Julian Assange è un po’ meno solo
Lula e (finalmente) qualche testata giornalistica chiedono che Assange non sia consegnato agli Stati Uniti, cioè “legalmente” assassinato. Gli articoli di Lorenzo Poli e di Vincenzo Vita
Lula riceve WikiLeaks e chiede libertà per Julian Assange – Lorenzo Poli
Ho chiesto loro di inviare la mia solidarietà. Possa Assange essere liberato dalla sua ingiusta prigionia”, ha dichiarato il neopresidente eletto del Brasile, Lula.
Luiz Inácio Lula da Silva ha chiesto il rilascio del giornalista Julian Assange dopo aver incontrato il caporedattore di WikiLeaks Kristinn Hrafnsson e l’editore Joseph Farrell.
“Ero con Hrafnsson, caporedattore di WikiLeaks, e l’editore Joseph Farrell, che mi ha informato sulla situazione sanitaria e sulla lotta per la libertà di Julian Assange”, ha scritto Lula, che assumerà l’incarico di capo di stato brasiliano il prossimo 1 gennaio.
“Ho chiesto loro di inviare la mia solidarietà. Possa Assange essere liberato dalla sua ingiusta prigionia”, ha detto l’ex presidente (2003-2011).
L’islandese Hrafnsson sta girando diversi paesi dell’America Latina alla ricerca di governi progressisti per fare pressione sulle autorità degli Stati Uniti al fine di ottenere la libertà del giornalista australiano.
Intervistato dai media locali, il caporedattore di WikiLeaks ha riconosciuto che la recente ondata di vittorie elettorali per i politici di sinistra in America Latina lo ha portato nella regione, con lo scopo di cercare sostegno politico per il rilascio di Assange.
Il 17 giugno, il ministro dell’Interno britannico Priti Patel ha approvato l’estradizione di Assange negli Stati Uniti, dove potrebbe essere condannato a 175 anni di carcere.
Washington chiede l’estradizione di Assange dal Regno Unito, dove è detenuto dal 2019, per processarlo per 17 presunti reati in violazione dell’Espionage Act del 1917 e uno di intrusione informatica.
Le accuse riguardano la divulgazione e la pubblicazione di rapporti militari sull’Iraq, l’Afghanistan e la base illegale di Guantanamo, nonché rapporti diplomatici che rivelano crimini di guerra e altri abusi da parte di funzionari e autorità statunitensi.
https://www.telesurtv.net/news/brasil-lula-exige-liberacion-julian-assange-20221129-0002.html
Julian Assange non è più solo. I media contro l’estradizione – Vincenzo Vita
Nyt, Guardian, Le Monde: l’appello del network di giornali che ha lavorato con l’attivista
Forse siamo di fronte ad una svolta decisiva. Gli editori e la redazione di New York Times, Guardian, Le Monde, Der Spiegel, El Pais hanno scritto un appello assai importante sul caso del fondatore di WikiLeaks «…è tempo che il governo degli Stati uniti ponga fine alla causa contro Julian Assange per aver pubblicato segreti di stato…».
Si tratta di una pagina rilevantissima della sequenza che iniziò nel 2010, quando i cinque giornali internazionali (un network cui parteciparono gli italiani Espresso e la Repubblica nel periodo in cui sulle testate scriveva Stefania Maurizi, autrice del recente volume Il potere segreto) pubblicarono molte rivelazioni nate dal lavoro del gruppo diretto dal giornalista australiano. Com’è noto, le notizie riguardavano i misfatti delle guerre in Iraq e in Afghanistan, nonché una serie di 251.000 messaggi riservati del dipartimento di Stato Usa. Il cosiddetto Cablegate svelava brutture e arcani indicibili, ivi comprese gesta italiane non commendevoli.
I GIORNALI in questione, pur blasonati e interni alle élite internazionali, abbassarono la testa già nel 2011, quando le onde cominciarono ad incresparsi. E Assange fu lasciato solo, salvo l’impegno della citata Maurizi e di pochi altri.
Secondo le logiche spietate della repressione, la mannaia non tardò a calare sulla testa di un perfetto capro espiatorio, del nemico pubblico costruito a tavolino.
COME SI EVINCE dal testo pubblicato dal Guardian, il coraggioso navigatore dei mondi oscuri delle democrazie occidentali (Russia e Cina sono oggetto della polemica sulle libertà più agevoli e consueti) passò sul banco degli accusati. E, con somma ignominia del mondo dell’informazione che lo abbandonò per viltà, venne escogitata l’inverosimile minaccia di condanna per spionaggio in base ad una lontana legge del 1917.
Quindi, non essendo riconosciuta l’appartenenza alla categoria professionale, Assange non si vide riconosciuto il trattamento pur con fatica riservato ai protagonisti dei Pentagon Papers ai tempi della guerra del Vietnam: allora il primo emendamento della Costituzione di Washington fu lo scudo salvifico, mentre il ricorso all’Espionage Act travolse ogni certezza ne e del rapporto con la ricerca della verità.
