«La conoscenza è la sola ricchezza»

  recensione, quasi ovazione, al romanzo «Mondi senza tempo» di Francesco Troccoli

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«Tutto può essere raccontato in un altro modo» suggerisce Josè Saramago. Ed è proprio questa la citazione in apertura – “esergo” mi corregge Severo De Pignolis – di «Mondi senza tempo» (Delos Books: 240 pagine per 15 euri) di Francesco Troccoli che chiude la “trilogia dell’Universo Insonne”.

 A ogni libro – o racconto – Troccoli è sempre più bravo. Copiare i classici (nel nostro caso Asimov, Simak, Vince…) è facile, rinnovarli invece è assai difficile: «Mondi senza tempo» centra il bersaglio. Fantascienza avventurosa ma ricca di idee; senza deja vu, stereotipi, aria fritta, scopiazzature.

Per farvi capire con un esempio. «Ed era come se l’Universo nel suo insieme ruotasse intorno a noi, che ne eravamo l’epicentro apparente e in movimento, rendendo tangibile la sua essenza più intima, che si spiegava ai miei rudimentali occhi umani come un complesso di superfici infinite e ricurve, fra loro intrecciate, ripiegate su se stesse, condizione in cui proprio la nostra mente si ritrova quando osserva ciò che le appare incomprensibile». Ed è in questa complessità che bisogna correre, combattere, viaggiando «fra mondi privi di vita e mondi privi di umanità»; capire è molto più importante che sopravvivere. Se occorre bisogna persino «giurare fedeltà a un tiranno»… tenendo conto – riflette il protagonista, Tobruk Ramarren – che essa dipenderà «da 900 grammi di una tossina letale che avrebbe viaggiato con me alla base del mio cervello». Soppressione di identità, «mentalica», navigare nel tempo o forse no, «la fame che accorcia la memoria», caos, fare i conti con il Piano “assoluto” dove tutto è già deciso compreso che… il Piano potrebbe non esistere.

Al solito poco dirò della trama ma avviso chi legge di non farsi distrarre dal ritmo e dal piacere di leggere. Chi per un attimo divaga rischia di farsi sfuggire alcuni incisi meravigliosi – a pagina 110 per dire – ma soprattutto di perdersi fra sogno, forsesogno, sognononsogno, nuovo sogno, falsi ricordi, fortune e maledizioni, confusioni e altre trappole. Invece il triplo finale “non finale” lo può capire appieno soltanto chi è rimasto vigile… magari tornando ogni tanto indietro nelle pagine a controllare.

Ritmo, personaggi con spessore, idee, colpi di scena. Non c’è – per fortuna – una morale in questa storia: anche la “difesa del sonno” non è un assioma ma piuttosto un’opzione. Però, nelle pieghe della trama, troviamo nascosta, forse inconscia, una piccola/grande apologia di una letteratura che sa anche essere impegnata, insomma di un complesso mestiere/piacere che non sia puro solipsismo. «Salvare il racconto delle vite dei deboli dal flusso della storia scritta dai potenti è inutile»: così viene imposto di credere al protagonista il quale invece ri-scoprirà poi come sia giusto «salvare un piccolo uomo cieco nella foresta terrestre»; del resto, proprio sul pianeta Terra, in un certo libro antico si può leggere: «Chi salva una vita, salva il mondo intero».

Un romanzo può essere grande anche senza una memorabile frase all’inizio e una chiusura indimenticabile; però se ci sono… è meglio. Comunque non basta che il libro possegga “belle parole” per l’apertura e per il finale; bisogna anche che esse diano un senso a quel che si leggerà e poi a tutto quello che è accaduto. Ed è per questo, io credo, che molte/i non dimenticheranno facilmente la profezia di morte e le lacrime impreviste, cioè la prima e l’ultima frase di «Mondi senza tempo».

UNA SORTA DI PS – Questa è una recensione scritta “come se non conoscessi Francesco Troccoli. Invece un po’ lo conosco: è simpatico, abbiamo una visione del mondo (anzi dei mondi) vicina. Dunque potrei essere stato influenzato nel giudizio positivo? Rispondo seccamente: no. Questo Francesco – chiunque sia, magari un omonimo o uno pseudonimo – è proprio bravo.

(*) Qui Fatevi avvincere da Ramarren e qui I senza sogni e la rivoluzione le mie recensioni agli altri due volumi della trilogia. Invece qui Narrator in Fabula – 23 Francesco Troccoli è stato intervistato da Vincent Spasaro. (db)

 

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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