Inquinamento, Covid e clima

di Off Topic Lab (*). A seguire Giorgio Ferrari sui rifiuti radioattivi

Il 2020 è stato un anno tremendo per i nostri polmoni, soprattutto in Lombardia, una delle aree più inquinate del mondo. Sotto questo punto di vista, mentre il Covid-19 ha trovato condizioni ideali per proliferare, gli interventi di governo, regione e comuni sono stati nulli o di facciata. Tra rete dal basso di centraline per la rilevazione del particolato, iniziative di autoformazione e critical mass (foto, dicembre 2020) per denunciare il domino dell’auto e l’inquinamento atmosferico, dal cuore dell’epidemia in Italia (territorio avanguardia anche per agricoltura e allevamenti intensivi e consumo di suolo) nasce una proposta: dichiarare lo stato d’emergenza climatica sociale dal basso.

di Off topic lab 

Il 2020 è stato un anno tremendo per i nostri polmoni, soprattutto in Lombardia. Da un lato la pandemia di Covid-19, malattia che colpisce le vie respiratorie, e dall’altro il livello di inquinamento dell’aria. La Lombardia ha raggiunto un triste primato globale, diventando una delle zone con il più alto numero di morti Covid-19 per abitanti (240 decessi per 100.000 abitanti). Conseguenza di una complessità di fattori demografici e territoriali, tra cui non si può certamente ignorare la dimensione ecologica.

Parallelamente il rapporto sulla qualità dell’aria 2020 dell’Agenzia Europea per l’ambiente conferma che l’Italia è uno dei paesi europei dove si muore di più (quasi 70.000 i decessi nel 2018), la Lombardia e in particolare Milano come una delle aree più inquinate del continente. I dati Arpa del 2020 su Milano evidenziano un trend negativo rispetto agli anni scorsi, con un aumento sia delle medie annuali di particolato (PM10, PM2.5) che dei giorni di sforamento.

L’impatto dell’inquinamento sulla diffusione di Covid-19 

L’esposizione all’inquinamento atmosferico è associato al diffondersi di malattie cardiovascolari e respiratorie. Allo stesso tempo la preesistenza di queste malattie sono state identificate come fattori di rischio di morte nei pazienti Covid-19, pertanto l’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico può esacerbarne la virulenza. Diversi studi nell’ultimo anno si sono concentrati sulla correlazione tra diffusione di Covid-19 e inquinamento e i risultati sembrano confermare altre precedenti ricerche che indicano un ruolo potenziale per l’esposizione al particolato nel peggioramento dell’impatto delle malattie respiratorie (dalla SARS al RSV).

In particolare uno studio, pubblicato sul Cardiovascular Research Journal, ha stimato che circa il 15 per cento dei decessi in tutto il mondo dovuti a Covid-19 potrebbe essere attribuito all’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico. In Europa la percentuale è di circa il 19 per cento, in Nord America del 17 per cento e in Asia orientale del 27 per cento. Un’altra ricerca pubblicata su Science Advances ha stimato che un aumento di solo 1 microgrammo al m3 della media di PM2.5 è associato a un aumento statisticamente significativo dell’11 per cento del tasso di mortalità Covid-19 negli Stati Uniti. Simili studi sono stati condotti in InghilterraOlanda e Italia.

(*) Leggi l’articolo completo: https://comune-info.net/inquinamento-covid-e-clima/

La befana della Sogin
di Giorgio Ferrari (**)

