Catastrofe Ucraina: fra Nato e Russia

articoli di Gianluca Cicinelli e Umberto Franchi. A seguire un’analisi di Enrico Semprini.

Da stamattina le tv italiane urlano che la guerra in Ucraina è iniziata. Se è vero che negli ultimi tempi i giornalisti sono ancora più inattendibili del solito… è purtroppo stra-vero che Bush e Putin continuano a buttare benzina (anzi gas) sul fuoco. Una doppia pazzia che nessuno sembra in grado di bloccare. Chi può fare cosa? O siamo ormai scivolati sul piano inclinato ed è troppo tardi? Nel nostro piccolo ospitiamo altri interventi (arrivatici fra ieri e oggi) perchè ovviamente continueremo a cercare di capire… per fare. Fare qualcosa, quel che si può e si deve. [db]

 

LA CRISI UCRAINA E IL PARADOSSO DI NIXON

di Gianluca Cicinelli

La continua espansione della Nato nell’Europa orientale è l’antitesi del mantenimento della pace in Europa e la volontà russa di rivivere i fasti dell’impero sovietico è l’alleata più fedele dei guerrafondai atlantici. Così stanno le cose per noi che viviamo a questa latitudine, stretti tra due fuochi che stanno per divampare. Una situazione che, seppur evoluzione delle logiche della guerra fredda, non costituisce un ritorno al passato, bensì un test sui rapporti di forza del presente, con un convitato di pietra come la Cina che al termine della seconda guerra mondiale non pesava certo quanto oggi. E mentre le bacheche dei social, ultimo avamposto di opinione pubblica, da una parte resuscitano Lenin e dall’altra descrivono l’Ucraina a mo’ di Polonia nel ’39, urge ricordare che non c’è alcuna presenza di popolo non virtuale in questo scontro.

In un mondo in cui il diritto all’autodeterminazione dei popoli non fosse una locuzione ambigua, sarebbe evidente che la popolazione del Donbass non vuole stare con l’Ucraina. Provate a immaginare adesso se i lombardi sedicenti padani avessero tenuto un referendum al massimo della forza politica della Lega per separarsi dall’Italia negli anni 90. Come si sarebbe dovuto comportare il governo centrale italiano? Perchè se uno è a favore del diritto all’autodeterminazione dei popoli afferma un principio che non varia a seconda delle maggioranze politiche che esprimono i popoli. Così come, se contestiamo l’imperialismo della Nato, non possiamo che denunciare quello della Russia. Il cupio dissolvi di Putin nel revanscismo zarista, più che in quello bolscevico, è una minaccia oggettiva alla pace nel mondo, non al dominio della Nato.

Ma la Nato, così reattiva a oriente per la difesa dell’Ucraina minacciata da Putin, ha un contraddittorio senso del bene dei popoli. Non si è scomodata per il diritto all’autodeterminazione dei Curdi in medioriente, ad esempio, dimostrando che il Donbass è un pretesto, che il suo sostegno all’autodeterminazione dei popoli è a intermittenza, di comodo, vale solo se funzionale a mantenere l’egemonia territoriale in determinate regioni, come in Kosovo. Le basi militari Nato in Turchia giustificano agli occhi dei guerrafondai il massacro del popolo curdo da parte di Erdogan. Questo è quanto importa dell’autodeterminazione dei popoli alla Nato. Ma di quello che pensano o vogliono i popoli non interessa nè Putin nè Biden nè la Nato.

Nel frattempo il 4 febbraio scorso, durante le olimpiadi invernali, la Russia ha firmato un contratto di 30 anni per la fornitura di gas alla Cina attraverso un nuovo gasdotto, rafforzando un’alleanza energetica con Pechino nel pieno dello scontro tra Mosca e la Nato sull’Ucraina. Insieme Cina e Russia hanno inoltre bloccato la richiesta di Washington per nuove sanzioni alla Corea del Nord per nuovi test missilistici, nonostante le avessero accettate prima. Segnali. Come un segnale è dato dalla posizione cinese durante il Consiglio di Sicurezza dell’Onu che condannava l’aggressione russa all’Ucraina, in cui la Cina si è mantenuta defilata e l’ambasciatore Zhang Jun ha affermato che “tutte le parti interessate devono esercitare moderazione ed evitare qualsiasi azione che possa alimentare le tensioni”. La Cina ha tutto l’interesse a restare a guardare fino all’ultimo, per capire al termine di questa crisi quanto potrà osare in futuro per le sue di mire espansionistiche e come reagirà la Nato.

