John Coltrane: (il mio) «A love supreme»

Il primo di 24 cd – «i grandi solisti del jazz» – in edicola: da conoscere o ritrovare

 

Alovesupreme-DB

Devo scrivere (così ho deciso, nessuno mi obbliga) ma fatico a pensare cosa/come, perché la musica mi sta catturando: so che il lungo assolo di Jimmy Garrison al contrabbasso – in «Psalm» la quarta e ultima parte di «A love supreme» – prepara la struggente voce del sax di John Coltrane a riprendere/variare l’inizio e altri passaggi, per chiudere questa splendida composizione/preghiera.

Parlare d’amore, si sa, è sempre difficile; o almeno così è per molte/i. Per me il jazz è struggente, passionale amore e Coltrane una sorta di “amore supremo” o per dirlòa con un altro suo titolo «My favorite things». Anche la spiritualità – diversa dalle religioni, specie da quelle organizzate con il loro carico di integralismo e/o autoritarismo – è difficile da scrivere: e «A love supreme» per l’appunto è anche una preghiera dove Coltrane sussurra queste parole per 19 volte. Ed è – mi pare – l’unica volta che in un cd ascoltiamo la sua “seconda voce” (la prima ovviamente è il sax).

Così ho deciso che poco scriverò, invitandovi invece a regalarvi 32 minuti per ascoltare «A love supreme» in rete; ancor meglio a comprare il cd che arriva in edicola – ne parlerò qui sotto – con il pessimo «Corriere della sera» (ma ovviamente lo potete comprare senza il quotidiano) a 6,90 euri.

Però qualcosa in “bottega” ne avevo già scritto per una «scor-data» (*) e ve lo ripropongo.

Crediate o no in un Essere Superiore questa musica io penso (e spero) che vi colpirà come un inno d’amore alla creazione, all’amore supremo. Così è accaduto a molte persone; per esempio a me.

«A Love Supreme» è il titolo dell’album che John Coltrane registra il 9 dicembre 1964 in New Jersey. Acknowledgement (cioè presa di coscienza), Resolution (riconoscimento), Pursuance (conseguimento) e Psalm (preghiera) sono le 4 parti di questa composizione che venne praticamente improvvisata in un solo giorno, quello della registrazione.

La “voce” di Coltrane è il sassofono – o se preferite il suo quartetto – ma qui viene ampliata e interrotta in un modo del tutto insolito per lui: c’è un mantra dove ripete 19 volte la frase “A love supreme”; e c’è una sua poesia che lui inquadrò come «un movimento improvvisato sulla base del contenuto sillabico della stessa».

Musicalmente «A love supreme» è splendida, nelle parti più jazzistiche come nelle altre che hanno una struttura musicale diversa. Ma io non sono un esperto di jazz, solo un appassionato; per cui il mio consiglio è molto semplice: regalatevi di ascoltarlo.

Conosco molte/i non credenti che, come me, ripetono: i momenti nei quali qualche dio o qualche dea si fanno vivi con me è mentre sto ascoltando la musica.

Amore supremo.

Scrivevo così. E mi emozionavo. Come ogni volta.

Come ora.

Il quartetto di «A love supreme» è uno di quelli “classici” del miglior Coltrane: con lui ci sono McCoy Tyner al piano, Elvin Jones alla batteria e appunto Jimmy Garrison alla batteria.

Venerdì scorso ho visto in edicola «A love supreme» e l’ho ri-preso.Non potevo fare altrimenti. E’ il primo di 24 cd – allegati al «Corriere della Sera» – chiamati «I grandi solisti del jazz – Dal bebop al free». Qui sotto trovate l’elenco delle uscite: ogni venerdì, al prezzo di 6,90 euri. Vi garantisco che sono tutti belli – ma a essere pignolo: ne conosco solo 19, perciò sugli altri 5 vado a fiuto – e che alcune scelte (il «free»: dunque Pharoah Sanders, Archie Shepp, Cecil Taylor) sono coraggiose nella pigrizia musicale che a tutto resiste magari confondendo il rap con Mozart.

(*) è qui: Scor-data: 9 dicembre 1964; ovviamente di Coltrane in “blottega” si è parlato altre volte.

Alovesupreme-24uscite

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

3 commenti

  • Daniele Barbieri

    care e cari che passate di qui
    l’insonne db ha appena saputo che è morto McCoy Tyner
    ovvero… le 88 dita di John Coltrane
    come scrive Lorenzo “nessuna lacrima” ma un enorme GRAZIE
    e adesso?
    riprendiamo (o continuiamo o cominciamo) ad ascoltare lui come il miglior vecchio-nuovo jazz, musica-graffio dell’anima
    c’è sempre un bel sound nell’aria che tutte/i possiamo sentire (persino i sordi)
    OM, buona vita
    db
    06/03/2020 23:43, Lorenzo Tosarelli ha scritto:
    McCoy vive e vivrà sempre!
    https://www.youtube.com/watch?v=64lWx44RjdU

  • che immenso che è stato, e che ancora ogni volta che lo ascolto.
    Ho avuto l’enorme piacere di vederlo e ascoltarlo in un localino romano ( strapieno ma felice). Cose che non si dimenticano.

    • Daniele Barbieri

      Ovviamente ci sono questioni più urgenti ma vorrei precisare che nel commento qui sopra Gianfranco rispondeva a me e dunque parlava di McCoy Tyner; invece John Coltrane non ha mai suonato a Roma. Già che ci sono, preciso qualcosa su ciò che ho scritto io (il primo dei commenti qui sopra) alle 5,13 e dunque non lucidissimo. Mi accorgo che chi non conosce il jazz potrebbe avere l’impressione dalle mie frasi che McCoy Tyner sia stato solo un’appendice – con 88 dita magari – di John Coltrane. No, è stato un GRANDE di suo e lo si è visto anche dopo la morte di “Trane”. Gli è rimasta addosso l’ombra di quello storico quartetto, forse il più entusiasmante della musica contemporanea… Può capitare che «sei un grande ma passi in secondo piano» se – non ricordo più chi lo abbia detto – «ti capita di incontrare dio». E, senza scherzi, John Coltrane per la musica moderna (non solo jazz) è stato quanto di più simile a una divinità si possa immaginare.

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