Kaloskagathia: per piccina che tu sia

Nella 168esima puntata di «Ci manca(va) un Venerdì» tutti gli eroi senza corona (virus?) fanno un inchino – o è un marameo? – a Fabrizio Melodia, «l’astrofilosofo»

«L’eroe nero è un cavaliere con l’armatura incrostata di sangue e sporco… ma nega sempre incessantemente di essere un eroe» afferma in una intervista il noto fumettista Frank Miller, vero guru delle nuvole disegnate e “colpevole” di aver rivoluzionato il concetto stesso di supereroe: a iniziare da Daredevil e da Batman, per poi passare alla crudezza dei bassifondi di Sin City, e per approdare all’antica storia greca con 300, dove un manipolo di “eroi” spartani tiene in scacco il soverchiante esercito persiano alle Termopili. 

Cosa significa essere eroi? Il motivo conduttore che traspare da tutte le narrazioni, il viaggio dell’eroe è, a livello psicanalitico, il cammino per eccellenza, verso la crescita interiore e il superamento delle proprie paure. 

Già in un venerdì precedente parlavo con simpatia dei supereroi, prendendo spunto da una considerazione del regista del film Birdman. Ma ora mi avvio per un sentiero poco battuto. Imbattuto forse. 

Nell’antica Grecia essere un eroe – anche con qualche potere speciale che ti derivava da parentele divine, aiuti soprannaturali, oggetti magici e altre amenità – era qualcosa di assai serio. 

Si aveva a che fare con la kaloskagathia, «l’essere belli e buoni, con alti valori e grande coraggio». L’eroe aveva un vero e proprio culto, in tutto e per tutto, incarnando i valori più positivi della città a cui apparteneva. 

Achille, Odisseo, Eracle, Giasone, Diomede, i due Aiace, lo sfortunato ma valoroso Ettore erano venerati.  Erano “archetipi”, modelli originari in cui le persone potevano riconoscersi e ritrovare un’identità. 

Joseph Campbell – autore del fondamentale testo “L’eroe dai mille volti” – descrive così tale figura: «Un eroe si avventura dal mondo di tutti i giorni in una regione di meraviglia sovrannaturale: lì incontra forze favolose e ottiene una vittoria decisiva. L’eroe ritorna da questa misteriosa avventura con il potere di conferire doni favolosi agli altri uomini».

Con la solita acutezza Umberto Eco chiosò in modo emblematico tale figura: «La dolorosa meraviglia che ci procura ogni rilettura dei grandi tragici è che i loro eroi, che avrebbero potuto sfuggire a un fato atroce, per debolezza o cecità non capiscono a cosa vanno incontro, e precipitano nell’abisso che si sono scavati con le proprie mani».

Contro il destino, entra a pennello il commento del futurista Ardengo Soffici: «L’eroe antico era quello che affrontava la morte: l’eroe moderno è colui che accetta la vita».

E i super-eroi? Ce lo spiega il saggista statunitense Peter Coogan: «un personaggio eroico con una missione disinteressata e a favore della società; chi possiede superpoteri, tecnologia molto avanzata, abilità mistiche o doti fisiche e/o mentali molto sviluppate; chi ha una super-identità e un costume che funge da icona, e che tipicamente esprime la sua storia o personalità, poteri e origine (trasformazione da persona ordinaria a supereroe); ed è generalmente distinto, cioè può essere distinto dagli altri personaggi del relativo genere (come fantastico, fantascienza, poliziesco) da una preponderanza di convenzioni generiche. Tipicamente i supereroi hanno duplici identità, di cui quella non comune viene tenuta ben celata».

Non sembra la figura dell’eroe greco mutuata in chiave moderna?

George Lucas non fa mistero nel suo compiacersi di aver seguito a menadito la figura dell’eroe nella prima trilogia di Star Wars, con una magistrale discesa nella caverna di Luke Skywalker e con un conflitto padre.figlio di dimensioni cosmiche per poi rinascere come salvifico Jedi. Ma anche la trilogia di Matrix segue questa linea, oppure il giovane e tragico eroe del romanzo (poi film) Il gioco di Ender di Orson Scott Card, il famoso maghetto Harry Potter di J. K. Rowling e a seguire.

Supereroi ma anche eroi di tutti i giorni: potremmo essere noi, con i nostri problemi, conflitti, cadute e rinascite?

A volte potremmo trovarci con i vestiti incrostati di sporco e sangue (“come una pietra che rotola” canticchiava un tipo) dopo il viaggio nel nostro quotidiano e qualora interrogati negheremmo di essere eroi?

Che si combatta la vita o si accettino le conseguenze di un inevitabile destino, l’eroismo sembra essere pane quotidiano per tutti, medici e infermieri impegnati in prima linea in zone bollenti (un bel po’ meno eroi quelli che comandano e li lasciano senza protezioni ma poi si riempiono la bocca con il coraggio altrui) sia che si tratti di insegnanti in scuole degradate – cioè fatte degradare – e sia che si tratti di operai e operaie in lotta contro il quotidiano sfruttamento, di persone disoccupate in lotta contro la dissoluzione… quasi sempre imposta all’alto.

Lascio concludere il bravo fumettista romano Leo Ortolani, papà del comicissimo e super-eppure-non eroico Ratman: «Diciamo subito che l’eroismo, secondo me, non è solo il gesto di una persona che sacrifica se stessa per salvare altri. È quel gesto lì, ma è anche il gesto di alzarsi tutti i giorni, alle cinque di mattina, per andare a lavorare e dare un futuro alla propria famiglia. È l’impegno che un insegnante si prende, di seguire i suoi studenti nell’esperienza dello studio. È anche fare bene il proprio lavoro quando nessuno ti guarda. Se c’è posto per l’eroismo? Ogni volta che sentiamo che dovremmo fare qualcosa e che ci costa fare quel gesto. Nessuno farà dei blockbuster sulla nostra vita ma, visti i risultati degli ultimi film sui supereroi, in fondo è meglio così. Credetemi». 

 

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

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