Inesattezze e menzogne pro Ortega

Le liste d proscrizione della coppia reale Ortega-Murillo

di Bái Qiú’ēn

La solidaridad es la ternura de los pueblos. (Gioconda Belli)

«L’Assemblea Nazionale del Nicaragua ha riformato l’articolo 21 della Costituzione, stabilendo requisiti e legittimità della nazionalità nicaraguense. Il che ne ha determinato il venir meno della stessa per i detenuti autori intellettuali o esecutori materiali dei tre mesi di terrorismo che, dall’Aprile al Giugno del 2018, insanguinarono il Nicaragua lasciando un saldo tremendo in vite umane e beni materiali». Con queste parole inizia l’articolo con il quale il superpagato megafono della coppia reale Ortega-Murillo ha di recente descritto la deportazione dei 222 oppositori nicaraguensi a Washington, colpevoli di aver organizzato il supposto golpe blando di cinque amni fa («Nicaragua, il volo dei golpisti», 12 febbraio 2023).

Chiunque abbia letto con pazienza e attenzione i nomi contenuti nella lista di proscrizione del 9 febbraio scorso, oltre a conoscere un po’ la realtà del Nicaragua e la cronaca degli ultimi anni, già in queste righe nota un’inesattezza: tra loro, al n. 173, comparivano infatti le generalità di un certo Marlon Gerardo Sáenz Cruz, conosciuto con il nome di battaglia utilizzato durante la guerriglia contro la dittatura somozista «El Chino Enoc». Guerrigliero a sedici anni, combattente storico che nel 2018 fece parte dei gruppi paramilitari diretti da Edén Pastora Gómez che si scontrarono con i protestantes, stando alla sua stessa testimonianza. Utilizzato quando serviva per difendere la Corte reale, ma immediatamente scaricato quando ha iniziato a criticare pesantemente la Regina. Ne avevamo accennato in un articolo precedente e, in ogni caso, catalogarlo tra i “terroristi” autori intellettuali o esecutori materiali del 2018 è quanto meno improprio. Ma la propaganda è un tentativo deliberato e sistematico di plasmare percezioni, manipolare cognizioni e dirigere il comportamento al fine di ottenere una risposta che favorisca gli intenti di chi la mette in atto e implica un certo grado di occultamento, manipolazione, selettività rispetto alla verità.

Un altro paramilitare deportato che contribuì a smantellare i tranques è Humberto Alejandro Pérez Largaespada (n. 218), ex sindaco di Jalapa ed ex segretario politico del FSLN nella stessa cittadina. Fedele orteguista, pure lui deportato e privato della nazionalità per aver criticato, assieme a una quarantina di militanti sandinisti, le scelte del vertice sui nomi da candidare alle elezioni amministrative del 2022. Con lui furono incarcerati una ventina dei suddetti militanti, pure loro deportati.

Un altro deportato certamente non “terrorista” risponde al nome di Roberto Emilio Larios Meléndez (n. 217), ex portavoce della Corte Suprema di Giustizia da oltre un decennio, arrestato nell’ottobre del 2022 (pure a lui avevamo fatto cenno in precedenza). Lo stesso vale per Moisés Abraham Astorga Sáenz (n. 87) e per i fratelli María José e Hans Camacho Chévez (nn. 88 e 89), tutti operanti nel potere giudiziario e fedeli all’orteguismo finché non sono caduti in disgrazia per ragioni finora ignote.

Basterebbero questi nomi, rei di aver criticato alcune decisioni «desde arriba» («lesa maestà») o per chissà quale altro motivo, per far crollare miseramente il castello di chiacchiere da bar sugli «autori intellettuali o esecutori materiali dei tre mesi di terrorismo» propagandato dall’orwelliano Ministero della Verità. Non abbiamo verificato puntigliosamente tutti i nomi dell’elenco, ma sospettiamo che vari altri deportati mai abbiano partecipato alle proteste del 2018, ma che all’epoca fossero fanatici sostenitori dell’orteguismo o pedissequi esecutori delle decisioni che si assumevano a El Carmen. Criticare però la Regina o talune scelte imposte dall’alto equivale a tradire la Patria.

