Insidie ubique: i perturbatori endocrini

Onnipresenti nella nostra vita quotidiana ma i poteri pubblici continuano a minimizzarne i rischi per la nostra salute

di Kumba Diallo (*)

Noi produciamo ogni anno nel mondo più di 400 milioni di tonnellate di 70.000 composti chimici diversi (UNEP, 1998). Tra di essi, almeno 70 inquinanti largamente utilizzati sono sospettati di interferire con il nostro sistema endocrino, tra cui 12 inquinanti organici persistenti altamente nocivi per la salute e l’ambiente sono sotto osservazione in vista di un trattato internazionale per bandirli.” [1]

Questo l’inizio di un lungo e dettagliato articolo di due studiose dell’Università di Montreal che risale a ben 18 anni fa. Eppure se chiedete oggi a persone che pure leggono giornali e si documentano che cosa si intenda esattamente per “perturbatori endocrini” – e dove siano presenti – le risposte sono generiche e imprecise. Il fatto è che in Italia (e non solo) non esiste una capillare divulgazione scientifica su temi importanti che ci toccano da vicino. Anche io non ne sapevo gran che, fino a un anno fa circa, quando lessi su Le Monde un pezzo che mi colpì per due aspetti: l’onnipresenza nella nostra vita quotidiana di sostanze la cui nocività combinata è ormai certa al 99% e la noncuranza con la quale i poteri pubblici continuano a minimizzarne i rischi per la salute umana, animale e vegetale [2].

Dopo la sconfitta cocente della lunga battaglia per il bando del glifosato in Europa [3] – nonostante il Parlamento Europeo avesse votato per l’eliminazione immediata del pesticida nei prodotti per uso domestico e il bando totale nel 2022, la Commissione ne ha prolungato l’utilizzo all’interno della UE per altri 5 anni – è sempre più chiaro che gli interessi del dio mercato globale dettano le politiche delle istituzioni nazionali e internazionali che dovrebbero tutelare invece i cittadini.

Allora cosa sono esattamente i perturbatori endocrini, anche definiti POP (Persistent Organic Pollutants) [4]?

I perturbatori endocrini sono sostanze o una mescolanza di sostanze esogene, cioè estranee all’organismo vivente, che alterano le funzioni del sistema ormonale e inducono degli affetti nocivi sulla salute dell’organismo stesso, dei suoi discendenti o sotto-popolazioni” [5].

Una volta letto ciò, non se ne sa molto di più. Allora approfondiamo.

Sono POP i pesticidi, fra cui l’ormai famoso glifosato; il DDT – usato per tanti anni prima della sua messa al bando in gran parte del mondo; [6] i plastificanti (come gli ftalati e il BPA cioè bisfenolo A), sostanze ignifughe contenenti bromo; i PCB’s (policlorobifenili, anch’essi usati come ignifughi); il BHA (butilidrossianisolo, usato come additivo alimentare e targato E320 ma anche nei cosmetici); i parabeni ovvero una classe di composti organici aromatici usati nell’industria cosmetica, farmaceutica e talvolta alimentare; le diossine (PCDD e PCDF) prodotte dalla combustione di rifiuti e soprattutto del PVC (cloruro di vinile, onnipresente in prodotti rigidi in plastica) ecc.

Impossibile elencare anche solo i più frequentemente utilizzati dall’industria chimica a partire dal primo ‘900, per quanti ce ne sono.  “I perturbatori endocrini chimici conosciuti non costituiscono che la punta dell’iceberg” si legge in un comunicato dell’OMS – l’Organizzazione mondiale della sanità – del 2013 [7]. E sono presenti ovunque: le illustrazioni poste sotto il titolo e nel corpo di questo testo sono eloquenti

Si possono controllare gli ingredienti dei cibi che si comprano per evitare gli additivi; si possono eliminare le pentole antiaderenti che contengono PFOA, cioè acido perfluoroottanoico o nickel; si possono gettare nella pattumiera i cosmetici contenenti parabeni; ma come evitare di usare un asciugatore per capelli d’inverno? O come lavare – specie se si hanno allergie – piatti e stoviglie senza guanti protettivi e dove trovare sempre detersivi certificati bio in certi paesini o quartieri? Come controllare lo shampoo della parrucchiera? E che dire di tutti i giocattoli di plastica che abbiamo comperato e regalato a figli e figli di amici? O magari la moquette della sala comperata dieci anni fa dove ci sdraiamo per leggere? E il ruscellamento dai campi irrorati di pesticidi? Ci saranno residui di insetticidi nelle buone pietanze e verdure del nostro ristorante preferito? Inaliamo furano (ossido di divinilene) riempiendoci le narici dell’aroma di caffè bollente ogni mattina. Eccetera. Per cui l’unica difesa almeno per ora è minimizzare le dosi [8].