Il paradosso di Richard Nixon potrebbe però offrire una via d’uscita dallo stallo tendente alla guerra per l’Ucraina. Non soltanto per la consuetudine che vede negli Usa i presidenti democratici iniziare guerre che poi chiudono i repubblicani. Nixon con notevole pragmatismo fece leva sulla Cina per stabilire un contrappeso all’Urss che non fosse di carattere esclusivamente militare. Venne chiamata “diplomazia triangolare”, una geopolitica che minacciava costantemente ma indirettamente i fini strategici dell’Urss tenendoli separati da quelli di Pechino. Biden al contrario sta spingendo la Russia tra le braccia della Cina. Perchè il problema vero delle presidenze Usa è che ai fini della pace è più funzionale il menefreghismo repubblicano sui problemi locali delle potenze mondiali che l’idealismo democratico di “salvare” il mondo sotto l’unico cappello della Nato.

Esattamente 50 anni fa, il 21 febbraio 1972, Nixon incontrava a Pechino Mao Zedong. L’Europa potrebbe assumere oggi il ruolo che fu di Nixon in quell’epoca e nel suo equilibrio, comunque guerrafondaio, evitò molti conflitti oltre a spingere i cinesi a premere sul Vietnam per accordarsi sul ritiro Usa. Ma anche questa resta un’utopia, perchè al momento nella diplomazia europea come in quella a stelle e strisce non emerge nessuna figura di prestigio in grado di avviare un’offensiva a tutto campo per far entrare ufficialmente la Cina nella trattativa sull’Ucraina e costringerla a premere su Mosca. E questa assenza di capacità di movimento politico rende la guerra nel cuore d’Europa sempre più vicina.

ECCO I MOTIVI PER CUI LA LOTTA CONTRO LA GUERRA NON DECOLLA

di Umberto Franchi

– Dall’inizio degli anni ’70, come molti altri, ho speso le mie energie nella lotta per la giustizia sociale, l’uguaglianza, la pace… partecipando attivamente sia come dirigente responsabile della Cgil ai vari livelli che militando nei diversi Movimenti di lotta;

– nel 2002 , in qualita’ di segretario della FIOM CGIL della provincia di Lucca, assieme alla RSU della ditta metalmeccanica FABIO PERINI, si organizzò una assemblea aperta con Emergency e Teresa Strada, nella quale 600 lavoratori indossarono la maglietta per la pace e donarono un’ora di lavoro a EMERGINCY per l’attività di pace svolta negli ospedali del mondo;

– ricordo che nel febbraio 2003 quasi tutte le abitazioni avevano sul davanzale la bandiera della pace e centinaia di milioni di persone si radunarono nelle varie piazze del mondo per protestare contro la guerra in Iraq… Credo fosse stata la più grande manifestazione umana che nessun governo avrebbe dovuto ignorare ma lo fecero gli USA e la NATO;

– Gli USA pur di abbattere il legittimo presidente Saddam Hussein inventarono di sana pianta, con documenti falsi, che l’Iraq stava costruendo armi atomiche, chimiche e biologiche; il Segretario di Stato USA Colin Powel si recò all’ONU per mostrare una falsa fiala di liquido chimico dicendo che era la prova che l’Iraq stava costruendo le armi chimiche;

– da lì inizio’ la seconda guerra nel Golfo che non solo portarono alla distruzione dell’Iraq, alla destituzione e impiccagione di Saddam Husseim ma anche a tutte le successive guerre Nato/Usa nei vari Paesi che segnarono la disgregazione del Medio Oriente ancora in atto;

– i conflitti fomentati dall’imperialismo USA sono proseguiti in diversi Paesi africani e asiatici: Libia, Siria, Afghanistan… con costi enormi per le popolazioni. Gli unici ad avere sviluppato armi di distruzione di massa sono gli USA;

– Gli USA e la NATO hanno anche contribuito al bombardamento di varie città della ex Jugoslavia ed alla disgregazione di quel Paese; inoltre nel 2008 hanno riconosciuto indipendente il KOSOVO che in precedenza era una regione della Serbia;

– Oggi come possiamo dire «No» ai Russi che riconoscono l’indipendenza del DONBASS dove la popolazione e’ di lingua russa ?