Già avevamo ricordato in un articolo precedente, che la modifica della Costituzione entrerà in vigore solamente dopo una seconda lettura con approvazione, che sarà effettuata il prossimo anno. Per cui nel momento in cui questi 222 sono usciti dal loro Paese natale e sono arrivati a Washington erano ancora nicaraguensi e lo sono tuttora, al di là della propaganda facilona.

Cosa dice l’art. 21 della Costituzione vigente? «L’acquisizione, la perdita e il recupero della cittadinanza saranno regolati dalle leggi». La modifica si riduce all’aggiunta: «I traditori della Patria perdono la qualità di cittadini nicaraguensi», in perfetta contraddizione con il precedente art. 20, per ora non soggetto a modifiche, il quale prevede in modo tassativo che «Nessun cittadino può essere privato della sua nazionalità».

Se a questo aggiungiamo che al momento dell’imbarco è stato loro consegnato un passaporto nuovo di zecca e valido dieci anni (come espressamente richiesto dall’ambasciata gringa), la cui scadenza è nel febbraio del 2033, è evidente che in quell’istante non era ancora entrata in vigore la modifica costituzionale. Tant’è che le autorità aeroportuali statunitensi di Washington lo hanno ritenuto valido come documento d’identità, utilizzato per la registrazione dell’entrata nel territorio statunitense. Come minimo, si può notare una discrepanza tra la propaganda della cancellazione della nazionalità e l’attestazione della stessa nazionalità su un passaporto valido.

In ogni caso, se il Governo USA ha concesso loro un permesso umanitario per vivere e lavorare due anni nel Paese, la Spagna si è immediatamente dichiarata disponibile a dare la nazionalità spagnola a tutti 222, decisione annunciata dal ministro degli Esteri José Manuel Albares (del PSOE) all’agenzia Servimedia, il quale ha pure dichiarato che parecchi di loro hanno già accettato l’offerta: «Ya son varios los que han dicho que sí a ese ofrecimiento y estaremos encantados de acogerles lo antes posible, porque esta es su casa; España es su casa» (El Correo Gallego, 13 febbraio 2023). Il che annulla totalmente la volontà politica di rendere queste persone degli invisibili. Cosa accadrà se uno di loro, con passaporto spagnolo e quindi europeo, vorrà entrare in Nicaragua? Sarà bloccato alla frontiera? Con quale motivazione? Sarà arrestato? Con quale imputazione?

L’art. 20 della Costituzione non solo prevede che «Nessun cittadino può essere privato della sua nazionalità», ma aggiunge: «La qualità di cittadino nicaraguense non si perde per il fatto di acquisire un’altra nazionalità». Anche se fossero apolidi il problema si presenterebbe tale e quale, poiché in base alla Convenzione del 1954 (alla quale il Nicaragua ha aderito nel maggio del 2013) è loro garantito il diritto a un permesso di soggiorno. Insomma, un vero pasticcio giuridico. L’art. 43 della Costituzione afferma testualmente che «I nicaraguensi non possono essere estradati dal territorio nazionale». Avendo il passaporto che attestava la loro nazionalità, i 222 sono stati espulsi violando questo articolo ben chiaro e preciso nella forma e nella sostanza.

Lo stesso Daniel, nel discorso del 9 febbraio, aveva affermato che la brillante idea era stata partorita dalla fervida mente di Rosario che, nella sua sfrenata genialità, non aveva previsto l’eventualità che esistesse un Paese disponibile a dare ai deportati una nuova nazionalità e consentirgli di muoversi liberamente nel mondo (dopo la Spagna, pure Cile e Argentina hanno dichiarato la loro disponibilità ed è probabile che altri Paesi facciano altrettanto). Purtroppo, il ragionamento logico e quindi il saper prevedere le possibili conseguenze di un’azione, non fa parte dell’illogicità congenita nicaraguense. Inutile ricordare al Nostro che un certo Gramsci aveva già affermato che «Un uomo politico è grande in misura della sua forza di previsione: un partito politico è forte in misura del numero di uomini di tal forza di cui dispone» (Una verità che sembra un paradosso, 3 Aprile 1917).