Però attenzione!

Per i perturbatori endocrini non vale il detto “la dose fa il veleno”, in quanto pur essendo presenti in dosi minime in ciò che ingeriamo, manipoliamo o respiriamo, possono egualmente provocare danni irreversibili alla salute, tanto più che vige l’effetto cocktail, in quanto subiamo contemporaneamente e/o successivamente l’assalto di più sostanze chimiche e tale effetto è cumulativo, si assomma ai precedenti. Contano la durata dell’esposizione, il fatto che deboli dosi siano generalmente più nocive di dosi elevate (testuale) e infine il già citato effetto cocktail. [9]

Quali sono i danni? Multiformi e persino di tipo epigenetico e cioè, attraverso il latte materno o in utero, durante la gestazione, trasmissibili alla prole in quanto queste sostanze possono modificare l’espressione dei geni.

L’articolo sopra citato delle studiose dell’Università di Montreal si diffonde sull’aumento delle malattie metaboliche, in particolare su due affezioni: la vera e propria epidemia di obesità, che non è solo una conseguenza della sedentarietà e della cattiva alimentazione, e il diabete, anch’esso in aumento negli ultimi decenni sia nei Paesi di prima industrializzazione che in molti “emergenti” quali India, Cina e del Sudamerica. 

(I perturbatori endocrini), legandosi subdolamente ai recettori della membrana e del nucleo delle cellule normalmente occupati dagli ormoni naturali, mimano o turbano l’azione di certi ormoni su organi quali il tessuto adiposo, il fegato, il pancreas e la muscolatura dello scheletro. L’ipotesi formulata sin dagli anni 1990 è che i perturbatori endocrini, interferendo nell’equilibrio glucido-lipidico, parteciperebbero per questo in un lasso di tempo più o meno lungo allo sviluppo dell’obesità e della resistenza all’insulina che segnala il diabete”. [10]

I perturbatori endocrini possono avere effetti nocivi sull’apparato riproduttivo femminile (endometriosi) e maschile (qualità dello sperma, criptorchidismo) anche se il meccanismo non è chiaro e i dati – raccolti in tempi e luoghi diversi con metodologie non uniformi – non permettono di stabilire con assoluta certezza un rapporto di causa/effetto; così concludono spesso gli studi epidemiologici. Si sottolinea tuttavia che l’esposizione – soprattutto prenatale o nei primi anni di vita e durante lo sviluppo – a certi POP, in particolare i policlorobifenili, può provocare alterazioni di tipo neurologico e del sistema immunitario, alterazioni nel funzionamento della tiroide, e si sospetta l’impatto di queste sostanze come co-fattore nell’aumento dell’incidenza nei Paesi industrializzati del cancro al seno, della prostata e dei testicoli. Inoltre esistono studi epidemiologici che associano con certezza un cattivo funzionamento della tiroide della madre a una riduzione delle capacità cognitive della prole misurata più tardi nella vita.[11]. 

E ancora: “Nel 1975, secondo cifre ufficiali, un bambino su 5000 era interessato da disturbi di tipo autistico. Questa cifra è passata a un bambino su 2500 dieci anni dopo e nel 2001 il rapporto era di 1 a 250. Non ha cessato di aumentare e ora siamo a un bambino su 68…Uno studio prospettivo condotto in California tra il 1977 e il 2008 ha per esempio mostrato che la probabilità di avere un figlio autistico aumentava man mano che il luogo di residenza delle donne incinte era vicino a un campo trattato con clorpirifos etile, un insetticida organofosforico che interferisce con il sistema tiroideo. Oggi non è più possibile ignorare gli effetti dell’ambiente su queste affezioni”. [12]

