Iperspazio

un racconto di Riana Rocchetta con cani, il Fato e consorte, gatti e la Grande Gnoma

Magritte-cercareTITOLO

Poi… quando tutti se ne furono andati…

Lo Gnomo rimase a gironzolare intorno al garage della Grande Gnoma. La porta era rimasta aperta, così lui era entrato e aveva rovistato qua e là; cercava uno spago lungo abbastanza da potersi calare nel tombino e recuperare la pallina di plastica che giaceva sul fondo.

“Questa storia proprio non la capisco. Come diavolo fa un pezzo di gomma a trasferire dei poteri da uno gnomo a un umano? Ad ogni modo questa me la porto via io.”

Andò a procurarsi l’attrezzatura, che consisteva in uno stuzzicadenti, infilzò la gomma e la estrasse dal tombino. Poi ritornò nel garage, la nascose dietro un mucchio di pentole vecchie e, prima di andarsene, ne staccò un pezzetto e se lo mise in tasca.

La Gatta lo guardava fisso, non muoveva un muscolo. Ogni tanto il fremito di un baffo indicava che era viva, molto viva, e gli teneva gli occhi puntati addosso, gialli, minacciosi.

All’inizio aveva cercato di afferrarlo, lei era molto veloce, ma lui di più.

Allora lo aveva ignorato, volutamente ignorato, tanto che alla fine, stanco, lo Gnomo le si era seduto di fronte e adesso si fissavano negli occhi .

Doveva farcela! Lui, che sapeva viaggiare sulle ali degli uccelli, si domandava perché non potesse cavalcare un gatto. E non voleva arrendersi: “Ora conterò fino a tre e tu ti addormenterai!”.

Subito cominciò a contare ma la testa gli ciondolava e non sapeva più chi stava ipnotizzando chi.

“Svegliati -disse la gatta- ma si può sapere che cavolo vuoi?”.

“Ma tu parli!”.

“Certo, stupido!”.

“E perché non hai detto niente fino ad ora?”.

“Che ti dovevo dire? Sei capitato qui non so da dove e ti comporti in modo strano; ti osservavo…”.

“Ah, sono solo di passaggio, poi ti spiego…Ma non sapevo che i gatti parlassero!”.

“Parlano, parlano. Eri tu che non li capivi, prima!”.

“Prima?”.

“Prima che io toccassi la Gomma Magica che ti porti in tasca…Quella pallina che mi hai tirato ieri.”

“La plastilina della Grande Gnoma?”.

“Boh! non so di cosa parli. Quel che so io è che la Gomma Magica è un brevetto delle fate: la usano per certi loro esperimenti.”

Lo Gnomo fece una smorfia. La Fata non gli aveva detto niente, addirittura sarebbe morta senza dirglielo…

“Begli amici- pensò- che ingrata!”.

“So anche -continuò la gatta con aria di sufficienza – che alcune di loro stanno cercando di sabotare la faccenda, perché pare che abbia degli effetti collaterali indesiderati.”

“Sono confuso…”.

“Beh, anche questo è un effetto collaterale, credo. E ora mi dici chi diavolo sei?”.

“ Sono uno gnomo.”

“Questo lo vedo e allora? Io mi chiamo Mew, tu ce l’hai un nome?”.

“Sì, ma non te lo posso dire. Se te lo dico, poi devo ucciderti!”.

“Bella battuta! Nuova, soprattutto!”.

“Tommaso, Tommy per gli amici. Sono uno gnomo…magico.”

“Ah! E che magie sai fare?”.

“Un pò di tutto….sai…”.

“Allora?”.

“Il fatto è che quando noi gnomi ci uniamo, abbiamo un potere grandissimo; ma ciascuno di noi, preso da solo, ha un unico proprio talento…”.

Incalzato dalle domande, cominciava a sentirsi in difficoltà.

“E quale è il tuo?”.

“Diciamo di tutto un po’…”.

“Sei patetico!”.

Lo sguardo di lei, lo metteva a disagio.

-Sentirsi giudicati da un gatto è il colmo- pensò.

Allora sparò lì: “Posso andare nell’iperspazio!”.

E già si era pentito di averlo detto: L’iperspazio è una favola da gnometti! Lo sapevano tutti.

Ma la gatta aveva socchiuso gli occhi e lo fissava; lo fissò per un istante eterno, poi girò la testa e mormorò fra sè e sè: “Interessante!”

“Guarda che l’Iperspazio è una favola , non so perché l’ho detto.”