– il Segretario della Nato e il Presidente degli USA hanno detto che l’Ucraina e’ un Paese sovrano e può decidere quando vuole di entrare nella NATO e piazzare i missili atomici (della Nato) al confine con la Russia.

– Quindi come dare torto a Putin quando sostiene che la sicurezza ai confini russi va tutelata e non devono esserci rampe di missili atomici in Ucraina puntati contro Mosca?

– Come non ricordare che gli Stati Uniti nel lontano 1962 fecero togliere i missili sovietici da Cuba?

DISASTRI E FRACASSO NEL MONDO: COME SIAMO ARRIVATI ALLA CATASTROFE IN UCRAINA E IL RUOLO CHE CI COMPETE

di Enrico Semprini
Lo squallore si aggira per il mondo. Nel mentre il Portogallo deve fare i conti con la siccità che sta mettendo a rischio l’agricoltura dell’intera nazione – uno dei tanti effetti del disastro che viene provocato dalla distruzione delle risorse – i politici del mondo stanno di nuovo giocando alla guerra.
E’ la più grande dimostrazione del degrado della politica internazionale: nessuno di noi però si deve sentire innocente.
La NATO e la Russia si stanno confrontando in quella che non è una nazione ma un teatro di guerra.
C’è qualcuno dei tanti soggetti che si stanno muovendo in quello scacchiere che è interessato al benessere di quel Paese?
Evidentemente no.
Quando le donne ucraine sono emigrate in occidente per badare ai “nostri vecchi”, nessuno si è chiesto come aiutarle a restare nella loro terra per poter avere cura dei loro veri affetti, nessuno ha pensato di “aiutarle nel loro Paese” come vogliono gli slogan – ipocriti e razzisti – delle destre del mondo. Non sono arrivati aiuti dall’estero per risollevare un’economia alla miseria: era troppo comodo avere a disposizione queste moderne schiave che vivono sepolte nelle nostre case per sollevarci dalle fatiche nell’accudimento delle nostre nonne e nonni, madri o padri.
Non ci sono missioni di aiuto in questi casi.
Eppure adesso tutti i Paesi che fanno parte della NATO (Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico) sono disponibilissimi ad inviare centinaia di migliaia di tonnellate di aiuti militari per la “difesa” del territorio ucraino dal terrore per il ritorno “dell’Impero Sovietico”.
Non si sa neppure di cosa si sta parlando e tutti si sprecano nel fare il tifo per qualche contendente, come se ci fosse qualcosa da salvare o se dovessimo parteggiare in una contesa sportiva.
Parliamoci chiaro: per chi si dice comunista (e dovrebbe battersi per il potere in mano alla classe operaia) possiamo garantire che se gli operai non hanno comandato a lungo nell’Unione Sovietica meno che mai sono in questo momento al potere in Russia.
Dunque non ci interessa difendere Putin o la grandezza della Russia, ma non vogliamo per questo esimerci dal cercare di capire come stanno le cose. Se anche scopriremo che la Russia non è “il trionfo del male” – come vogliono farci credere – non per questo tiferemo per l’esercito russo in questa disputa schifosa.
Il Fondo Monetario Internazionale stima la Russia dell’anno 2018 al 65° posto per PIL cioè Prodotto Interno Lordo pro capite, mentre è al 12° posto come PIL assoluto. Questo significa che gli Stati Uniti da soli producono circa 12 volte quello che produce la Russia e se aggiungiamo l’Unione Europea (i due gruppi che all’incirca comprende la NATO) arriviamo a oltre 20 volte la produzione complessiva della Russia.
Quindi non è una guerra tra pari: ma tra un nano economico e la maggior parte dei giganti dell’economia mondiale.
Tuttavia la Russia è il Paese più grande del mondo. Anche mettendo insieme le dimensioni dell’Europa e degli Stati Uniti, non arriviamo che a raggiungere i 2/3 delle dimensioni dell’intera Russia attuale.
Dovremmo allora chiederci: chi ha appetito su chi?
Ma perché i Paesi del nord del mondo si sono federati in un patto militare chiamato NATO?

