James Gunn: non temere gli alieni se portano doni

E’ «come celare un diamante in mezzo a un mucchio di imitazioni di vetro»: solo un vero esperto lo può riconoscere. Questo pensa Adrian, ingegnere aerospaziale, quando nel settore Ufo della piccola libreria di Frances trova «Regalo dalle stelle». Un libro improbabile come tanti: suggerisce che gli alieni abbiano già visitato la Terra… Questo però è pieno di ragionamenti sensati e, in appendice, contiene diagrammi e disegni per costruire una nave spaziale. Si stupisce a tal punto Adrian che torna alla libreria per capire se può rintracciare l’editore e magari l’autore. La non più giovane Frances lo aiuta, si entusiasma e alla fine partirà con lui per raggiungere l’editore che al telefono si è mostrato reticente. La prima parte del libro è il classico giallo con tanto di frase memorabile: «anche se sei un paranoico, non vuol dire che qualcuno non ti stia seguendo».

Indecente svelare il colpo di scena che chiude la prima parte ma basta a giustificare che ci si ritrovi 10 anni dopo («in un mondo che non si è mai trovato in forma migliore») a tentare di dar corpo all’astronave. Dicono che il benessere impigrisca e questa Terra non è interessata a viaggiare nelle stelle nonostante quel “regaluccio” sembri proprio un motore spaziale. Anche perchè c’è sempre il timeo Danaos, in questo caso «temo gli alieni anche se portano doni».

In qualche modo si parte e la terza parte («L’abisso») ci trova, 5 anni dopo, in volo. L’autore del libro – regalato dagli alieni, secondo Adrian – è un tal Peter che ora si mostra geniale e ora si conferma schizofrenico. Lui decide di non partire («rappresenta l’umanità. Attirata dal mistero, timorosa di trovare la risposta») ma forse ci sta beffando..

La quarta parte è aperta da una frase di «Alice nel Paese delle meraviglie» e ci precipita in un «buco nero» o così sembra. E qui mi devo fermare con la trama, anche se siamo solo a metà del libro per non rivelare troppo. Intrigante più che intricato, con una suspence ben dosata, con conigli . cioè sorprese – che continuano a uscire dal cilindro anche quando… nessuno si è accorto che ci sia qualcosa che pur vagamente somiglia a un cilindro.

E’ caccia grossa agli incomprensibili alieni. Contrariamente però a un paio di celebri (e frustranti) romanzi in cui il mistero non si scioglieva neanche all’ultima riga, l’autore – che è James Gunn, forse alter ego di quel Peter diviso fra «attrazione e repulsione» per i viaggi spaziali – alla fine ci regala così tante soluzioni che vi ci vorrà una decina di Matrioske per tenerle tutte.

Interessante l’introduzione di Gregory Benford che loda Gunn non solo come scrittore ma soprattutto come …“magazzino di idee” per scienziati dalla mente aperta.

Grazie a Frances il libro è pieno di chicche per cinefili. Ma ci sono anche discorsi scientifici (magari eretici come la materia oscura o i semi della vita) degni di interesse mescolati a un gusto letterario di primo livello. Più una cascata di frasi-choc da citare al momento giusto. Del tipo: «E’ il paradiso come lo sogna ogni topo di biblioteca». Oppure: «Quando è una parola che non funziona molto nel luogo in cui ci troviamo». O la celeberrima sentenza di Arthur Clarke: «Una tecnologia veramente avanzata è indistinguibile dalla magia». A proposito di potenti: «La responsabilità fa rinsecchire l’immaginazione e fa affievolire la volontà». Oppure il consiglio di una mamma-chioccia: «Per ogni cosa ci vuole il doppio del tempo di quanto si pensi». Ci sono anche i classici della fantasia da Lewis Carroll a «Il mago di Oz», c’è John Milton e un tal William Shakespeare: «L’immaginazione dà corpo e forma agli oggetti sconosciuti e assegna a un nulla una dimora e un nome». Per finire con «La vita è la ricerca di risposte, non il trovarle» che naturalmente potrebbe essere una sintesi del Gunn-pensiero.

Sto parlando dell’ultimo Urania che trovate in edicola (236 pagine a 4,20 euri) e se ancora non lo avete capito – testoni o frettolosi? – vi sto dicendo di correre a prenderlo. E’ il romanzo che fa per voi se amate la buona fantascienza degli “spazi esterni” e degli esseri umani che sfidano l’ignoto, prendono cazzotti (mentali più che fisici), si rialzano e continuano a battersi. Come si chiama l’astronave del romanzo? Naturalmente Ad astra ma sottovoce si aggiunge «per aspera»: una delle poche frasi latine che sin da piccolo amavo. Anch’io come il protagonista sognavo di fare l’astronauta e anch’io nelle librerie trovo regali degli alieni: non disegni di motori spaziali ma romanzi (anzi cristalli) sognanti come questo.

Questa recensione andrà in voce (in una versione leggermente diversa) su Radio Città Fujiko di Bologna dove vi consiglio di ascoltare l’eccellente trasmissione «Caccia al fotone» di Fabio De Sicot. Se fossimo un Paese serio, Fabio sarebbe assunto per fare il giornalista scientifico.  Infatti è disoccupato.  Vecchia Italia come cambi poco:  sempre promossa in latino (e in Azzeccagarbugli) quasi sempre bocciata in storia (e in scienze) all’ombra del tricolore…


http://radiocittafujiko.it/home/node/7167
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