La comune comitanza – 5

di Maia Cosmica

Comunicazione temporanea intorno alla parola. Comune.

Scrivo la parola, la pronuncio dentro di me e mi sovviene una certezza. Esiste. Vive. Si trasforma. Finirà?

Da quanto siamo dentro questa stanza? Non lo so. Mi perdo continuamente, forse è la stanchezza. A fine giornata, trovarsi, discutere, a volte, non è facile. Ma è sempre ..costruttivo.

Comune. Com munos. Munio.

Stiamo costruendo, stanza per stanza, edifici di parole. Città. Opere grandissime. Per chi le costruisce, un pezzo alla volta. Insieme. Piccolissime per chi pianifica, punto per punto. In privato.

Ecco cosa mi ha colpito! Io questo l’ho già visto! Non ci avevo fatto caso entrando nella stanza. Paiono sempre uguali, le stanze, l’una all’altra, viste da fuori, finché non ci vivi dentro. Finché non ti ci perdi. Come gli edifici, come le città. Come le mappe.

Mi guardo intorno. I muri della stanza si ergono dritti. All’apparenza. Ma dipende dalla scala. Pendenze ce ne sono, di ogni grado. Il gioco sta nell’avvicinarsi, avvicinarsi sempre più. Come in uno zoom. Fino a scoprirvi varchi veri e propri. Porte verso mondi invisibili, solo perché siamo alla scala sbagliata. Ci lasciamo distrarre dai piani e non consideriamo le scale.

Mi perdo tra le scale interne fino a quando ritrovo lo spazio di tutti coloro che sono stati bambini, persi insieme in labirinti magici. Pare di seguire una via senza uscita e si svolta invece in altra via, la si percorre convinti di uscire e si entra invece in una stanza chiusa. Ma chiusa non è, una svolta, una strada, ancora una stanza. Spazi invisibili. Interminabili vie. Che magia! Eppure, guardandolo dall’alto un labirino è un disegno, determinato. Bello, curioso che sia, ma un disegno, una mappa, una guida per non incontrare difficoltà alcuna, per proteggersi dagli imprevisti. Visto dall’alto, rimpicciolito da uno zoom inverso, pare una soluzione, non un enigma! E allora il gioco dov’è?

Da bambini ci si inganna facilmente e le soluzioni diventano enigmi intriganti e misteriosi, giochi da creare insieme. Un labirino diventa all’improvviso un essere vivente, respira, si contrae e si dilata continuamente, creando sempre, con un ritmo tutto suo, appena appena percettibile come il battito di un cuore lontano, nuovi spazi, nuove strade, nuovi varchi, là dove non c’erano, producendo percorsi infiniti che ci lasciano senza fiato, vivi più che mai. Entri per uscire e finisce che ti ci perdi. Preso per le sue estremità la sua forma è manifesta, vivendoci dentro le forme sono molteplici. Quello che pare un muro diventa una porta, e viceversa. Sfondo o figura? Ogni percorso è possibile quando entri, una volta usciti, il percorso è uno. Il gioco è perdersi, non uscire. I tratti che formano il disegno di ogni labirinto diventano strade larghissime e lunghissime, ogni stanza si dilata fino a rivelare orizzonti lontanissimi in cui perdere anche la speranza, a volte invece si contrae tutto e tutto pare chiudersi intorno, forse occorre tornare indietro o forse no, andiamo ancora avanti per scoprie come cambia, come cambiamo. Il gusto è giocare, non risolvere. E questo da bambini lo sappiamo.

Saliamo le scale e quel che appariva infinito e avventuroso diventa un piano piatto, senza rischi. Determinato, dai contorni netti, dagli spazi finiti. Salendo ancor di più il disegno si fa punto. Senza dimensioni. Per definizione.

Punti che contengono mappe, mappe che si fanno labirinti. Dipende dalla scala. Dipende dal vissuto. Dal vivente.

Da adulti ci si inganna facilmente e gli enigmi paiono soluzioni determinate, in cui perdersi è impossibile. La solidità delle nostre mappe e dei nostri spazi protetti irrigidisce ogni possibilità, ogni fantasia. E le città misteriose sono mappe dettagliate e svelate, gli edifici diventano prigioni per difendersi da chi è fuori, per difenderci da chi è dentro e l’orizzonte scompare dietro ad ogni muro che cinge ciascuno di noi in un privato di senso. Per dare senso all’io, perdiamo il senso comune.

A tutti coloro che dentro ai punti individuati dall’alto di una scala, entrano nelle stanze insieme, percorrono strade e scorgono orizzonti infiniti e vi si perdono, esprimendo, passo dopo passo, parola per parola, ogni infinita possibilità di vita.

Rom Vunner

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