Prendiamo per buona la interpretazione più positiva la quale dice che la NATO nacque in risposta “difensiva” al blocco di Berlino da parte dell’allora Urss. La Germania, alla fine della seconda guerra mondiale, venne separata in due aree: la Repubblica Federale Tedesca a economia capitalista e la Repubblica Democratica Tedesca a economia pianificata. Berlino era completamente nella parte di influenza russa, nella Repubblica Democratica, ma era divisa in quattro settori gestiti da Stati Uniti, Inghilterra, Francia e Unione Sovietica. L’Urss decise di appropriarsi della città, nel modo che – accontentandosi della descrizione su Wikipedia – viene descritto di seguito:

Il 24 giugno 1948, l’Unione Sovietica bloccò gli accessi ai tre settori occupati da statunitensi, inglesi e francesi di Berlino, tagliando tutti i collegamenti stradali e ferroviari che giocoforza attraversavano la parte di Germania sotto controllo sovietico. Le parti occidentali della città furono anche scollegate dalla rete elettrica, anch’essa sotto controllo sovietico. Berlino ovest divenne una buia città assediata, senza viveri né medicinali. […]
Il 25 giugno, il giorno dopo l’inizio del blocco, venne istituito un enorme ponte aereo che poi durerà 462 giorni. Centinaia e centinaia di aeroplani, chiamati affettuosamente “Rosinenbomber” (bombardieri d’uva passa) dalla popolazione locale, trasportarono un’enorme varietà di provviste, da interi container pieni di viveri, carbone e medicinali a piccoli pacchetti di caramelle con attaccato un minuscolo paracadute individuale per i bambini (i pacchetti di caramelle paracadutati furono ideati dal pilota Gail Halvorsen). Gli ammalati gravi ed i bambini venivano evacuati dalla città con gli stessi aerei. Gli aeromobili vennero forniti e volarono dagli Stati Uniti d’America, dal Regno Unito e dalla Francia, ma gli equipaggi furono forniti anche dall’Australia, dal Sudafrica e dalla Nuova Zelanda. Furono in totale effettuati 278.228 voli, trasportando 2.326.406 tonnellate di cibo e altre forniture, tra cui 1.500.000 tonnellate di carbone per riscaldamento e produzione di energia elettrica, dando vita al più grande trasporto umanitario della storia. All’apice dell’operazione atterravano a Berlino 1.398 voli ogni 24 ore trasportando 12.940 tonnellate di viveri, carbone e macchinari.
L’Unione Sovietica tolse il blocco a mezzanotte del 12 maggio 1949. Il ponte aereo continuò comunque fino al 30 settembre; era intenzione delle democrazie occidentali di costituire a Berlino sufficienti scorte in caso i sovietici bloccassero di nuovo la città.

 

Stiamo saccheggiando la storia per trarne qualche spunto. Sempre con l’intento di semplificare il ragionamento, cerchiamo di capire come e perché nasce la NATO secondo la ricostruzione di Wikipedia:

 

Il Patto Atlantico traeva origine dalla percezione che il mondo occidentale (costituito da Stati Uniti d’America, Canada, Regno Unito, Francia, Norvegia, Germania, Italia e altri Paesi dell’Europa occidentale), dopo la seconda guerra mondiale, stesse cominciando ad accusare tensioni nei confronti dell’altro paese vincitore della guerra, ossia l’Unione Sovietica, con i suoi Stati satellite.
Cominciava, infatti, a svilupparsi nelle opinioni pubbliche occidentali il timore che il regime sovietico potesse “non accontentarsi” della spartizione geografica generata, al termine della Guerra, da varie conferenze di pace e che, radicalizzando i contenuti ideologici della società, volesse intraprendere una mira espansionista per l’affermazione globale dell’ideologia comunista. […] La NATO, quindi, rispondeva all’esigenza di allearsi e di mettere a fattore comune i propri dispositivi di difesa, per reagire “come un sol uomo” a un eventuale attacco.
Il ponte aereo di Berlino

