Intorno all’Agenda Onu 2030…

per lo sviluppo sostenibile (*)

Quattro percorsi didattici suggeriti da Laura Tussi (**) con una noticina perplessa di db

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1 – Intercultura

L’interculturalità permette di tessere ponti tra le varie identità, dove l’incontro e il riconoscimento dell’altro conducano alla creazione di una collettività identitaria del nostro vissuto quotidiano, ricevendo gli apporti culturali dell’altro, in modalità positive, offrendo contemporaneamente le nostre ricchezze, nella solidarietà, nella tolleranza e nel confronto che valorizzi le alterità.

L’apporto interculturale si esprime con il rispetto nei confronti dell’altro, non necessariamente lo straniero, ma anche il portatore di handicap, il compagno di classe rumoroso che disturba, l’alunno che non capisce le lezioni, colui che non condivide o contrasta le idee altrui. L’insegnante si incammina così verso la realizzazione di una pedagogia dell’interazione e non solo dell’integrazione, poiché la valorizzazione delle culture, delle identità, delle differenze altre equivale ad una pratica educativa che conduce oltre l’espressione di una solidarietà verso il più debole, in quanto, suscitando interazioni e il riconoscimento dei diritti del diverso, il formatore educa alla convivenza e alla democrazia culturale.

La pedagogia si occupa di organizzare le condizioni più favorevoli all’integrazione e all’interazione fra mondi di diversa origine e tradizione etnica, preoccupandosi di facilitare la conoscenza reciproca, la disponibilità all’incontro e allo scambio, ma anche il cambiamento vicendevole di chi ospita e di chi è ospitato. La didattica dell’educazione all’interazione delle culture e allo sviluppo sostenibile conduce l’interessato a coltivare valori che condizionano realmente l’espletamento concreto del concetto di pace e, di conseguenza, dei diritti umani, delle pari opportunità, della tutela dell’ambiente, della solidarietà internazionale, dell’importanza del ricordo e della memoria storica, in un’ottica pluralista dei contenuti e dei concetti culturali e valoriali.

La didattica dell’educazione allo sviluppo sostenibile e all’interazione deve fornire agli alunni una cultura del vivere e costruire insieme un altro mondo, evidenziando e formulando i problemi dell’attualità, ponendosi in situazioni problematiche, incentivando la ricerca, lo studio, il sorgere di questioni aperte tra generazioni. L’obiettivo di tale procedimento deve sfociare in una sensibilizzazione dei giovani ai concetti di solidarietà, tolleranza, diversità e uguaglianza culturale, nell’importanza di predisporre le menti a una costruzione del sapere critica e aperta al confronto, al cambiamento vicendevole e reciproco, al rispetto e alla valorizzazione delle differenze.

Ogni disciplina scolastica si deve fondare sull’insegnamento delle diversità concepite come propulsione al rispetto dell’ambiente del nostro pianeta, alla tutela ecologica, alla rievocazione della memoria storica dei diritti umani e delle pari opportunità, in una rivisitazione intergenerazionale dell’importanza di questi concetti valoriali, dove la storia si ponga come processo conoscitivo dialettico tra il passato e il futuro e tra le vecchie e giovani generazioni.

La costruzione dei programmi di ogni disciplina scolastica “deve permettere alla scuola di rinnovarsi, integrando continuamente le grandi risoluzioni tratte dalle conferenze internazionali organizzate dalle Nazioni Unite e rendere ogni disciplina scolastica il luogo ideale dove coltivare la solidarietà tra generazioni” [NOTA 1]. L’educazione interculturale, tramite l’intera comunità educativa, deve orientare allo sviluppo sostenibile per creare negli alunni una coscienza di pace e di solidarietà internazionale, per la costruzione di un avvenire migliore, di un mondo globale di civiltà aperte e interagenti, di differenze diasporiche e diversità pensanti, in prospettive teoriche globali, cosmopolite ed internazionali.

Intercultura, pace, ambiente e sviluppo sono profondamente connessi, perché l’educazione tra le culture pone in evidenza l’intreccio dei grandi problemi del mondo, facendo comprendere i legami tra il vicino e il lontano, il qui ed ora, il presente e il passato.