Il ragionamento logico è l’esatto opposto dell’impazienza, caratteristica che la stessa Rosario attribuisce a se stessa: «Non sono paziente. Non sono in grado di sedermi. Penso in continuazione e cerco sempre di fare. Daniel è molto paziente ed è una grande qualità, un grande valore umano perché, quando sei paziente, riesci a portare, magari con passione, sì, ma senza disperazione, devi pensare a tutti i diversi modi per superare qualsiasi circostanza, qualunque sia la difficoltà che si sta affrontando. In mezzo alle circostanze più dure lui ha questa pazienza, questa serenità, questa prudenza [che] io non ho. Devo confessarlo. Non ce l’ho. Non so come faccia. Non sono paziente», ha affermato in un’intervista rilasciata nell’agosto del 2019 a Max Blumenthal e Ben Norton (The Grayzone). I risultati di questa sua impazienza si sono visti nell’aprile del 2018, quando Daniel era a Cuba per curarsi e lei prese le istintive e folli decisioni politico-militari che portarono il Paese sull’orlo di una guerra civile: «¡Vamos con todo!».

Per quanto riguarda la scelta della deportazione, storicamente applicata dai regimi retti da una monarchia assoluta, è in palese contrasto con lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale entrato in vigore il 1° luglio 2002, ma non recepito dal Nicaragua, ma sancito dal suddetto art. 43 della Costituzione. All’art. 7, la «Deportazione o trasferimento forzato» è considerato un crimine contro l’umanità: per «deportazione o trasferimento forzato» s’intende «la rimozione delle persone, per mezzo di espulsione o con altri mezzi coercitivi, dalla regione nella quale le stesse si trovano legittimamente, in assenza di ragioni previste dal diritto internazionale che lo consentano».

Per ciò che riguarda la privazione della nazionalità a chi è nato e vissuto nel Paese corrisponde alla denominata morte civile (essere vivi, ma non esistere), “condanna” che chi è di sinistra mai potrebbe accettare nei confronti di chiunque, specialmente se ricorda le leggi di Norimberga del 1935 (Legge per la cittadinanza del Reich, Legge per la protezione del sangue e dell’onore tedesco, Legge sulla bandiera del Reich) e quelle in Italia nel 1938 rispetto alla condizione giuridica delle persone di religione ebraica (decisione essenzialmente politica, per quanto mascherata con presunte e inesistenti questioni razziali).

Per restare in àmbito latinoamericano, il precedente diretto di una riforma costituzionale per togliere la nazionalità agli oppositori esuli risale al 21 ottobre 1980, nel Cile di Augusto Pinochet Ugarte (altra decisione prettamente politica) e fu applicata a sette persone: «Articolo 11. La nazionalità cilena si perde: […] 3. A causa di una condanna per reati contro la dignità della patria o gli interessi essenziali e permanenti dello Stato». Lasciamo al lettore ogni considerazione politica e ogni raffronto con la giustificazione data da Daniel, ricordando la cancellazione della nazionalità al diplomatico ed economista Orlando Letelier con un decreto ad hoc datato 10 settembre 1976 e assassinato con un’auto-bomba a Washington il successivo 21 settembre da un doppio agente della CIA e della DINA (il servizio segreto di Pinochet), quattro anni prima della modifica costituzionale.

Già il 15 settembre 2020, orientando l’Asamblea Nacional a modificare il Codice Penale per introdurre l’ergastolo per i «crimini d’odio» (non casualmente entrato in vigore nel gennaio del 2021, pochi mesi prima delle elezioni presidenziali), lo stesso Daniel aveva ricordato che (purtroppo) non è possibile introdurre la pena di morte, avendo il Nicaragua sottoscritto un trattato internazionale che glielo impedisce: «un convenio internacional donde estamos comprometidos a no aplicar condena de muerte en Nicaragua, pero no estamos comprometidos a no aplicar condena perpetua para los criminales». Come se il Governo da lui diretto «a fari spenti nella notte» rispettasse davvero le normative nazionali e internazionali.

