia, a dir poco.

Su circa 61.000 detenuti in Italia quelli in regime di 41 bis sono attualmente 753, fra cui 12 donne (una sola per terrorismo, le altre per criminalità organizzata). Dei 741 uomini al 41 bis, ve nre sono 2 per terrorismo, i rimanenti 739 per criminalità organizzata. Fra questi 753 detenuti con il 41 bis – come detto 3 per terrorismo – 262 hanno l’ergastolo ostativo. A questi però dobbiamo aggiungere altri 1000 detenuti circa con l’ergastolo ostativo al di fuori del 41 bis nei circuiti di alta sicurezza (la fonte sono i dati del Ministero della giustizia e del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria al 2019). Il totale è di 1262 detenuti che scontano l’ergastolo ostativo, perchè ritenuti altamente pericolosi.

La decisione della Corte Costituzionale se da una parte pone fine a una stortura legislativa dall’altra in maniera pilatesca non dà indicazioni sulla riscrittura della norma rigettando la palla nel campo della politica. Eppure la politica non è estranea al percorso a tempo indicato dalla Corte, per prevenire le accuse della destra di voler mettere in libertà i boss mafiosi, nonostante il provvedimento fosse già da due anni all’esame dell’organismo. Il punto più importante però riguarda la netta censura al principio per cui la libertà del prigioniero è condizionata alla collaborazione con la giustizia. Questo è il principale elemento a cui non potranno più appellarsi i giudici di sorveglianza.

 

ciuoti

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