[NOTA 1] Elamé E., Intercultura, ambiente, sviluppo sostenibile, EMI Bologna 2002

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2 – Riflessioni interculturali

Il genere umano possiede risorse creative inesauribili nella possibilità di una nuova creazione di cittadinanza planetaria e globale, attraverso l’educazione della trasmissione del passato, nel recupero della memoria storica e, al contempo, apertura della mente per accogliere il nuovo, il cambiamento, al centro della innovativa missione di una progressiva progettualità interculturale, secondo gli obiettivi dell’Agenda 2030 emanata dall’ONU.

Nessun popolo può arrogarsi il diritto di una priorità cronologica e superiorità qualitativa, perché ogni civiltà si costituisce su un terreno interculturale, ossia come la risultante di interazioni transculturali, in quanto ogni cultura si è sempre formata grazie alla complessiva intermediazione con altri saperi, valori, idee e culture diversi e differenti da sè. Ogni specifica cultura non è univoca ed unica, ma plurale, prodotta da una molteplicità dinamica di differenziazioni, scambi, ibridazioni, commistioni, contaminazioni e innesti. L’approccio interculturale si propone come dialogo, ossia come semplice confronto tra opinioni definite e consolidate, dove gli interlocutori sono disposti a mettere in discussione tutti i loro presupposti, gli impliciti preconcetti e persino se stessi.

La globalizzazione, realizzando un unico orizzonte per una molteplicità di realtà locali, potrebbe apparire come la migliore occasione per intendere la cultura a livello interculturale. Al contrario, le tendenze che caratterizzano la globalizzazione conducono all’azzeramento ed all’omologazione delle differenze e quindi all’eliminazione della molteplicità che determina lo sviluppo di ogni singola cultura. La globalizzazione dei mercati rischia di esasperare l’incidenza del fenomeno migratorio, se non si attua un miglioramento generalizzato della condizione dei lavoratori dei paesi del sud del mondo, costretti comunque ad emigrare alla ricerca di condizioni di vita migliori. L’aumento del divario tra i paesi del nord e del sud del mondo e le nuove condizioni di instabilità e di tensione tra i popoli hanno visto pesantemente compromessa la possibilità di scambio e di dialogo tra versioni culturali differenti, apparse irriducibilmente contrapposte per certi aspetti.

L’educazione alla pace interculturale rappresenta il riconoscimento del valore della pari dignità e opportunità delle diversità da promuovere, rispettare e valorizzare e per questo costringe a ripensare le molteplici e quotidiane manifestazioni di razzismo, intolleranza, incomprensione intersoggettiva tra individui, contro genti e minoranze, con persistenti azioni di discriminazione, con squilibri evidenti tra gruppi sociali, tra le culture ricche e articolate e le realtà del silenzio, depresse e dimenticate. Oltre il muro del pregiudizio, del limite della discriminazione, del confine intersoggettivo del razzismo occorre costruire un pensiero transculturale che transiti oltre le singole culture, con la sottoscrizione di intenti comuni e valori condivisi per poter pensare e realizzare un progetto di coesistenza pacifica in cui assicurare ai singoli, ai gruppi e ai popoli, i fondamentali diritti alla libertà, alla creatività, alla conoscenza, al rispetto delle proprie differenze di lingua, cultura e religione, per costruire un’autentica inter-trans-cultura, fondata su un grande investimento pedagogico che coinvolga le varie istituzioni educative nell’elaborazione di un progetto formativo finalizzato ad educare nella differenza, al dialogo e al confronto interculturale.

Un pensiero inter-trans-culturale è capace di contrastare l’uniformità, l’omologazione, il conformismo e la chiusura culturale, cause di massificazione, intolleranza e assenza di progettualità per il futuro [NOTA 2]. L’intercultura è un modo di essere del pensiero che si conquista a livello di conoscenza, di comprensione e di interpretazione dell’alterità, nella pratica del pensiero plurale, nella relazione creativa, al fine di apprendere e ragionare in forma esplorativa e transitiva, esaltando la propria componente critica e creativa che attiva la propria natura complessa e multiforme.