Le difficoltà di valutare il peso di tutte le variabili in gioco e di uniformare le metodologie negli studi epidemiologici condotti in svariati Paesi fanno sì che in simposi e workshops internazionali gli organi preposti alla regolamentazione e al bando (per quanto possibile) dei POP non decidano e si facciano scudo del margine di incertezza per nicchiare e procrastinare ogni decisione che possa danneggiare enormi interessi industriali (la vicenda glifosato lo dimostra).  Così la Commissione Europea ha soltanto ora (13 dicembre 2017) approvato una definizione dei criteri per identificare i perturbatori endocrini, dopo che una definizione edulcorata perorata dagli industriali (pensiamo a Bayer e BASF) era stata respinta dal Parlamento europeo il 4 ottobre scorso. Ma… d’ora in avanti, per essere identificato come perturbatore endocrino, un pesticida dovrà soddisfare tre condizioni [1]:

·         Dovrà produrre effetti negativi

·         Dovrà agire in modo da alterare le funzioni del sistema ormonale

·         Si dovrà essere in grado di dimostrare che l’effetto negativo ha un rapporto causale diretto con l’azione del pesticida.

L’onere della prova ricade così sulle potenziali vittime, i loro avvocati ed esperti di parte in un eventuale contenzioso legale, mentre viene violato e irriso il principio di precauzione. Ne consegue che l’unica arma in mano ai cittadini – consumatori volenti o nolenti di veleni propinati surrettiziamente nella sfera domestica, nel lavoro, nelle campagne, nei viaggi e negli svaghi – resta una controinformazione accurata, l’auto-organizzazione e la speranza di riuscire a serrare i ranghi e lottare con successo per il diritto a un ambiente sano, un’aria respirabile, un’acqua pura per sé e le generazioni future.


[1] http://www.lemonde.fr/planete/article/2017/12/13/la-definition-des-perturbateurs-endocriniens-adoptee-a-bruxelles_5229234_3244.html#piDP0ecvJxDLHLt8.99


[1] Perturbateurs endocriniens et polluants organiques persistants: inquiétante érosion de la santé, de la fertilité et des capacités intellectuelles (Louise Vandelac, Marie-Hélène Bacon), in Ruptures, revue transdisciplinaire en santé, vol.6, n.2, 1999, pp237-267, Université de Montreal, Québec.

[2] « Perturbateurs endocriniens : la fabrique d’un mensonge » Le Monde, 29/11/2016.

[3] http://www.repubblica.it/ambiente/2017/11/27/news/glifosato_ok_stati_membri_a_rinnovo_per_5_anni-182314024/

[4] http://www.iss.it/womenbiopop/?lang=1&id=466&tipo=2

[5] https://www.universalis.fr/encyclopedie/perturbateurs-endocriniens/1-definition-des-perturbateurs-endocriniens/

[6] Il DDT (dicloro-difenil-tricloroetano) viene ancora oggi usato in India, Corea del Nord e Cina; e 4000 tonnellate ne sono prodotte per il controllo di insetti vettori di malattie come le zanzare (https://www.worldatlas.com/articles/is-ddt-still-being-used.html).

[7] http://www.who.int/mediacentre/news/releases/2013/hormone_disrupting_20130219/fr/

[8] http://www.edc-free-europe.org/edcs-and-me/how-to-avoid-edcs/

[10] «Perturbateurs endocriniens et maladies métaboliques: un défi majeur en santé publique», op. cit.

[11] https://www.arte.tv/fr/videos/069096-000-A/demain-tous-cretins/

[12] http://www.lemonde.fr/sciences/article/2017/11/06/barbara-demeneix-il-n-est-plus-possible-de-nier-l-effet-de-l-environnement-sur-le-cerveau_5210963_1650684.html

[13] http://www.lemonde.fr/planete/article/2017/12/13/la-definition-des-perturbateurs-endocriniens-adoptee-a-bruxelles_5229234_3244.html#piDP0ecvJxDLHLt8.99

(*) ripreso da http://croceorsa.blogspot.it/2017/12/insidie-ubique-i-perturbatori-endocrini.html

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