Per quanto la disciplina della nazionalità sia tradizionalmente considerata come rientrante nel dominio esclusivo dei singoli Stati, il diritto internazionale pone alcuni limiti al potere statale, quali il divieto di discriminazione nell’accesso alla nazionalità e il divieto di espulsione dei propri cittadini. Limiti sanciti pure dalla Costituzione vigente, come abbiamo sopra ricordato.

In un’intervista rilasciata al programma «Oppenheimer presenta» della CNN (in lingua spagnola) e trasmessa domenica 19 febbraio, Humberto Ortega ha affermato che occorre pensare seriamente alle elezioni del 2026 come “uscita” dalla crisi socio-politica iniziata nell’aprile del 2018: «La situazione che ora deve essere risolta è quella del 2026, con le elezioni presidenziali, affinché si possano tenere elezioni con le quali il Nicaragua possa entrare in un processo totalmente diverso da quello che abbiamo avuto dal 2018». In caso contrario «il Paese potrebbe sprofondare in una disastrosa anarchia, che non potrebbe essere risolta né dall’attuale partito al governo né dall’opposizione». Ha pure aggiunto che con la “liberazione” dei 222 prigionieri politici, suo fratello Daniel sembra voler chiudere la congiuntura apertasi in quella data, ma ne sta aprendo una del tutto nuova con quella dei prigionieri liberi di esprimersi senza alcuna censura. Inoltre, «È chiaro che questo [rilascio dei 222] è stato il prodotto di uno scambio che logicamente, poiché c’è uno scambio, il dialogo è in corso ed è stato raggiunto un accordo ben preciso sul modus operandi del rilascio di quei prigionieri».

Non vogliamo però perdere troppo tempo a disquisire di giurisprudenza e di legalità, pianeti troppo distanti dalla facile propaganda di chi preferisce non disquisire sulla «cornice giuridica, dato che è un atto eminentemente politico» (come quello nazista del 1935 e come quello di Pinochet del 1980), per cui si ritiene esonerato da qualsiasi ragionamento logico e da qualunque parallelo storico. Neppure vogliamo avventurarci nell’analisi semplicistica di coloro che affermano che si tratti di un provvedimento “svuota-carceri”, necessario per fare posto ad altri.

Piuttosto preferiamo smontare la palese falsità: «[È la stessa] Dora Maria Tellez, capo esecutivo dell’allora MRS e del tentato golpe, a smentire categoricamente ogni maltrattamento e/o tortura. In un’intervista data a Washington, la ex comandante ha affermato di essere stata trattata con rispetto, professionalità e umanità, ribadendo di non aver subìto mai nemmeno un gesto di ostilità personale da parte delle guardie carcerarie». Chissà dove il Nostro avrà letto queste parole? Naturalmente, Lui non comunica la propria fonte ai suoi lettori, alla faccia di una corretta e completa informazione (che nulla ha a che vedere con la propaganda). Presumiamo pertanto che si tratti di una velina dell’ambasciata nicaraguense a Roma, reincarnazione dell’Agenzia Stefani.

Per quanto i carcerieri, a livello personale, possano essersi comportati correttamente e umanamente, a noi risulta infatti che la stessa Comandante Dos abbia ribadito in varie interviste rilasciate a Washington che la sua prigionia è stata di «una crudeltà estrema». Ogni giorno, durante i venti mesi in cui è stata rinchiusa al buio, in un reparto maschile, confinata e in isolamento, è stata lasciata da sola, senza permesso di parlare, leggere o scrivere. «El Chipote è un carcere di massima sicurezza dove noi quattro donne siamo state detenute in isolamento, in celle individuali separate, senza nessuno con cui parlare e con il divieto di parlare con chiunque, eccetto che con le guardie. Ho trascorso venti mesi praticamente in completo silenzio». Nella sua cella camminava in cerchio, cercava di risolvere problemi, grandi o piccoli: calcolando la distanza percorsa, l’ora del giorno, l’altezza del muro o la distanza dalle luci. «Sono giochi», spiega. «Devi sopravvivere ora per ora, giorno per giorno», dice della sua prigionia. Altri giorni ricordava mentalmente poesie, canzoni, letture o filmati: «cose che ti distraggono. Sono meccanismi di distrazione», continua. «Ero in una cella completamente buia. Era sigillata con una lastra di cemento in cima, e se andavo nel corridoio dovevo aspettare 20 minuti per vedere le cose in cella» (La Nación [Argentina], 11 febbraio 2023).