L’intercultura è un pensiero problematico capace di pensare la complessità e di muoversi dialetticamente e dialogicamente tra i molteplici piani esistenziali e culturali del reale, per educare metacognitivamente in maniera complessa, trasversale, transcognitiva, sviluppando una conoscenza della conoscenza e sapendo gestire i saperi e le informazioni del piano reale dell’esistenza, in modo da confutare, a livello pratico e dialettico, pregiudizi, dogmi e stereotipi, fonte di vari razzismi e discriminazioni.

[NOTA 2] Pinto Minerva F., Intercultura, Laterza 2002

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3 – I significati del dialogo e dell’interrelazione

L’altro, il diverso, coinvolgono l’intera realtà circostante, e il complessivo sistema scolastico e sociale, dove le differenze divengono nucleo di incertezza e di disagio interiore, emotivo ed emozionale.

L’istituzione scolastica è dunque chiamata a promuovere i valori del dialogo e dell’interrelazione tra varie identità e culture, nel rispetto dei diritti umani e dei valori della cittadinanza, nella promozione di azioni individuali e collettive che favoriscano ambienti e culture di pace e nonviolenza, influenzati vicendevolmente da un contesto sostenibile, per un futuro che si prospetti aperto al progresso costruttivo e al cambiamento, nel rispetto dei diritti imprescindibili della persona, nella valorizzazione delle differenze di genere e delle diversità collegate a caratteri intergenerazionali, per cui le generazioni si incontrino in un dialogo costruttivo sul passato storico, per progettare insieme un futuro aperto all’innovazione e al cambiamento, per un progresso che agevoli la qualità della vita in contesti ambientali e sociali a misura di persona.

Il sistema educativo e formativo deve incentivare forme di convivenza pacifica, in contesti formativi e sociali che favoriscano l’incontro e il confronto tra donne e uomini, e tra giovani, adulti e anziani, per trasmettere i valori della memoria storica e del passato, per evitare alla società civile di commettere di nuovo gli errori e gli orrori della storia, così da superare insieme difficoltà ed incomprensioni, pregiudizi ideologici e sentimenti negativi, razzisti e omofobici, per aprire invece ai valori della pace e della convivenza civile cosmopolita, internazionale e planetaria.

Un contesto educativo integrato deve favorire ambiti e spazi di socializzazione, di incontro e interscambio e aprire le città alle differenze, alle diversità, dove l’altro è sempre portatore di ricchezza, di nuove forme di cultura, nella varietà dei linguaggi, dei comportamenti, degli stili di vita, dei costumi.

La società deve sapere accogliere il concetto intrinseco di diversità. La diversità può essere di matrice psicologica, identitaria, soggettiva, intersoggettiva, culturale, etnica, di pensiero, di opinione, nell’implicito concetto di umanità, nelle differenze di genere, di transgenere, tra il maschile e il femminile, nella portata complessiva del significato che l’essere donna, uomo e diverso implica, in ambito planetario, nel macrocosmo e nel microcosmo intercomunitario, negli ambiti associativi di aggregazione e di incontro tra diversi, perché tutti siamo implicitamente tali.

L’ecumene planetaria prospetta divergenze e conflitti bellici tra le differenze, lotte per la libertà e la democrazia di popoli soggetti alla dittatura, al potere tirannico, dove i più deboli sono costretti in schiavitù.

Nel contesto attuale, il dio denaro impera in un capitalismo portato all’eccesso, che implode su se stesso, in un sistema economico improntato sul mito efficientistico del progresso sfrenato e del primato del successo, della notorietà e del potere autoritario, che subiscono un’implosione inevitabile, in quanto fondati sull’effimero dell’apparenza e sull’inconsistenza del superfluo.

Nei paesi industrializzati, la società presenta modelli di arrivismo esasperati nell’arroganza e nella protervia del potere economico, dell’effetto estetico, nel mito di un capitalismo autoreferenziale, arroccato sul nulla delle immagini, sulla vacuità di messaggi, relazioni virtuali e inani azioni di sopravvivenza all’angoscia ancestrale della vacuità, nel vuoto esistenziale.

L’istituzione scolastica è portatrice della responsabilità nell’educazione delle nuove generazioni, per un’apertura a prospettive di pace e di negazione di ogni violenza e conflitto armato nella società e nell’ecumene planetaria.

