Intervista a Alessandra Daniele 2 (con racconto)

di Mauro Antonio Miglieruolo

Seconda Parte

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(segue da ieri 9 maggio 2017, 0re 9)

Adesso mi si conceda il privilegio di scrivere due righe su due delle tre foto che sono riuscito a mettere insieme per illustrare l’intervista. Scusate, la parte che più mi è piaciuta scrivere.

 Due foto di Alessandra Daniele. Le si potrebbe attribuire a due persone diverse, ma non perché i lineamenti sono diversi. Perché differisce notevolmente ciò che le foto suggeriscono. Due diversi aspetti della medesima persona.

A – Nella prima guarda lontano e verso l’alto, quasi a voler andare di là dal fotografo e spendere il sorriso e la gioia interna che quel sorriso ha ispirato a favore di tutto il mondo (foto inclusa nella prima parte dell’intervista).

B: Cordialità, mitezza e simpatia
in un solo nome: Alessandra

B – Nella seconda guarda direttamente chi la guarda, senza timore, fiduciosa, ma quasi rattenuta, quasi timorosa che la risposta non sappia essere all’altezza, a rispondere a tanta sincera dichiarazione di mitezza, con il giusto riconoscimento (foto d’inizio).

Nella prima è amica, nella seconda sorella. Invertendo però le parole, la persona non cambia. Rimane sempre quella che è: sorella, amica. Resta la stessa fiduciosa rattenuta timorosa che guarda alla lontananza del mondo e a favore del mondo.

La terza è stata rubacchiata sul web, quindi mi autopunisco omettendo di commentarla. La troverete sull’ultima parte.

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 Dopo la parentesi sulla persona, ovvero sulle immagini della persona utilizzate per arrivare alla persona, riprendiamo l’intervista:

Anzitutto, so che è imbarazzante, ma è la domanda più importante. Sei consapevole della responsabilità che ti pone la dovizia di talento che manifesti nei tuoi scritti, nei confronti dei lettori e prima ancora verso te stessa? Non sarà facile salire al livello ch’io credo tu possa raggiungere, facile non lo è per nessuno. Ma tu hai nelle mani un rasoio che può anche essere bisturi. Perciò ti chiedo (anche): vivi le tue comprovate facoltà con preoccupazione, presunzione o mediante la sola consapevolezza? Considerata la domanda mi dichiaro io per primo. Personalmente la lotta con l’orgoglio e la soddisfazione per quanto già dato mi capita di non riuscire a contenerla. Eliminarla del tutto no, forse non è neanche opportuno. Tu cosa ne pensi?

 Mi sopravvaluti. Benché cerchi sempre di migliorare la qualità di quello che scrivo, la mia prima responsabilità è non peggiorarla. Se davvero ho un rasoio in mano, a non usarlo come una zappa. Il talento, come tutto nella vita, richiede elaborazione e manutenzione. È così che lo vivo.

 Ti va di indicare tra i tuoi innumerevoli pezzi quale consideri il migliore o i migliori? Quali insomma continuano a darti soddisfazione e perché?

 Non so se siano effettivamente i migliori, ma ho un debole per i miei pezzi più surreali, tipo Disarticolo 18, Con ogni mezzo necessario, e La Festa dei Laboratori.

 Decidi di leggere un tuo racconto dopo tanto tempo che è stato pubblicato. Cosa ti ispira? Esemplifico: la voglia di scriverne altri, la voglia di migliorarsi o il semplice piacere della lettura?

 In generale la voglia di scriverne altri, possibilmente migliori.

 Ritieni vi sia connessione stilistica tra te e Charles Bukovsky? Il, per me, grande scrittore USA.

Credo che questo genere di cose debbano giudicarle i lettori.

 (Nota di un lettore, non a caso intervistatore: Alessandra Daniele, GROSSO MODO, percorre il medesimo itinerario. Con il vantaggio di avere fondamenta più solide e di spargere speranza e non disperazione. Potenzialmente può realizzare molto di più).

 Ma poi ti è mai capitato tra le mani un libro di Bukovsky? E se sì, vedi umanità in lui o solo disperazione e rinuncia?

 Da parte mia direi che umanità e disperazione non siano affatto in contraddizione, anzi.

Scrivi anche racconti più lunghi delle tue (definiamole dunque, perché no?) eccezionali, godibilissime “pietre taglienti”? Hai mai pensato al romanzo? O lo ha già pronto in un cassetto?

 No. Quella breve è la forma letteraria che ritengo più congeniale a quello che ho da dire, e a come voglio dirlo.

 Cosa fai per vivere? Lavori per poter scrivere o sono le scritture a darti da vivere (questo è anche un augurio).

 Come moltissimi, non ho un mai avuto un lavoro fisso. Non vivo di quello che scrivo, in Italia sarebbe impossibile.