Se ciò non fosse sufficiente per parlare di tortura, che per il Nostro evidentemente è solo la vecchia chimichú utilizata nell’epoca somozista (ammesso che ne abbia mai sentito parlare*), Dora María aggiunge: «Il regime di quel carcere è concepito in modo da privarti di tutto: visite familiari, contatti con i parenti, possibilità di difenderti parlando con un avvocato, libri o attività sociali. La socializzazione è ridotta a zero ed è una forma di tortura emotiva e psicologica» (El País [Spagna], 10 febbraio 2023). Questo regime carcerario è evidente che non dipenda dai carcerieri, bensì da ordini superiori ed equivale a una feroce e inumana tortura psicologica, quella «lima sottile che disgrega la mente e la volontà del condannato» di cui parlava il carcerato Gramsci.

«Ne sono uscita con depigmentazione della pelle, problemi alla vista, problemi di equilibrio, problemi ai denti, oltre a certi vuoti di memoria che bisogna compensare quando si entra in contatto con la realtà. Ogni volta che esco alla luce comincio a traballare, poiché perdo l’equilibrio a causa dei cambiamenti di luce, perché ero sempre al buio» (BBC [Gran Bretagna], 10 febbraio 2023).

Sappiamo già che la pronta e semplicistica risposta del Nostro sarà: ma chi crede alle parole di una terrorista? Gramsci fu accusato di attività cospirativa, istigazione alla guerra civile, apologia di reato e incitamento all’odio di classe. In una parola: «terrorismo».

Come annota il quotidiano messicano di sinistra La Jornada, altri deportati preferiscono non rilasciare interviste: «Hanno dei familiari in Nicaragua e vogliono proteggerli dalle rappresaglie» (11 febbraio 2023). Il che la dice lunga sull’aria che si respira nel Paese socialista, cristiano e solidale.

Se, comunque, questa “mossa” frettolosa e sgangherata, come lo sono tutte quelle elaborate nelle notti insonni di Rosario, in un primo momento poteva sembrare un’inizio di apertura dovuto al colloquio di tre ore tra Daniel e suo fratello Humberto il 23 dicembre dello scorso anno, ogni possibile lettura positiva ora si scontra con la realtà dei fatti: il successivo 15 febbraio, è stata annullata la nazionalità ad altre 94 persone (portando il totale a 316), senza alcun processo né una condanna, e i loro beni sono stati dichiarati confiscabili, in barba all’art. 44 della Costituzione: «La confisca dei beni è vietata. I funzionari che violano questa disposizione, risponderanno con i loro beni in ogni momento per i danni prodotti». Ex diplomatici, ex funzionari statali, difensori dei diritti umani, dissidenti sandinisti, oppositori di vario tipo, giornalisti, docenti universitari, studenti, religiosi, uomini d’affari, commercianti. Privati dei loro diritti politici e civili (oltre che, presto o tardi, delle loro proprietà).

Quasi tutti loro si trovano all’estero e nella stessa sentenza, emessa senza alcun dibattimento né alcun difensore, sono stati dichiarati «prófugos de la justicia» (compresi coloro che tuttora sono in territorio nicaraguense, come Vilma Núñez de Escorcia). Se sono davvero latitanti, per quale motivo non richiedere all’Interpol il loro arresto e il trasferimento nel Paese per essere giudicati?