Tale sentimento ebbe una significativa spinta dopo i fatti di Berlino del 1948. […] La vicenda dell’ “assedio” a Berlino Ovest, fece forte impressione sulle popolazioni occidentali e, di fatto, favorì la decisione di istituire un’Alleanza del mondo occidentale contro la percepita minaccia sovietica.

 

I Paesi che rientravano nell’area di influenza dell’Urss fondarono, dopo alcuni anni, il “Patto di Varsavia”; vediamo cosa ne dice il sito della Treccani:

Varsavia – Patto di Alleanza politico-militare e organizzazione di mutua assistenza fra l’Unione Sovietica e le democrazie popolari dell’Est europeo, operativa dal 1955 al 1991. Ispirata dal desiderio dell’URSS di rafforzare il proprio controllo sui Paesi satelliti, già operante attraverso una serie di accordi bilaterali di alleanza, e di riarmare la Repubblica democratica tedesca, rappresentò una risposta politica al riarmo della Repubblica federale di Germania, consentito dalla sua inclusione nella UEO e nella NATO (Accordi di Parigi e di Londra del 1954). Il patto prevedeva un’integrazione militare, consultazioni politiche e un impegno alla difesa reciproca tra URSS, Polonia, Cecoslovacchia, Repubblica democratica tedesca, Romania, Bulgaria, Ungheria e Albania (che però ne uscì di fatto nel 1961, al momento della frattura ideologica con Mosca, e formalmente nel 1968, dopo l’invasione della Cecoslovacchia).

 

Perché ricordiamo questi fatti? Perchè il Patto di Varsavia non esiste più dal 1991, come l’Unione Sovietica. Per logica, anche le ragioni che avevano determinato la nascita della NATO si sono dissolte, di fatto, nel 1991.
In questi trent’anni la Russia non ha mai fatto interventi militari all’estero.

Vediamo invece cosa ha fatto la NATO, usando ancora un poco la Treccani:

