«La controfigura»

di Alfio Neri

La Controfigura sembrerebbe quasi un libro di avventure. Il personaggio principale parrebbe una figura straordinaria degna di un romanzo di Conrad.
Malgrado l’apparenza le vicende di Eduardo Rózsa Flores (padre ebreo ungherese e madre boliviana di origina catalana) non devono trarre in inganno.
Giovane dirigente trentenne del Partito Socialista Operaio Magiaro, dopo la caduta del muro si allontana disgustato da quel mondo in macerie, va a combattere per i croati contro i serbi nella ex Jugoslavia e si converte all’islam.
Ottenuti i gradi di colonnello, torna in Ungheria come militante dell’ultradestra.
Qualche anno dopo termina la sua vita, ucciso a tradimento in Bolivia a Santa Cruz de la Sierra.
Ex dirigente comunista del blocco sovietico, prima diventa militante nazional-rivoluzionario fascistoide, poi spinto da un insano afflato internazionalista va a farsi accoppare come un idiota (disarmato) in un agguato mortale in culo al mondo.

Questa vicenda fuori dal comune nasconde al suo interno un’altra storia molto più profonda, un’amicizia sincera nata fra due persone molto diverse, destinate poi a prendere strade molto differenti.
I due (Eduardo e Alberto, il narratore) si incontrano nelle cerimonie del Nono Centenario dell’Università di Bologna e fra pause e nuovi incontri fiorisce un’amicizia sincera.
In mezzo succede di tutto. Uno va a combattere in una terra che non è la sua, l’altro inizia a praticare la vita soporifera dell’uomo coniugato con prole.
Uno fa cose pazzesche facendosi uccidere per la più improbabile causa possibili (l’indipendenza dei bassopiani della Bolivia), l’altro si rintana in casa a rileggere lettere e cartoline scritte in un’epoca in cui non c’era  ancora la posta elettronica.
In un mondo in cui chi decide sulla propria vita è sempre solo con sé stesso, parlare di chiarezza davvero è l’ultimo dei luoghi comuni possibili.
L’elemento che permette di comprendere una vicenda così improbabile è la profonda simmetria nascosta che unisce i due personaggi.
Chi narra, Alberto, nella sua continua ricerca del fantasma dell’altro, Eduardo, lo descrive implicitamente come una specie di alter ego della propria vita mancata.
Quello che li unisce (forse si dovrebbe utilizzare un imperfetto) è un’amicizia sincera che tra opposizioni, scelte deliranti e colpi del destino, attraversa le loro vite fino alla fine.

La controfigura è un romanzo sull’amicizia, su quella che c’è stata e su quella che ci sarebbe potuta essere in un mondo più felice.
Non è un romanzo d’avventura da media letteratura di massa ma è una storia umana della materia con cui sono fatti i sogni, la storia di un’amicizia perduta e mai ritrovata, una storia di cui è lecita la nostalgia perché potrebbe anche non essere mai esistita.
Il personaggio narrante, Alberto, cerca Eduardo perché la sua vita, probabilmente felice, rimarrà ancorata al suo piccolo mondo privato.
Per Hegel la famiglia è l’unico ambito della vita di un uomo in cui si può vivere la dolce quiete di ciò che molto banalmente viene chiamata felicità.
La scelta di questo piccolo mondo in cui si portano i figli a giocare nei parchi comporta però la perdita dell’epica delle grandi decisioni e di tutto ciò che va oltre l’umano.
Alberto rimprovera le scelte (francamente deliranti) di Eduardo perché in fondo al cuore è cosciente di non aver vissuto fino in fondo la propria epoca.
Optare per un’onesta vita etica significa rinunciare alla forza struggente dei grandi spazi.
La scelta della piccola felicità familiare ha come prezzo il rimpianto di avere vissuto una vita mancata, una silenziosa e lacerante inquietudine, una muta sofferenza che esplode nel petto tutte le volte che il richiamo della foresta fa sentire la sua oscura presenza.

Luigi Lollini, La Controfigura, Alegre, Roma 2018

PER SAPERNE DI PIU’… cfr https://www.wumingfoundation.com/giap/2018/05/la-controfigura/#more-33668

e (in inglese) Eduardo Rózsa-Flores – Wikipedia

 

alexik

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