Quanto poco contino i cortigiani lo dimostrano con chiarezza le parole pronunciate il 12 febbraio da Gustavo Porras Cortés, presidente dell’Asamblea Nacional, nel corso di un’intervista televisiva a Canal 13 (proprietà di Camila Antonia Ortega Murillo, tramite prestanomi): «Questa legge di riforma non ha nulla a che fare con le persone che non sono nel Paese per qualsiasi motivo, è per quei traditori del Paese che sono stati condannati per aver commesso il reato di tradimento, queste sono le persone che perdono la nazionalità; tutti i nicaraguensi che sono ovunque e per qualsiasi motivo devono stare tranquilli». Infatti, tre giorni dopo…

La maggior parte di questi 94 sono dei perfetti sconosciuti per il lettore italiano, ma di certo sono noti lo scrittore Sergio Ramírez, la poetessa e scrittrice Gioconda Belli e la comandante Mónica Baltodano (decorata nel 1986 con l’Ordine Carlos Fonseca, la massima onorificenza assegnata a coloro che si erano distinti nella lotta guerrigliera antisomozista). Tutti sono stati condannati all’esilio perpetuo con connessa morte civile, se non proprio quella effettiva. In tutti i Paesi civili questa misura draconiana è ritenuta lesiva dei diritti fondamentali della persona e negli anni Ottanta mai fu neppure pensata in Nicaragua, nonostante la guerra organizzata e finanziata da Washington, quando il reato di tradimento aveva assai più senso (essendo tecnicamente legato a un conflitto bellico, non a una lotta politica).

Se il Nicaragua non ha aderito allo Statuto di Roma della Corte penale internazionale, ha però sottoscritto la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 10 dicembre 1948. Il cui punto 15 afferma: «Ogni individuo ha diritto a una cittadinanza. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza». E tralasciamo gli altri articoli in buona parte violati costantemente e reiteratamente negli ultimi cinque anni da quel Buon Governo che si auto-definisce socialista.

Essere solidali con un popolo in lotta è una cosa, altra è sostenere con inesattezze e spudorate menzogne una casta che si aggrappa con ogni mezzo al potere, utilizzando in modo arbitrario e distorto la storia e la cronaca per fingere di essere ciò che non è.

È evidente che agli oppositori, o ai semplicemente critici, il Buon governo applica un diritto penale creato alla giornata, con una produzione normativa impulsiva, pasticciata ed emergenziale, che nulla ha a che vedere con il diritto vero e proprio (sia esso romano o anglosassone), bensì ha a che fare con il populismo più spinto e burocratizzato, mascherato con la sicurezza interna e con la sovranità nazionale (concetti assai elastici, usati soprattutto dalle destre in tutto il mondo): tutti gli oppositori sono nemici, quindi non-persone, soggetti ritenuti non meritevoli di diritti. In tal modo si nega alla radice il diritto stesso, che ha come principio-cardine il fatto che un essere umano fin dal momento della nascita diventa titolare di diritti e di capacità giuridica.

Il Nostro, che afferma di conoscere il Nicaragua dal 1984, dovrebbe pure aver appreso che una delle caratteristiche tipiche dei nicaraguensi è il sentimento della vendetta (e del connesso odio viscerale): puoi pure aver salvato la vita a qualcuno, ma se gli dici una parola sbagliata… Da questa mentalità non sono esenti neppure gli inquilini di El Carmen, per i quali la vita dello Stato (id est loro stessi: l’État c’est moi) è messa in pericolo da soggetti non considerati come cittadini che la pensano diversamente, bensì da “nemici” ai quali attribuire qualsiasi crimine pur di non ammettere la libertà di pensiero sancita dalla Costituzione. Daniel si auto-considera l’incarnazione della Rivoluzione e, con questa idea messianica, le sue concezioni e le sue decisioni, qualunque esse siano, le considera come le uniche veramente rivoluzionarie e socialiste. Compresa una legislazione specifica per i propri nemici, emanata giorno dopo giorno in base alle contingenze e destinata inevitabilmente ad approfondire la spaccatura esistente nella società, non certo a sanarla: la legge della jungla, altro che GRUN, Gobierno de Unidad y Reconciliación Nacional.

In conclusione, non sappiamo come interpretare questa decisione “sovrana” (id est dei Sovrani): si tratta di una prova di forza o di debolezza? Sergio Ramírez propende per la seconda, ma solo il futuro ci darà una risposta.

