Italiani voltagabbana?

Nota: ho scritto il pezzo che segue prima dell’esplosione del movimento dei forconi. Lo ripropongo introducendo pochi e piccolissimi ritocchi. Ognuno giudichi se è valsa la pena conservarlo fino a oggi.


Non mi chiedete però il numero dal quale ho preso spunto. Non lo ricordo più. Giusta punizione per i distratti disordinati che dislocano l’attenzione su dieci staffe.

Leggo sulla prima pagina del “Fatto Quotidiano” Marco Travaglio che se la prende con un certo tipo di italiano colpevole di avere nei confronti del potere un atteggiamento volubile, da perfetto voltagabbana. Temo che questa volta il giornalista del Fatto Quotidiano e di Servizio Pubblico, in genere brillante e spesso condivisibile, in questa occasione si sia lasciato fuorviare dal combinato disposto di una analogia (le analogie sono spesso traditrici) e di un luogo comune. L’analogia con gli osanna del recente passato e il luogo comune degli italiani osannanti sotto i balconi dei vincitori e pronti a appiccare per i piedi gli sconfitti.
In tutti i paesi vi sono strati consistenti di popolazione facilmente strumentalizzabili dai demagoghi, strati pronti a rivoltarsi quando la realtà finisce con il leggere il bluff sul quale si basano le seduzioni degli uomini della provvidenza. Non c’è nulla di strano in questo, nulla da stigmatizzare: al massimo sottolineare l’estrema ingenuità di chi ha voluto credere nell’incredibile; ma fino a un certo punto è ammissibile enfatizzare la sottolineatura. Gli uomini tutti (non solo gli italiani) sono spinti da molteplici istituzioni e dalla stessa condizione reale a fare propria la forma mentale adatta a produrre questa apertura di credulità. Lo sono dalla religione, dalla scuola, dalla stessa famiglia… educati a volte dallo stesso interesse che scaturisce dalla condizione materiale che vivono: nulla di cui meravigliarsi, allora, nulla di che recriminare. Su questo tema anzi si è ricamato sin troppo. Specialmente in Italia, dove il il predominio della Chiesa di Roma, con il suo accentuato fideismo religioso, ha reso più forte e più visibile la tendenza. È giunto il momento di caldeggiare l’opportunità di non insistere su tali banalità fuorvianti, le quali ostacolano la comprensione e impediscono di individuare le misure da prendere.
Inutile ricorrere a analogie storiche e fare sfoggio di malumori. Quel che è utile invece è individuare le caratteristiche della particolare congiuntura che stiamo attraversando.
Anzitutto a me sembra perfettamente naturale l’entusiasmo che ha circondato, e circonda, l’operazione Monti. Non se ne poteva proprio più del governo Berlusconi. Di lui e del personale impolitico (persone arroganti, aggressive, avide, menzognere e succubi del capo) da cui si era circondato. Naturale quindi che un forte alleluia si sia sollevato subito dopo le dimissioni di quell’infausta compagine governativa. Alleluia rafforzati dalla constatazione dell’assoluta diversità di stile dei nuovi rispetto ai predecessori, tra i quali aprire un contenzioso con la giustizia sembrava un viatico, una raccomandazione, una garanzia, non un impedimento per essere ammesso a gestire la cosa pubblica. La sobrietà dell’uomo e la serietà del professionista hanno inoltre indotto le persone a prendere forse un po’ troppo sul serio gli slogan con i quali il nuovo Primo Ministro si era presentato: rigore, equità, crescita. Come non esaltarsi allora? Io stesso che pure ho sollevato dubbi ben prima dell’insediamento ho dovuto ricorrere a petizioni di principio per articolare questi dubbi. Esempio: il suo essere un tecnico, mai i tecnici essendo al servizio delle masse; ed essere palesemente di destra; l’esistenza di oscure forze politiche che avevano manovrato per il suo avvento ecc. ecc. (Noto di passaggio che queste forze sono le medesime che domani, in assenza di una seria opposizione di massa, non riuscisse a Monti o chi per quest’ultimo, a domare le masse, non esiterebbe un istante a ritentare l’avventura nazista. Con nuovi nomi, nuove forme, ma quello si arriverà se non si riuscirà a smascherare il ruolo reazionario svolto da quasi tutte le organizzazioni presenti, PD incluso).
Dunque, un’apertura di credito. Dopodiché però arrivano le solite stangate. Arrivano le bastonate sui soliti gropponi, risparmiando quelle dei soliti ricconi. Lasciando indenne Sua Maestà la Finanza, Sua Maestà il capitale, La Santa Chiesa, I Santi Evasori, le Sacratissime Spese Militari. Manco a parlare poi di rovistare tra gli sprechi. Come dire, gettare un’occhiata nei clienti e nei patron dei politici.
Contro una tale sfacciata riproposizione dei sacrifici a senso unico, unita alla solita beffa dei due tempi, nei quali il secondo non arriva mai (son qui per augurarmi il contrario: che arrivi una patrimoniale seria, il dimezzamento del costo della politica e delle spese militari, la guerra ai grandi evasori ecc.), non è sorprendente che si sia levata la protesta di tanti. Non sorprendente che l’immagine di Monti, agli occhi di strati consistenti di popolazione, si sia rapidamente appannata. E si notino i segni di una ancora embrionale offensiva di massa. Non segno di ritardo, dunque, di opportunismo o dabbenaggine. Anzi è segno positivo di intelligenza, di una reattività che fa sperare bene.
Segno che la misura è colma. Che basterà un niente se non si fa niente per abbassare la tensione, a vedere il vaso traboccare.
Mauro Antonio Miglieruolo

Miglieruolo
Mauro Antonio Miglieruolo (o anche Migliaruolo), nato a Grotteria (Reggio Calabria) il 10 aprile 1942 (in verità il 6), in un paese morente del tutto simile a un reperto abitativo extraterrestre abbandonato dai suoi abitanti. Scrivo fantascienza anche per ritornarvi. Nostalgia di un mondo che non è più? Forse. Forse tutta la fantascienza nasce dalla sofferenza per tale nostalgia. A meno che non si tratti di timore. Timore di perdere aderenza con un mondo che sembra svanire e che a breve potrebbe non essere più.

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