Ora i quotidiani fratelli-coltelli fanno un’autocritica operosa, chiedendo alla all’amministrazione Biden di non incriminare Assange, come decise Obama per non vessare i principali organi di stampa coinvolti. In realtà, è una versione alquanto edulcorata della storia, perché i guai giudiziari cominciarono proprio in quella stagione, ancorché fosse poi l’età di Trump a precipitare verso la coercizione, per procura: grazie ai servigi della Svezia con le accuse di violenza sessuale poi ritrattate, e in virtù dell’azione poliziesca della fida Gran Bretagna. Proprio a Londra avvenne l’arresto il 12 aprile del 2019.
Assange è rinchiuso nel carcere speciale di Belmarsh nel Regno unito e si stanno definendo proprio in questi giorni le procedure dell’appello contro l’estradizione oltre oceano, grazie al collegio difensivo di cui è componente la moglie avvocata Stella Morris.
Sono intervenuti contro la condanna (175 anni in un apposito penitenziario) i presidenti del Brasile Lula e del Perù Pedro. Molteplici voci della cultura si sono levate a favore di Assange e numerosi comitati sono in piena attività.
LA FEDERAZIONE internazionale della stampa e la gemella italiana hanno assunto come propria l’iniziativa e l’ordine dei giornalisti ha consegnato al padre John Shipton – in occasione del premio dedicato a Roberto Morrione tenutosi in ottobre a Torino- la tessera professionale ad honorem.
Proprio tale riconoscimento, unito all’appello dei quotidiani, costituisce la premessa per la restituzione alle garanzie proprie del diritto di cronaca della vittima sacrificale.
Insomma, se una rondine non fa primavera, un’ammissione di colpa così forte da parte di chi ha alimentato le volontà delle istituzioni colpevoli è una rottura della continuità feroce degli ultimi anni.
JOE BIDEN ASCOLTERÀ? Quanto peserà sulle sue sensibilità l’orrore della guerra in Ucraina con le geopolitiche segnate dal conflitto? Troppo per un’immediata decisione. Tuttavia, all’establishment democratico non è certamente sfuggita la morale delle recenti elezioni di midterm: se si vuole frenare la parabola della destra repubblicana, qualche segnale dovrà pure uscire dalla Casa Bianca.
A proposito, ma la Repubblica si associa o no ai vecchi compagni di ventura?
Quali sono le colpe di Assange?
30 novembre 2022 – di Tonio Dell’Olio
“La vicenda di Assange spiegata semplice – scrive oggi il giornalista Rai Nico Piro in un Tweet: chi ha denunciato crimini di guerra sta in galera, chi li ha commissionati/commessi si gode la vita o è serenamente morto nel suo letto. Una condanna per Assange come spia sarebbe condanna a morte per il giornalismo”. Piro commenta così la lettera aperta firmata da NY Times, Le Monde, Der Spiegel e El Paìs in cui si chiede la fine dell’inchiesta su Julian Assange e su Wikileaks. Accuse mosse in base all’Espionage act, una legge degli Stati Uniti risalente al 1917. La verità è che l’incriminazione di Assange ci riguarda tutti. Ammacca la nostra libertà di conoscere ed essere informati. “Ottenere e diffondere informazioni segrete nel pubblico interesse – si legge nell’appello delle testate – è la parte essenziale del lavoro quotidiano dei giornalisti. Se questo lavoro viene criminalizzato il nostro dibattito pubblico e le nostre democrazie saranno indebolite in modo significativo”.
https://www.mosaicodipace.it/index.php/rubriche-e-iniziative/rubriche/mosaico-dei-giorni/3335-quali-sono-le-colpe-di-assange
https://riforma.it/it/articolo/2022/12/02/no-al-processo-julian-assange?utm_source=newsletter&utm_medium=email
I Festival del Cinema dicono No al documentario su Assange
diLaura Morante
da “Il Fatto Quotidiano” 30 Nov 2022
Faccio parte di uno dei molti comitati, gruppi, associazioni che si stanno mobilitando per la liberazione di Julian Assange, attualmente detenuto nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, vicino a Londra, in attesa dell’estradizione negli Stati Uniti, a favore della quale si è già vergognosamente pronunciato il governo del Regno Unito, e che noi speriamo di riuscire a impedire con un movimento d’opinione, il più vasto possibile.
A QUESTO SCOPO abbiamo cercato di sensibilizzare un gran numero di persone appartenenti alle
più varie categorie: giornalisti, giuristi, scrittori, attori, registi, ecc.