Una vera e propria epifania questa della pubblicizzazione della CNAPI, Carta nazionale aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, ma più per la coincidenza con la festività religiosa che per l’apparizione di questo documento tenuto nel cassetto da cinque anni. Per gli addetti ai lavori essa non presenta novità significative in quanto le aree individuate rispecchiano abbastanza la logica dei precedenti insediamenti nucleari: da alcune zone del Piemonte, alla bassa Toscana- Alto Lazio per finire alla zona di confine Puglia-Basilicata. Le novità semmai stanno nell’inclusione della Sicilia e della Sardegna, che secondo i criteri di selezione individuati dal Gruppo di lavoro presieduto da Carlo Bernardini nel 1999 erano state escluse in quanto isole, cioè luoghi che presupponevano il trasporto via mare dei rifiuti radioattivi: ma chissà se questa new entri non si riveli un diversivo per aumentare il numero delle candidature, essendo più che consolidato l’orientamento a costruire il deposito sul continente. Sia come sia, ora si scatenerà una querelle con le regioni interessate, mentre tutte le altre se ne terranno fuori (e volentieri!) a testimonianza del fatto che questa del deposito non è mai stata veramente una questione nazionale. Ma non è questo il punto (la collocazione geografica) che dovrebbe tutti preoccuparci, quanto l’atteggiamento riconfermato dalle istituzioni nel promulgare questo Avviso pubblico. Basta leggerne le prime righe: “La Sogin è il soggetto responsabile della localizzazione, realizzazione e dell’esercizio del Deposito nazionale” e in quanto tale “ definisce una proposta di CNAPI per ospitarlo”. Vale a dire che l’unico soggetto incaricato di gestire tutte le fasi inerenti a questa impresa (compresi i biglietti di ingresso per i visitatori del futuro parco tecnologico annesso al deposito!) è la Sogin, una e trina come il padreterno, che per definizione non risponde che a se stesso. Neanche in questa fase, quella della consultazione pubblica, si è avuto il coraggio di presentare alle popolazioni interessate un altro interlocutore più istituzionale come il Ministero dell’ambiente o quello dello sviluppo economico per dare almeno quella assicurazione formale di trasparenza e vicinanza tra governanti e governati. No, la delega a Sogin è totale e per di più esercitata con modalità impossibili da soddisfare: la documentazione a disposizione del pubblico è enorme e di difficile consultazione perché molto specialistica; i luoghi dove consultarla sono 5 in tutto e cioè le ex 4 centrali nucleari (Trino, Caorso, Latina e Garigliano) più la sede della Sogin a Roma, ma soprattutto si hanno 60 giorni di tempo a partire da oggi per esaminare questi documenti e inoltrare i propri commenti!

Una vera farsa se consideriamo che si sono persi 5 anni per avviare questa procedura mentre si sarebbe potuto concedere molto più tempo all’istruttoria pubblica e dare così un segnale di cambiamento.

(**) pubblicato anche sul quotidiano “il manifesto”

Redazione
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Un commento

  • Corrado Seletti

    Dicasi sinergia mortifera tra sostanze nocive (per la salute umana e non solo) ed inquinanti (per l’ambiente: acqua – suolo – aria – biodiversità) + COVID.
    UN BEL MIX; O SI HA LA FORZA PER RIPARTIRE DAL BASSO, ES: PROGETTI DI PROSSIMITÀ ED IN RETE, RIQUALIFICANDO E VALORIZZANDO IL TERRITORIO; OPPURE, SE NULLA SI FA, INESORABILMENTE SI PERISCE + O – LENTAMENTE!
    ESISTONO SITUAZIONI (per stare alla nostra penisola) NAZIONALI E LOCALI ECLATANTI PER LE QUALI NON SONO MAI STATI PRESI – VOLUTAMENTE -PROVVEDIMENTI (Taranto docet), LA PIANURA PADANA È CONSIDERATA UNA CAMERA A GAS A CIELO APERTO, L’EUROPA CI SANZIONA E CI BACCHETTA E LA POLITICA (senza distinzioni di sorta) CONTINUA A PROPINARCI, NELLA MIGLIORE DELLE IPOTESI, PANNICELLI CALDI.
    IN QUESTO CLIMA DI ASSUEFAZIONE GENERALE L’UOMO HA LE SUE COLPE E LA “SOFFERENZA” È COLLETTIVA!
    Corrado Seletti
    Presidente Associazione
    Perilfuturodellenostrevalli
    Ambiente – Salute – Vita

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