Nei primi anni Novanta la scomparsa dell’Unione Sovietica esaurì lo scopo per il quale l’organizzazione aveva visto la luce, rimettendone in discussione la stessa sopravvivenza nel nuovo contesto internazionale. L’avvio di una fase di instabilità sul continente europeo, con l’inizio delle guerre balcaniche, e il tentativo da parte di alcuni dei membri Nato di trasformare l’organizzazione in un forum di cooperazione e dialogo con i Paesi prima appartenenti al blocco sovietico contribuirono tuttavia a tenere in vita l’Alleanza.
Tra il 1999 e il 2009 l’approfondimento delle relazioni con gli ex nemici condusse all’ingresso di 12 nuovi stati dell’Europa centro-orientale: tra questi, 10 sono ex membri del Patto di Varsavia e due (Slovenia e Croazia) sono di recente formazione, prodotto delle guerre iugoslave. Parallelamente l’organizzazione avviò nuovi programmi e inaugurò nuove strutture che miravano a favorire il dialogo con la Russia e con quei Paesi dell’Europa centrale e orientale che non facevano parte dell’Alleanza (Partnership for Peace, Comitato Nato- Ucraina, Consiglio Nato-Russia). Malgrado ciò, l’allargamento a est dell’Alleanza è stato percepito e continua a essere percepito da Mosca come un’immediata minaccia alla propria sicurezza esterna.
Le mutate condizioni internazionali hanno spinto la Nato ad allargare, oltre alla membership, anche il suo raggio d’azione militare. Tutti gli interventi militari dell’Alleanza sono infatti avvenuti ‘out of area’, ovvero sul territorio di Paesi non membri dell’Alleanza e quasi sempre senza che l’Alleanza certificasse un’aggressione diretta nei confronti di uno dei suoi membri. Nel 1995 la Nato, che sin dal 1993 operava nel Mar Adriatico per far rispettare il blocco navale contro la Iugoslavia autorizzato dalle Nazioni Unite, intervenne nella guerra in Bosnia con una campagna di bombardamenti della durata di venti giorni, schierando successivamente nel paese una missione di peace-enforcing Implementation Force (Ifor) e una di peacekeeping Stabilisation Force (Sfor). Lo stesso accadde nel 1999, quando durante la guerra del Kosovo la campagna di bombardamenti Nato sulla ex Iugoslavia (questa volta non autorizzata dalle Nazioni Unite) costrinse Belgrado ad accettare la presenza di una missione di peacekeeping Forze del Kosovo (Kfor) nella regione secessionista. Gli interventi degli anni Novanta procurarono una ricaduta positiva sul prestigio dell’Alleanza, che giunse a essere considerata l’unica organizzazione regionale efficace nel risolvere crisi internazionali.
Oggi, tuttavia, l’Alleanza si trova ad affrontare questioni sempre più complesse. Nel 2001 l’attacco alle Twin Towers di New York portò a richiedere – per la prima volta nella storia dell’Alleanza – l’applicazione dell’articolo 5 del Trattato, che considera l’attacco diretto a un paese membro come un attacco a tutti. Le fasi iniziali dell’invasione dell’Afghanistan, tuttavia, furono condotte da una coalizione internazionale a guida statunitense al di fuori delle strutture dell’Alleanza, e solo tra il 2003 e il 2006 alla Nato furono lentamente estese funzioni di comando sulle forze internazionali. Il coinvolgimento diretto della Nato nell’interminabile
conflitto afghano ha tuttavia collegato la reputazione dell’Alleanza all’andamento delle operazioni sul campo, che si sono rivelate inconcludenti. Inoltre il dibattito politico attorno all’intervento in Afghanistan ha reso sempre più evidente il progressivo divaricamento tra le due sponde dell’Atlantico. L’assenza di un chiaro nemico comune e la natura costitutivamente asimmetrica della Nato, cui dal 1991 partecipa l’unica superpotenza rimasta (gli Stati Uniti, i quali destinano al settore della difesa una somma annuale più alta rispetto a tutti gli altri paesi Nato sommati assieme), hanno infatti provocato l’apertura di solchi sempre più ampi tra Washington e le capitali europee, tanto in merito al tipo di azione adeguata a rispondere alle comuni minacce alla sicurezza, quanto per ciò che concerne l’identificazione stessa di tali minacce. Tali divergenze rischiano di aggravare ulteriormente il problema del burden sharing, dal momento che i paesi dell’Europa occidentale hanno costantemente disatteso l’obiettivo minimo di spesa nel settore della difesa raccomandato dalla Nato (il 2% del pil).
La decisione dell’Alleanza, nei primi mesi del 2011, di intervenire in Libia sotto mandato delle Nazioni Unite per proteggere la popolazione civile non ha fatto che acuire la sensazione di disagio cui sono preda molti paesi membri. La crisi libica ha sin da subito interessato solo una piccola frazione dei membri europei dell’Alleanza (Francia e Gran Bretagna, cui s’è poi aggiunta l’Italia), e l’utilizzo delle strutture Nato per il comando delle operazioni ha incontrato le resistenze della Turchia, da una parte, e degli stessi Stati Uniti dall’altra, questi ultimi decisamente restii a prender parte a un nuovo conflitto mentre sono in via di conclusione gli interventi in Iraq e in Afghanistan.

 

Dunque la NATO è diventata una struttura di intervento militare attivo, con azioni che nulla avevano a che vedere con la sua fondazione.
Ma allora perché la NATO deve espandersi sempre più vicino al territorio russo? Ricordiamo quanto scritto sopra: «Tra il 1999 e il 2009 l’approfondimento delle relazioni con gli ex nemici condusse all’ingresso di 12 nuovi stati dell’Europa centro-orientale: tra questi, 10 sono ex membri del Patto di Varsavia» . E’ così strano credere che se un patto militare – modificato per attuare missioni di guerra – si estende sempre più vicino al territorio russo (impiantando basi militari e stazioni radar) nei fatti vi sia una aggressione strisciante?
Da chi ci si deve difendere se la Russia non ha mai attaccato nessuno prima dell’intromissione NATO negli affari ucraini? Certamente la Russia ha in testa solo la sua debolezza economica. E certamente non fa questo intervento per garantire una migliore qualità della vita nei territori contesi: frega niente. Ma questo non significa che l’Ucraina avesse necessità della copertura della Nato: è proprio il continuo allargamento della NATO e l’arrivo delle armi che costituisce l’innesco di una tensione che si sta evolvendo nel peggiore dei modi possibili da immaginare.
IL RUOLO CHE CI COMPETE.

