Io e Domenico, di Venerdì mattina

di Pabuda

mentre arrivavo,

stamattina affrettandomi

per timbrare il cartellino

entro le sette e quaranta,

Domenico scappava via

in bicicletta,

con sulle spalle lo zainetto

e verde in testa

un grosso berretto

di lana.

smontava dal turno

pesante, quello

al buio notturno.

di preciso non saprei

dire

in che direzione

pedalasse.

penso verso un qualche

condominio in periferia:

dove, un tempo, si lavorava

in fabbrica e ora si va solo

per dormire, far compere,

portare a spasso il cane

e litigare coi vicini.

però ci potrei giurare:

appena arrivato a casa,

avrà svegliato morbido la moglie

ché non facesse tardi

per il turno mattutino suo.

spero abbia fatto anche in tempo

ad accompagnare la piccolina

bionda, sveglia, furba, peperina

all’asilo comunale,

che a lei andarci in bici piace da matti.

e poi dicono

che non esiste più il proletariato…

oltre tutto, prima di voltare l’angolo,

Domenico, alzando un braccio

e volgendo un poco la testa,

m’ha salutato.

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Pabuda
Pabuda è Paolo Buffoni Damiani quando scrive versi compulsivi o storie brevi, quando ritaglia colori e compone collage o quando legge le sue cose accompagnato dalla musica de Les Enfants du Voudou. Si è solo inventato un acronimo tanto per distinguersi dal suo sosia. Quello che “fa cose turpi”… per campare. Tutta la roba scritta o disegnata dal Pabuda tramite collage è, ovviamente, nel magazzino www.pabuda.net

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