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La Bottega del Barbieri

Intervista a Nawal Al-Saadawi

di Karim Metref

Il  21 marzo 2021 è venuta a mancare l’intellettuale, psichiatra, scrittrice e militante egiziana Nawal Al-Saadawi. Una donna che ha avuto un percorso segnato oltre che dalla sua intelligenza, anche dalla sua forza e dal suo coraggio incredibili.

Non ha mai indietreggiato di fronte ai divieti, alle minacce e ai tabù. Non è mai scesa a compromessi. Ha sempre sputato le sue opinioni e i suoi modi di vedere in faccia all’ipocrisia ambiente.

I pericoli li ha messi in conto e ha deciso di conviverci.  «Il pericolo è diventato parte della mia vita da quando ho preso la penna e cominciato a scrivere. Non c’è più pericoloso della verità, in un mondo pieno di menzogne.» (1)

Nel 2009, era venuta a Torino, al Salone Internazionale del Libro, per presentare il suo racconto L’amore ai tempi del petrolio (Il Sirente, 2009): della sua visita a Torino e dell’incontro al Centro Italo arabo con alcuni torinesi provenienti dai Paesi di lingua araba, avevo raccontato all’epoca in un articolo pubblicato su InternazionaleL’altra faccia del mondo “musulmano” a Torino

In quella occasione su richiesta della rivista Carta (cantieri sociali) e della casa editrice Il Sirente, riuscii a fare un chiacchierata con Nawal Al-Saadawi. Un momento rimasto ancorato nei mei ricordi. Insieme alla forza delle sue parole, mi colpi il fuoco che usciva dai suoi occhi. Una vera forza della natura.
Qui sotto l’intervista in audio originale (con sottotitoli in italiano) e di seguito la trascrizione dell’intervista.

La prima domanda è come Le è venuta l’idea di questo libro e su questo tema?

É un Romanzo. Un romanzo è una carica di emozioni che lo scrittore sente il bisogno di esprimere.
Tu ad esempio scrivi racconti… Perché li scrivi? È perché hai un carico di emozioni e sentimenti da esprimere.  Così io ho espresso questa carica di emozioni sul tema del petrolio. La relazione tra il petrolio e la povertà e la guerra.

Nel racconto la parola petrolio è utilizzata tantissimo. Cosa simboleggia?

Il petrolio è il petrolio. Non è un simbolo. Il racconto parla della potenza del petrolio di come domina i paesi e riduce in schiavitù.
Assomiglia molto al caso della società saudita. Come un paese così è dominato dagli stranieri. Le donne e gli uomini lavorano per gli stranieri e combattono le cause degli stranieri. Come il paese è colonizzata a causa del petrolio.
Così in questo paese descritto nel libro. Uomini e donne poveri sono sfruttati in modo vergognoso. E il re di questo paese è completamente assoggettato agli stranieri. Soltanto che è raccontato in modo un po’ caricaturale.

Non è soltanto caricaturale. Sembra anche un incubo. Una visione schizofrenica?

É un incubo. Esatto. Una società alienata, colonizzata. Una società sottomessa a due colonialismi: quello esterno degli stranieri e quello interno del re e del suo regime. Le donne loro sono sotto il colonialismo degli uomini.
Sono delle classi sovrapposte. C’è una gerarchia. Gli stranieri dominano la classe dirigente, il re e il suo governo dominano il popolo, e che danno il petrolio agli stranieri. Poi ci sono  i maschi, questi dominano le loro donne.
In basso a questa scala ci stanno le donne. Quella che porta i secchi di petrolio sulla testa.
Il racconto mostra questa gerarchia. La dominazione Comincia dall’alto, gli stranieri, poi c’è il Re e le classi abbienti del paese, poi c’è la classe lavoratrice. Poi ci sono le donne, le donne povere che portano le taniche di petrolio sulla testa. Questa catena sociale, politica e anche culturale ci mostra l’impostura che vive il paese. E mostra anche come la donna è sulla scala più bassa, in fondo alla gerarchia di classe.  Lei prova a scappare da questa trappola ma non riesce. Il marito la controlla, E tutta la società la controlla, ma questa dominazione degli uomini si vede soprattutto nel rapporto con il marito.  Tutto questo è chiaro nel racconto.