Sappiamo però che è lo stesso sistema normativo che nel nostro Bel Paese venne definito «legislazione d’emergenza» che, a partire dal 1974 e per tutti gli «anni di piombo» fu emanata con frequenza e sistematicità, limitando enormemente le garanzie dei diritti di libertà dei singoli (dal fermo di polizia alle intercettazioni telefoniche, alla durata della custodia cautelare, alle perquisizioni in blocco degli edifici senza specifico mandato, ecc.). Qualcuno si ricorda Oronzo Reale e Francesco Kossiga? Per non parlare dei più recenti decreti emergenziali anti-rave e anti-sbarchi. Ma il nostro Bel Paese nel dopoguerra nulla aveva ne ha di socialista, ma mai è arrivato alla follia di togliere la nazionalità e a deportare chicchessia. Appunto: l’Italia mai è stato un Paese socialista.

Nel frattempo il ministerio de Gobernación ha annullato l’esistenza di altre 23 ONG (15 febbraio). Portando il totale a 3.246 su 7.227 dal 2018 a oggi (il 44,91%). Tra queste, anche l’organizzazione Libros para Niños, che da trent’anni portava la letteratura infantile fin nelle più sperdute comarcas. A queste organizzazioni della società civile si deve aggiungere la chiusura di ben 18 università, di varie organizzazioni culturali e persino dell’Academia de la lengua. Siamo in piena cancel culture e quando la cultura fa paura a chi si definisce socialista, qualcosa non funziona.

Come ciliegina sulla torta, nella sera del 17 febbraio (dalle 5,30 alle 9,00) gli antimotines della Dirección de Operaciones Especiales (DOEP) unitamente a funzionari della Dirección de Auxilio Judicial (DAJ) si sono presentati in forze presso il complesso abitativo «Amazonia», nel reparto San Juan di Managua e hanno perquisito l’abitazione di Sofía Montenegro (una dei 94) e Azáhalea Solís, che non si trovavano in casa. Hanno perciò confiscato ben 16 appartamenti dello stesso condominio, comunicando a chi ci vive che se vuole continuare ad abitare nella casa di cui sono proprietari (con titoli individuali fin dal 1990, grazie alle storiche Leggi nn. 85 e 86, convalidati da quattro governi successivi: Violeta Barrios, Arnoldo Alemán, Enrique Bolaños e lo stesso Daniel Ortega) dovranno sborsare ben 500 dollari al mese di affitto allo Stato, che è il nuovo proprietario. Tra le famiglie espropriate senza alcuna sentenza né alcun documento scritto, vi sono pure quelle di parecchi funzionari statali di dichiarata fede orteguista, come Juan José Úbeda Herrera ex comandante guerrigliero ed ex appartenente alla Sicurezza dello Stato negli anni Ottanta, tra i paramilitari che contribuirono a smantellare i tranques degli oppositori, attualmente funzionario di INISER (Instituto Nicaragüense de Seguros y Reaseguros), l’ingegnere Ernesto José Martínez Tíffer presidente esecutivo di ENEL (Empresa Nicaragüense de Electricidad) e vari altri (La Jornada [Messico], 19 febbraio 2023) e parenti dei fratelli Ricardo e Manuel Coronel Kautz, il primo di recente nominato tra i dirigenti del Banco Central e il secondo presidente dell’Autorità del Canale Interoceanico.

Non dubitiamo che altri fatti simili accadranno prossimamente aumentando in modo esponenziale il numero dei sandinisti che avranno qualche risentimento più che giustificabile nei confronti degli inquilini di El Carmen che, con questa vera e propria escalation strategico-paranoica, stanno mostrando una sempre più incontenibile vocazione di suicidio politico tramite il progressivo auto-isolamento.

* La chimichú era il nome dato popolarmente al pungolo elettrico, uno degli strumenti tristemente celebri utilizzati dalla Guardia Nacional e specialmente dal temibile Ufficio per la Sicurezza Nazionale (OSN), situato sulla collina di Tiscapa, per spezzare l’equilibrio emotivo dei prigionieri.

Redazione
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