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4 – Un’Agenda per trasformare il mondo

Le grandi sfide della società contemporanea richiedono che gli individui possiedano una coscienza globale per affrontare le importanti questioni, i temi irrisolti dell’umanità, posti nei 17 obiettivi del documento, varato dal Vertice delle Nazioni Unite, l’Agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile. Questi obiettivi propongono, a una nuova generazione di donne e uomini, cittadine e cittadini, una innovativa e alternativa formazione con conoscenze, valori, capacità e atteggiamenti in grado di favorire un’appartenenza universale e cosmopolita a un mondo laico, aperto, relazionale, inclusivo, sostenibile. La cooperazione internazionale si pone la volontà di affrontare le grandi sfide dell’umanità, tra cui le migrazioni forzate, i conflitti, la povertà, i cambiamenti climatici, fenomeni causati dagli impliciti meccanismi disfunzionali dell’economia globale e dell’attuale conseguente modello di sviluppo predatorio e accumulatorio, causa di guerre e violenze nel mondo.

Da questi presupposti consapevoli, risulta necessario agire, soprattutto nell’istituzione Scuola, tramite l’Educazione alla Cittadinanza Globale per formare nuove generazioni capaci di conoscere, interpretare e agire consapevolmente in una società planetaria sempre più interdipendente, complessa, interconnessa, dove le scelte del singolo si ripercuotono a livello globale, planetario, universale e quindi è importante assumere consapevolezza e rafforzare la responsabilità sociale delle persone per orientare al bene comune, in prospettive di modelli di sviluppo, economico e sociale, sostenibile.

Gli ambiti di informazione dell’Educazione alla Cittadinanza Globale consistono nei grandi temi inerenti la democrazia, la pace, i diritti umani, la diversità, la giustizia sociale e economica, per cui il cittadino globale sviluppa una dimensione olistica di indagine, dal locale all’ universale, tramite la relazione, l’empatia, il decentramento dal proprio sé, per decolonizzare il modo di pensare individualistico, egoistico, privatistico: il pensiero unico. Il cittadino del mondo coglie la complessità, l’interdipendenza, pensando in modo critico, globale e universale, per progettare e agire, al fine di preservare il bene comune dalla privatizzazione mercificatoria, a favore, invece, della vita e dell’appartenenza a molteplici culture.

Attualmente praticare l’Educazione alla Cittadinanza Globale significa porre le basi per una società multiculturale e pacifica, in una prospettiva laica, aperta, relazionale e inclusiva, per orientare la persona e il cittadino a obiettivi prioritari come l’educazione alle diversità, al multiculturalismo, inteso non solo come interconnessione di diverse culture, ma soprattutto come percorso di esperienze di vita comuni in cui tutte le diversità si riconoscano. Il Vertice delle Nazioni Unite adotta l’Agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile, al fine di trasformare il nostro mondo, tramite interventi capillari di “Educazione alla Cittadinanza Globale”. Questa Agenda è un documento programmatico d’azione per i cittadini, per le persone, per il pianeta e persegue il rafforzamento della pace universale, tramite l’azione di 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile. Questi ultimi si basano sugli “Obiettivi di Sviluppo del Millennio” e mirano a realizzare pienamente i diritti umani di tutti e sono interconnessi, indivisibili e bilanciano le varie dimensioni economiche, sociali e ambientali.

Il centro dell’azione sono le persone. L’Assemblea Generale adotta il documento risultante dal Vertice delle Nazioni Unite per l’adozione dell’Agenda dello sviluppo. Il Vertice Onu si dichiara, nel documento, determinato a porre fine alla povertà e alla fame nel mondo, in tutte le forme e dimensioni e a assicurare che le persone possano realizzare le proprie potenzialità con uguaglianza e dignità, in un ambiente sano. Il pianeta deve essere protetto dalla degradazione attraverso un consumo e una produzione consapevoli, gestendo le risorse naturali in maniera equa, solidale, sostenibile, adottando misure urgenti in rapporto al cambiamento climatico, così che il pianeta sia in grado di soddisfare i bisogni delle generazioni presenti e future. Tutti gli esseri umani devono godere di esistenze soddisfacenti e prosperose, per cui il progresso economico, sociale e tecnologico deve svilupparsi in armonia con l’ecosistema, con la natura. Il Vertice Onu è inoltre determinato a promuovere società pacifiche, vive, inclusive, giuste, libere dalla paura e dalla violenza perché non può sussistere sviluppo sostenibile senza pace, in quanto fattori profondamente correlati, né possono esistere contesti e dinamiche pacifiche senza uno sviluppo equo, solidale, ossia sostenibile.