 La Sicilia, entità unica al mondo. C’è più storia in Sicilia che in ogni altra parte d’Italia e pertanto più di ogni altra parte del mondo. Cantastorie, professione che aveva cittadinanza fino a poco fa nell’isola… È ancora vero? Ne esistono di veri, autentici? E poi: in Sicilia ci sono ancora storie? Storie belle o brutte da raccontare, storie vere, storie in accordo con il tuo sentire? Che possono ispirarti?

 La Sicilia è piena di storie da raccontare, presenti, passate, e future. Mi piacerebbe scrivere un racconto post-apocalittico ambientato a Palermo.

(Te ne prego, fallo.)

 La grande storia del Secolo Lungo, il Novecento. Ne siamo parte. Ognuno dalla propria parte. La tua qual è? (di là dagli schieramenti politici. La mia è di coloro che soffrono; di coloro che lavorano, di coloro aperti agli altri. Di coloro che dopo aver fatto per sé si prodigano affinché gli altri abbiano)

La mia?  Lavoratori e sognatori. Si può. Si deve.

 Mondializzazione e mercato hanno ucciso i diritti dei lavoratori. Ucciderà anche la capacità espressiva dei narratori?

Ci prova, ma non ci riuscirà.

***

E ora un primo esempio della capacità di Alessandra Daniele di riassumere l’esistente e di rappresentarlo, utilizzando il filtro dell’inventiva, nel reale grottesco da cui è dominato. Noi non viviamo più il reale, ma in una caricatura permanente chiamata reale. Viviamo da guitti, non da uomini.

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Fine delle Trasmissioni

di Alessandra Daniele

Pubblicato il 12 marzo 2017 · in Schegge taglienti

*

La conduttrice s’aggiusta il microfono. Poi si rivolge al suo ospite.

– La vostra maggioranza sta fronteggiando attacchi interni ed esterni. Siete stati accusati di lavorare solo per banchieri, petrolieri e faccendieri.

– Questa è una calunnia che respingo nettamente. Io non ho lavorato un giorno in tutta la mia vita.

– L’attuale governo ha ricevuto anche accuse di scarsa competenza. La ministra dell’Istruzione non è laureata, il ministro degli Esteri non sa le lingue…  nel suo caso come smentire questi addebiti, in particolare riguardo al controverso caso dei voucher?

L’ospite risponde deciso.

– Siamo molto fieri d’aver finalmente riconosciuto i diritti delle coppie voucher.

La conduttrice fa segno alla regia d’interrompere la registrazione.

– Scusi, ma lei sa cosa sono i voucher?

L’ospite annuisce.

– Certo. Io ho molti amici voucher.

– Guardi che i voucher sono coupon.

– No, questo è un termine offensivo…

– Cedole. Buoni-lavoro – scandisce la conduttrice. Poi fa segno alla regia di riprendere a registrare.

– Come pensate di contenere l’eccessiva proliferazione dei voucher?

L’ospite assume un’espressione accigliata.

– È stato un evento imprevedibile. Il DNA dei voucher ha subito una mutazione a livello cedulare che ne ha provocato la riproduzione incontrollata, rendendoli trasmissibili per via aerea. Ma il vaccino sarà presto disponibile…

La conduttrice gesticola in direzione della regia. Poi fissa il suo ospite.

– Nella mia carriera ho intervistato molti cazzari. Ma voi siete davvero unici.

– Grazie!

– Come farete a governare per un altro anno?

– Ma noi non dobbiamo governare l’Italia, dobbiamo gestirla. Non siamo mica un governo.

– E cosa siete allora?

– Un monoscopio. In bianco e nero. Con la nota fissa. Siamo qui a tenere il posto finché non riprendono le trasmissioni.

– Quali trasmissioni?

L’ospite esita. Lo sguardo vacuo perso nel vuoto.

– Non lo so. Abbiamo perso il segnale. Ma prima o poi qualcosa arriverà.

(la terza parte venerdì 12 ore 9)

Alessandra Daniele su Carmilla tiene una sua rubrica intitolata “Schegge taglienti”, il cui link è: https://www.carmillaonline.com/categorie/schegge_taglienti/

Miglieruolo
Mauro Antonio Miglieruolo (o anche Migliaruolo), nato a Grotteria (Reggio Calabria) il 10 aprile 1942 (in verità il 6), in un paese morente del tutto simile a un reperto abitativo extraterrestre abbandonato dai suoi abitanti. Scrivo fantascienza anche per ritornarvi. Nostalgia di un mondo che non è più? Forse. Forse tutta la fantascienza nasce dalla sofferenza per tale nostalgia. A meno che non si tratti di timore. Timore di perdere aderenza con un mondo che sembra svanire e che a breve potrebbe non essere più.

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