Questa donna che scava alla ricerca delle dee femmine, cosa rappresenta? è la donna araba?

Ah. Sì. C’è una similitudine nello scavare la terra. Loro scavano per il petrolio. Lei scava per trovare le dee. Questo racconta come nella storia la società è cambiata. Si è passato da società che rispettavano le donne e avevano delle divinità femminili, e come si è trasformato in una società patriarcale e maschilista e classista.
Nella storia è successo. Hanno anche cambiato le dee femmine in dei maschi. C’è anche un dio con un seno unico. Non hanno osato togliere tutti i due seni della divinità allora hanno fatto un dio maschio con un seno unico.  È la prova che prima era femmina poi l’hanno maschilizzato. La storia racconta questo in modo fantasioso.

Io ho letto la storia antica e ho una pièce teatrale sul tema della dea Iside.

Questa donna che scava alla ricerca delle dee, rappresenta la donna araba? 

No. Non è la donna araba. E’ la donna in tutto il mondo . Io insegno negli Stati Uniti e giro le università europee e vedo come la donna ovunque non è libera. Perché viviamo all’ombra di un sistema patriarcale, capitalista, razzista. E questo sistema patriarcale, razzista e classista domina il mondo: Gli Stati Uniti, l’Egitto, L’Arabia Saudita, l’Algeria… Tutto.

Questo sistema Patriarcale, classista e razzista si basa sulle religioni: cristiana, ebraica, musulmana… etc. Perché la religione è il cemento armato che da la forza a questo sistema. Le religioni danno la forza della sacralità a questo sistema.

Quindi questa storia non parla della società araba soltanto. perché quella oppressione di cui parlo può esserci in ogni paese. Quindi tutti i paesi in qualche modo sono colonizzati.  Ecco perché non ho usato nomi di nazioni. Ad esempio ho citato gli stranieri, i colonizzatori, ma questi possono essere di qualsiasi nazionalità: Inglesi, Francesi o altro… Perché il colonialismo è ovunque: Asia, Africa… Ma anche l’Europa è colonizzata.

Come un impero globale, quindi. Grazie. 

Grazie molte.

Torino (maggio 2009)

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  1. “Danger has been a part of my life ever since I picked up a pen and wrote. Nothing is more perilous than truth in a world that lies. Nothing is more perilous than knowledge in a world that has considered knowledge a sin since Adam and Eve … There is nothing in the world that can strip my writing from me.”. Citato nella rivista indiana The Hindu, edizione del 3/06/2001. “Egypt’s face of courage” di Shalmana Kalpa. https://web.archive.org/web/20200317001353/https://web.archive.org/web/20041030002518/http://www.hinduonnet.com/2001/06/03/stories/13030786.htm
Attenzione (se usate i TAG per cercare altri articoli, qui o in rete): in italiano il nome viene trascritto come Nawal Al-Sa’adawi ma anche  in altri modi – a volte un po’ fantasiosi – come Nawal Al Sadaawi o Nawal El Saadawi.
Karim Metref
Sono nato sul fianco nord della catena del Giurgiura, nel nord dell’Algeria.

30 anni di vita spesi a cercare di affermare una identità culturale (quella della maggioranza minorizzata dei berberi in Nord Africa) mi ha portato a non capire più chi sono. E mi va benissimo.

A 30 anni ho mollato le mie montagne per sbarcare a Rapallo in Liguria. Passare dalla montagna al mare fu un grande spaesamento. Attraversare il mediterraneo da sud verso nord invece no.

Lavoro (quando ci riesco), passeggio tanto, leggo tanto, cerco di scrivere. Mi impiccio di tutto. Sopra tutto di ciò che non mi riguarda e/o che non capisco bene.

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