Una collaborazione globale di Educazione alla Cittadinanza Attiva per lo sviluppo sostenibile dovrà mobilitare i mezzi necessari per incrementare l’Agenda Onu i cui obiettivi sono prefissati entro il 2030. L’Agenda Onu 2030 si basa su un sentire e uno spirito di rafforzata solidarietà globale, planetaria, universale per concentrarsi in particolare sulle necessità dei più vulnerabili, degli emarginati, degli oppressi, dei poveri, tramite la partecipazione di tutti i Paesi, di tutte le parti in causa e di tutte le persone, realizzando così le legittime ambizioni dei popoli e dei singoli, per cui le vite di tutti verranno profondamente migliorate e finalizzate a una trasformazione universale delle società.

(*) L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU. Essa ingloba 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile, un grande programma d’azione per un totale di 169 target o traguardi. L’avvio ufficiale degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (qui la versione pdf e la presentazione in ppt) ha coinciso con l’inizio del 2016, guidando il mondo sulla strada da percorrere nell’arco dei prossimi 15 anni: i Paesi, infatti, si sono impegnati a raggiungerli entro il 2030 (leggi alcuni commenti al tema). Gli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile danno seguito ai risultati degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals) che li hanno preceduti, e rappresentano obiettivi comuni su un insieme di questioni importanti per lo sviluppo: la lotta alla povertà, l’eliminazione della fame e il contrasto al cambiamento climatico, per citarne solo alcuni. “Obiettivi comuni” significa che essi riguardano tutti i Paesi e tutti gli individui: nessuno ne è escluso, né deve essere lasciato indietro lungo il cammino necessario per portare il mondo sulla strada della sostenibilità.

Questi articoli di Laura Tussi nascono in questo contesto educativo e si inseriscono in un progetto di Educazione alla Cittadinanza Attiva e Globale all’Istituto Righi di Taranto. Il professor Alessandro Marescotti sta rilanciando questi studi ecodidattici sia in PeaceLink che attraverso Facebook.

 

UNA NOTA… IN PARTE PERPLESSA: un precedente testo di Laura Tussi, collegato a questo progetto, è già in “bottega”: cfr L’agenda Onu 2030 e le risorse nella scuola delle differenze. Come avevo accennato lì, mi pare che questo progetto sia carico di ottimismo esagerato rispetto alla situazione reale. Inoltre, come spesso accade alle Nazioni Unite, secondo me si ragiona rispetto alle urgenze su tempi troppo lunghi e su questioni di principio a volte vaghe anche perché non si chiamano i “nemici”con il loro nome. Resto poi perplesso vedendo come l’ambiguità di concetti come “sviluppo” e “innovazione” non venga messa in discussione: a me sembrano più un ostacolo che un aiuto, dunque metterli sullo stesso piano di lotta alla povertà, una giusta pace, l’impegno contro il cambiamento – cioè il disastro – climatico e per la vera intercultura mi pare che possa confondere le idee. Fa comunque piacere che nella disastrata scuola italiana ci sia chi prova ad affrontare i nodi reali: questa è sicuramente una gran notizia ma diciamola sottovoce che Renzi/Giannini non mandino subito a Taranto gli “ispettori” … della Mdonalds a sostenere la presunta “buona scuola” cioè tutto il contrario di quello che le Nazioni Unite auspicano. E su questo ovviamente la discussione è aperta anche in “bottega”. Come controcanto ai post ho scelto quattro immagini iroiche – sulle tanto decantate tecmologie – di Giuliano Spagnul. (db)

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Un commento

  • in effetti l’Onu con questa agenda è un tantino propagandistica…quando noi diciamo le stesse cose, siamo troppo di sinistra. Comunque personalmente cerco di utilizzare un linguaggio al positivo. Attira di più l’attenzione, annoia meno la gente e mette di buon umore.

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