“L’hai detto perchè era destino.”

Lo Gnomo si guardò intorno per vedere se il Fato fosse nei paraggi, ma non c’era nessuno oltre a loro due. E la Gatta riprese:

“Quando vivevo in strada, prima di sistemarmi qui, ho incontrato un gatto che c’era stato; aveva un microchip…”.

“Sii! Sarà stato il veterinario …”.

“Ti dico, lui si grattava dietro un orecchio e… puf,! Scompariva, per poi riapparire dopo un po’ da tutt’altra parte.”

“Tutti i gatti lo sanno fare.”

“Sì, ma alcuni vanno nell’iperspazio . Ne sono certa, l’ho visto scomparire con i miei occhi. Se anche voi gnomi conoscete la storia…. deve esserci qualcosa di vero!”.

La Gatta era pigra, indolente, schizzinosa, veramente antipatica.

Stava seduta sulla tavola e piano piano, con la zampina, spingeva l’elastico verso il bordo, finché… flop! Cadeva per terra. Lo Gnomo lo raccoglieva, lo infilava in un piede a mo’ di fionda e glielo tirava di nuovo sul tavolo, da dove lei, pigramente, lo ributtava giù. Gli aveva anche insegnato dove stavano riposti i croccantini, così, più volte al giorno, lui si arrampicava sul frigorifero , entrava nel sacchetto e gliene tirava giù qualcuno.

-Non c’è che dire -pensava- qui finisce che mi addomestica lei.

“ Ma che diavolo c’è nell’iperspazio?”.

La gatta si leccò i baffi: “Croccantini.”

“Croccantini ?!?”.

Non ci poteva credere.

“Croccantini che volano.”

“Tu vuoi andare nell’iperspazio perché ci sono I CROCCANTINI CHE VOLANO?”.

“Embè?”.

“Complimenti! Grandi aspirazioni!“ : sospirò ironico lui.

“Anche io potrò volare.”

“Ahhh, questa mi pare meglio.”

E avanti con queste conversazioni, a immaginare cose che nessuno dei due sapeva. In poco tempo l’iperspazio fu pieno di tutti i desideri che uno Gnomo quasi magico e una Gatta del tutto prepotente possono spingersi a desiderare.

Si svegliò di soprassalto. Mew lo fissava a un centimetro dal suo naso.

“Io vado- gli disse- tu che fai?”.

“Dove? Come?” chiese ancora intontito.

“La padrona di casa è andata fuori a portare l’ immondizia. Lascia sempre la porta socchiusa, tanto sa che non vado mai da nessuna parte … Su, è il momento di andare”.

“Ma dove?”.

“Nell’iperspazio!”. E svelta si avviò verso l’uscita.

“Ehi, aspetta, dove vai ? Quella è una favola, ne abbiamo già parlato”.

Ma già la gatta aveva oltrepassato la porta ed era risalita di un piano, nascondendosi agli occhi della padrona che rientrava.

“Ma che cavolo! Stavo pure facendo un bel sogno…E poi dicono che i gatti sono pigri!”

Scesero al galoppo le scale; attesero qualche minuto finché la porta fu aperta da qualcuno che entrava e, senza guardarsi indietro, sgattaiolarono in strada.

Tommy seguitava a brontolare, mentre Mew camminava spedita, sicura di sé.

“Ma dove diavolo stai andando?”.

“Noi, e sottolineo noi, stiamo andando a cercare quel gatto di cui ti ho parlato. Spero che bazzichi ancora nella stessa zona.”

Attraversarono diversi quartieri, prima eleganti poi sempre più popolari. La gatta alternava un’andatura sostenuta a corse vere e proprie, ogni volta che dovevano attraversare una strada o evitare qualche umano. Ma non c’era tanta gente in giro: faceva caldo. Mew si fermava ogni tanto a bere in qualche giardino dove erano rimaste pozze di acqua dall’innaffiatura mattutina…

Stava facendo buio, quando arrivarono a una piazzetta scalcinata. Ai piedi di un muro c’erano una ciotola di croccantini e una di acqua.

“Siamo arrivati giusto in tempo per la cena” disse la Gatta sgranocchiando. “La gattara è appena passata.”

Finito di mangiare, si guardò intorno. C’erano diversi gatti nelle vicinanze: chi si lavava dopo cena, chi stava spaparanzato a godersi la frescura della sera appena cominciata, chi già sonnecchiava, in anticipo sulla notte.

Mew iniziò a chiedere in giro: “Ehi, avete visto un gatto così e così, che bazzica la ciotola d’angolo?”.

