«La città condannata»

db alle prese con un libro ritrovato di Arkadij e Boris Strugackij

Inizio sorprendente fra i bidoni della spazzatura («nell’insieme ricordavano il becco spalancato di uno sciatto pellicano, poco attento alla scelta del cibo») con una caotica e litigiosa squadra multinazionale: «uomini di diversi Paesi, e persino di diverse epoche, riuniti lì tutti insieme per occuparsi di un’unica impresa di vitale importanza».

Di certo la raccolta dei rifiuti ha un ruolo marginale nell’«Esperimento». Ma dove siamo? E quando? Chi decide cosa e perchè? E se i Mentori a capo dell’Esperimento appartenessero a un’altra razza, «forze superiori»? Chissà se gli umani sono stati messi in un “acquario” – tema caro ai fratelli Strugackij – per essere studiati?

Mentre in Russia è stata pubblicata l’opera completa (33 volumi) dei fratelli Arkadij e Boris Strugackij, l’editore Carbonio propone «La città condannata» del 1988 – sono 436 pagine per 18 euri – nella traduzione di Daniela Liberti; in copertina l’omonimo quadro di Nikolaj Roerich (o Rerich: la trascrizione dei nomi russi è sempre un problema).

Strada facendo chi legge troverà m&m cioè misteri e metafore. Un sole che si accende e si spegne senza un perchè. La rivolta delle scimmie. I controrivoluzionari in agguato. Idealisti che si mutano in burocrati (o peggio). «La rivolta dei satolli». I tecnocrati-benefattori… e chi ci crede. La città e l’Anti-città. L’«operazione Zig zag». La discontinuità (è anche il titolo della quinta parte). «Il diritto al potere». Le statue che si muovono e minacciano. La «grandezza». Le stelle cadenti. Il «primo cerchio»…

Passando per un tempio con «tutto il meglio che l’umanità ha inventato in centomila anni», tutto quello importante che ha capito e ottenuto con il ragionamento […] urlando, patendo la fame, cadendo in schiavitù e ribellandosi, abbuffando e copulando». In realtà «nessuno costruisce consciamente questo tempio». Gli umani sono maiali: «il ladro e farabutto Benvenuto Cellini, lo sfrenato ubriacone Hemingway, il pederasta Cajkovskij, lo schizofrenico Dostojevkij, lo scassinatore e pendaglio da forca François Villon… » eppure «come polipi corallini» costruiscono il sapere collettivo, «l’unica cosa di valore imperituro». Il tempio è cementato dalle azioni e dalle leggende che nascono.

Basterà un piccolo Andrej a sciogliere ogni mistero?

Citabili: «l’avversario più temibile è quello inventato»; «la totale eguaglianza è una palude»; «c’è sempre una minoranza che esigerà il latte di gallina e nient’altro».

Chi ha letto «Picnic sul ciglio della strada» ma anche «È difficile essere un dio» sa che i due fratelli Strugackij (in altre traduzioni italiane Strugatzki) sono stati ai vertici della fantascienza. Ricordo che quando – a fine anni ’70 / inizio ’80 – con Riccardo Mancini tentammo una /impossibile?) lista dei “migliori 10 autori” loro due erano gli unici  – in alternativa solo il polacco Stanislaw Lem – che potevano competere con gli angloamericani. La battuta era: “c’è l’Abc ovvero Asimov Bradbury Clarke ma anche l’Abs… ”. Oggi certamente non è più così; in ogni parte del mondo spuntano autori e autrici capaci di muoversi fra il presente immobile e il tecno-vudù, i futuri possibili e i nuovi spazi (esterni-interni) da conquistare.

«La città condannata» non è un capolavoro ma … bello sì:  A e B Strugackij anche quando non sono al loro massimo sanno come tessere la tela. Pur con le mani legate. Infatti nella postfazione Boris Strugackij ricorda che questo romanzo faticò un ventennio per vedere la luce a causa della censura contro gli scrittori eterodossi ma con auto-ironia dubita che chi leggerà possa scoprire «timori ed espedienti precauzionali». E chissà se in un clima così cambiato oggi si comprendano “le aberrazioni ideologiche”. Ma il ragionare politico della post-fazione ci aiuta a leggere un sottotesto prezioso: «ed è il motivo per cui la Città, nonostante tutta la sua disperata politicizzazione e l’indubbia congiuntura, è comunque ancora in grado di interessare».

 

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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