Io mi sono soprattutto occupata di contattare persone del mio ambiente lavorativo, che è
principalmente quello dello spettacolo. Se, per fortuna, in molti hanno aderito con convinzione, ho
trovato un’imprevista resistenza laddove non mi sarei aspettata di trovarla, vale a dire presso le
direzioni di due importanti festival cinematografici italiani, la Festa del Cinema di Roma e il
Festival del Cinema di Torino, a cui mi sono rivolta chiedendo loro di ospitare, non in concorso,
ma in altra sezione, come evento speciale, Ithaka, un documentario prodotto dal fratello di
Julian Assange, Gabriel Shipton.
Il film racconta efficacemente il caso dal punto di vista privato, raccogliendo le testimonianze della
sua famiglia. Ho immediatamente chiarito che non si trattava di concorrere o ottenere
riconoscimenti, ma soltanto di richiamare l’attenzione su questa drammatica vicenda che evidenzia
il pericolo mortale che minaccia attualmente la libera informazione.
In un caso come nell’altro, tanto da parte di Gianluca Farinelli, presidente del Cda della Festa del
Cinema di Roma, quanto da parte di Steve Della Casa, direttore del Festival del Cinema di Torino,
c’è stata una prima, interlocutoria risposta, spontanea e più che positiva.
Dopo un breve scambio di messaggi però Farinelli si è chiuso in un silenzio che nessuna
sollecitazione da parte mia è riuscita a indurlo a infrangere. Steve Della Casa, quasi amico di
vecchia data, mi ha invece inizialmente garantito che il documentario avrebbe trovato una
collocazione a Torino. La notizia è stata prontamente comunicata alla famiglia di Assange che si è
dichiarata grata ed entusiasta.
Qualche giorno più tardi Steve Della Casa, del cui personale interessamento non posso dubitare – ha
ospitato un mio breve intervento sul caso nella sua trasmissione radiofonica -, mi ha scritto per
comunicarmi che purtroppo il film non poteva essere presentato nell’ambito del festival perché era
già stato mostrato in altro contesto in Italia, e il regolamento del festival impone di accogliere solo
film che non siano già stati proiettati nel nostro Paese.
Dopo opportuna verifica, ho risposto assicurandogli che, per espressa volontà della famiglia di
Assange, il film non era mai stato visto pubblicamente entro i nostri confini. A questa
comunicazione è seguito un silenzio di una decina di giorni (punteggiati da mie sollecitazioni),
dopo il quale Steve Della Casa mi ha comunicato che la direzione del festival aveva deciso di
non presentare il documentario perché non abbastanza cinematografico e troppo militante.
Il messaggio si chiudeva con la proposta di presentare invece il film in ambito universitario. Ho
risposto che la famiglia di Assange sarebbe stata comprensibilmente molto delusa, ma che la cosa
poteva forse essere accettata a condizione che l’evento potesse usufruire di una certa copertura
mediatica, senza la quale ovviamente non avremmo raggiunto lo scopo che ci eravamo prefissi. A
questo messaggio non ho finora ottenuto risposta.
SENZA VOLER GIUNGERE a deduzioni forse infondate, mi limito a constatare che la nostra
battaglia, giusta e importante, non ha ricevuto alcun appoggio da due dei principali festival italiani,
e che questo mi riempie di sconcerto e di tristezza. Vorrei inoltre ricordare che documentari di
impegno civile, assolutamente militanti, hanno non soltanto partecipato a festival importanti, ma vi
hanno più volte ricevuto il massimo riconoscimento
SEGNALIAMO DUE ARTICOLI
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/12/03/assange-trattato-da-demonio-e-il-mio-film-adesso-fa-paura/6894362/
diogeneonline.info/quando-e-troppo-e-troppo-il-premier-australiano-albanese-chiede-la-liberazione-di-julian-assange
“Ithaka”, il film su Julian Assange snobbato dai grandi festival, verrà proiettato a Roma
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/12/04/ithaka-il-film-su-julian-assange-snobbato-dai-grandi-festival-verra-proiettato-a-roma/6895189/
due vignette di Tasos Anastasiou
https://cartoonmovement.com/cartoon/top-secret
https://cartoonmovement.com/cartoon/arrivals-0
Assange: basteranno appelli, manifestazioni, film e proteste per liberarlo? – Rossella Guadagnini
https://www.micromega.net/assange-basteranno-appelli-manifestazioni-film-e-proteste-per-liberarlo/
Laura Morante: «Per Assange il tempo sta finendo»:
https://archiviopubblico.ilmanifesto.it/Articolo/2003283260
Laura Morante: «Per Assange il tempo sta finendo»
https://ilmanifesto.it/laura-morante-per-assange-il-tempo-sta-finendo
LA LIBERTÀ DI JULIAN ASSANGE È LA NOSTRA LIBERTÀ di Berenice Galli
https://www.perunaltracitta.org/homepage/2022/12/10/la-liberta-di-julian-assange-e-la-nostra-liberta/
un’intervista con Stefania Maurizi
https://www.pangea.news/julian-assange-dialogo-stefania-maurizi/