“Sì sì, lo conosciamo; ma è un po’ che non si fa vedere.”

Tommy intanto si era seduto su una sporgenza del muretto e osservava incuriosito, quando, ad un tratto…

“Toh, guarda, Il Fato. Ma che ci fai qui? Dio, ma tu piangi sempre! Che diavolo ti è successo questa volta?”.

“La Fata mi ha lasciato”: singhiozzò il Fato fra una soffiata di naso e l’altra…

“Feroce, la ragazza!” pensò lo Gnomo.

“E dove è andata?” chiese con poca partecipazione, mentre pensava alla Gomma Magica, agli esperimenti e tutto il resto. ”Ma… non ti ha detto niente?”.

“Solo che ne aveva abbastanza di me, che penso sempre di sapere tutto e che aveva di meglio da fare. Adesso cosa faccio io senza di lei?… e giù a frignare.

“Intanto potresti fare il tuo lavoro…”.

“Ma tutto accade anche se io non faccio niente!”.

“Certo , ma questo è il Caso, mentre tu PUOI FARE ACCADERE LE COSE! Possibile che ancora debba ricordartelo io? A proposito… la vedi quella gatta grigia? Beh, non sto qui a raccontarti tutto, ma…. per farla breve, sono in viaggio con lei. Stiamo cercando la porta per l’iperspazio. Ne sai qualcosa?”.

“Hmm, sì; ma non so se te ne posso parlare.”

“Senti, mi devi un favore: se sai qualcosa parla, che magari, quando incontro la tua ex, ci metto una parola buona.”

Il Fato stava attraversando un momento di debolezza emotiva; tergiversò un poco, poi, soffiandosi per l’ennesima volta il naso: “Ci sono delle porte, ma non so come si aprono”, disse guardandosi la punta delle scarpe.

“Tu accompagnaci a una porta, poi vedremo.”

Chiamò la Gatta e le presentò l’amico.

“Piacere, Mew”, disse la gatta.

“Parla?”.

“Credo sia un effetto collaterale della Gomma Magica”.

La gatta li guardò con sufficienza, dall’alto in basso. Ma si concesse ad un accordo per partire il giorno dopo.

Così la mattina seguente Mew e Tommy, guidati dal Fato, si incamminarono risoluti, lasciandosi alle spalle la città.

Camminarono tutto il giorno e solo a pomeriggio inoltrato giunsero ad un rio attraversato da un ponticello.

“Ecco!” Disse il fato, indicando l’archetto del ponte.

“Ma non c’è niente!” replicarono Gatta e Gnomo all’unisono.

“C’è! Ma senza la chiave non si può vedere.”

“Fatemi pensare…” disse lo Gnomo. E pensando si frugava in tasca alla ricerca di una sigaretta. Quando per caso sfiorò la Gomma Magica, qualcosa vibrò nell’aria e la visione tremolante di una porta comparve sotto il ponte.

“Siiii!” esclamò. “Ce l’ho io! Vero! E’ vero: la vedo! La vedete anche voi?”. Saltellò tutto eccitato. “Ecco la chiave!” E al colmo dell’eccitazione tirò in aria la pallina.

“Bù!” fece il cagnetto afferrandola al volo e ingoiandola in un boccone.

“Noooo!!!” dissero in coro Gnomo e Gatta.

“Zia Carla? “ disse il cagnolino guardando la Gatta.

“Non sono tua zia.”

Il cane le scodinzolava attorno tutto contento: “zia Carla zia Carla, dov’eri?”.

“Non sono tua zia!”.

“Adesso che facciamo?”.

“Beh- disse il Fato- adesso aspettate che la digerisca…”

“Disgustoso!” disse la Gatta.

“Che schifo!” disse lo Gnomo.

“Che bello, giochiamo tutti con la mia cacca!” disse il cane,

“Fatemi pensare …ma tu, cane, la vedi una porta?”.

“Che porta? Quale porta? Questa porta?” disse il cane scomparendo e ricomparendo sotto il ponte.

“Ho un’idea: attacchiamoci al cane e proviamo. Aspetta, fermati! “Disse Tommy lo Gnomo cercando di acchiappare l’estremità scodinzolante. “Mew, attaccati a me!”.

“Ciao” disse il Fato.

“Tu non vieni?”.

“Che mi frega dell’iperspazio?! Vado a cercare mia moglie.”

“Bravo, vai!” disse lo gnomo.

E fu così che Cane, Gnomo e Gatta attraversarono la porta.

Di là… era tutto uguale. Semplicemente erano dall’altra parte del ponte. Ma prima che la disillusione guadagnasse terreno, un senso di leggerezza li colse e, pian piano, come palloncini portati dal vento, cominciarono a fluttuare nell’aria.

“Oh, non ci posso ancora credere!”.

“Croccantini, arrivooo!”.

“Zia Carla, ma che succede?”.

“Non sono tua zia!”.

E intanto salivano guardandosi intorno.

“Mi sembra tutto uguale” disse Tommy, “a parte il fatto che voliamo e, a quanto pare, non possiamo nemmeno tornare giù.”

“E non vedo croccantini”, disse Mew.

“Che bello”, disse il cagnolino.

E salirono, salirono, salirono…..fin che arrivarono a vedere i tetti delle case, poi tutta la città che si illuminava con le luci della sera. E dopo videro la costa e il mare e il sole che tramontava e i continenti e la terra sempre più piccola e le nuvole sotto di loro e il cielo buio…..

E ancora continuarono a salire.

Bump!

“Che è?”.

Bump, bump, bump!

“Ehi! Siamo noi che rimbalziamo. E abbiamo raggiunto il soffitto, a quanto pare.”

Tutt’intorno era buio; solo qualche palloncino colorato arrivato fin lassù.

“Bene- disse Tommy rivolto alla Gatta- e adesso come la mettiamo?”.

La Gatta aveva un’espressione impenetrabile.

L’unico che continuava a divertirsi, rimbalzando come su un tappeto elastico, era il Cagnetto che ad ogni rimbalzo esclamava: “Zia Carla, bump, zia Carla!”.

Lo Gnomo pensò: “Adesso lo uccide”.

Ma in quel momento una botola si aprì sopra di loro e una voce li invitò a salire.

Un bel salto… e si trovarono dentro una piccola stanza, piena di macchinari, lucine , leve e bottoni.

“Toh, uno gnomo! Non ne avevo mai visto da queste parti. Comunque benvenuti a bordo”.

“Ma dove siamo? Chi siete?”.

I tre personaggi all’intero della cabina vestivano tute dai riflessi d’argento; erano grandi come un gatto e, a ben guardarli, somigliavano proprio alla gatta…

“Siamo parenti?”chiese Mew.

“Alla lontana! Siamo Custodi dell’Iperspazio: io sono il comandante di questa astronave e questi sono i miei assistenti. Vi abbiamo visto attraversare la porta e vi stavamo aspettando.”

“Questo è l’iperspazio?” chiese la gatta.

“Anche- disse ridendo il comandante- l’iperspazio è dappertutto.”

“Non so come abbiate fatto a passare tutti e tre, ma dato che ormai siete qui…. da oggi in avanti potete andare liberamente dove volete, in un istante. Dovete solo, e solo all’inizio, fare un pò di attenzione per i viaggi più lunghi.”

Allora uno degli assistenti si avvicinò ai viaggiatori, con una scatoletta che applicò al collo di ciascuno. “Vi abbiamo inserito un microchip che permetterà a voi stessi di controllare gli spostamenti.”

Dopodichè, furono invitati a cena.

“Che cattivi questi croccantini- pensò Mew- molto più buoni quelli di casa!”.

Non ebbe tempo di terminare il pensiero che si trovò nel vecchio appartamento,seduta sulla sua poltrona preferita, mentre la sua padrona chiudeva la porta dopo aver portato via l’immondizia.

“Wow, qui sono passati solo pochi secondi. Non avrò sognato?”.

“Zia Carla!” gridò il cane. E si materializzò immediatamente sulla poltrona accanto a lei.

“Oh no!”.

“Ma guarda un po’… da dove sei entrato, cagnolino?”.

Il cane guardò la signora e, scodinzolando, leccò tre volte l’orecchio di Mew.

“Dove hai trovato questo amichetto ,vecchia brontolona? Ma lo sai che sei proprio tenero? Se vorrai stare qui, però, prima ti toccherà un bel bagno! E come ti chiami?”.

“Bu!” disse il cagnolino.

“Bù e Mew: bene, siete proprio una bella coppia!

Mew scese con sussiego dalla poltrona, si stirò prima le zampe davanti, poi quelle di dietro . Quindi si avviò verso la cucina, dove sedette ai piedi del frigorifero, guardando allusivamente il sacchetto dei croccantini.

L’IMMAGINE E’ DI RENE’ MAGRITTE (e chi se no?)

Redazione
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