Chi si batte per il potere dei produttori della ricchezza sociale, per il potere operaio è denunciare e ostacolare con ogni mezzo l’azione guerrafondaia dei propri governi: a noi che viviamo nei Paesi occidentali, tocca batterci contro la NATO; alle nostre compagne e ai nostri compagni russi, ucraini e in ogni Paese coinvolto, tocca battersi contro la guerra voluta dai loro rispettivi pessimi capi, interessati sempre e comunque ad altro rispetto al benessere delle classi subalterne.
Non dobbiamo difendere la politica di qualche Stato (orientale o occidentale che sia). Non siamo favorevoli all’intervento militare della Russia perchè non siamo favorevoli all’oppressione militare di nessuna popolazione ma dobbiamo denunciare con forza l’attività criminosa dei governi statunitense ed europei che stanno promuovendo ed ispirando, nei fatti, questa guerra schifosa e, purtroppo, non fuori dal tempo.
Tocca a noi saper costruire un attacco ai meccanismi di consenso che i nostri mass-media stanno veicolando come se fossero degli angioletti mentre sono assassini pronti ad usare le armi che hanno prodotto (come tante persone dicono se vengono prodotte è per usarle).
La guerra, per qualcuno, è un grande affare: per le popolazioni coinvolte e per noi donne e uomini che siamo sono sotto la tirannia del sistema capitalista, certamente non lo è e non lo sarà. E già stanno utilizzando la guerra per giustificare i sacrifici dei rincari che siamo noi a subire.
Diciamo no alla guerra con forza e decisione!
No all’intervento italiano: fermiamo i treni pieni di armi.

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

9 commenti

  • Leggo i vostri articoli con interesse. Stamani, però, agghiacciata dall’esplodere della guerra annunciata, ho letto per prima l’articolo su RT.Com, la TV di stato russa, questo : Sergey Karaganov: Russia’s new foreign policy, the Putin Doctrine
    Moscow’s confrontation with NATO is just the start

    By Professor Sergey Karaganov, honorary chairman of Russia’s Council on Foreign and Defense Policy, and academic supervisor at the School of International Economics and Foreign Affairs Higher School of Economics (HSE) in Moscow.
    Se questo è quanto, occorre rileggersi anche il saggio di Alessandro Colombo ISPI sul multilateralismo oggi, e sono sempre più agghiacciata.

  • La “bottega” riceve da Antonia Sani

    L’aggressione dell’Ucraina è una scusa! La posizione di Putin nell’opposizione alla Nato e sui confini con l’Ucraina ci riportava di colpo agli anni della “guerra fredda” , non tanto per l’allora dura separazione (soprattutto ideologica) tra paesi europei usciti dalle ceneri del dopoguerra col Patto di Varsavia, quanto per la decisa volontà del leader russo attuale di rimuovere l’ostacolo rappresentato dal potere degli USA/Alleanza Atlantica sul territorio europeo.
    Ci siamo svegliati con la guerra in tv. Un nuovo spettacolo. Immagini da un mondo lontano su cui Putin ha deciso di estendere due delle sue fondamentali posizioni. 1) il miraggio della vecchia URSS . Ricordiamo il suo discorso di qualche sera fa con spirito unitario nei confronti dell’Ucraina, della comune cultura e tradizioni . 2) l’insopportabilita’ del mondo occidentale che tutto unito da Nato in poi minaccia il potere autoritario , o meglio l’autonomia del Capo russo. È una prova dj potere e di forza. Le due repubbliche filosovietiche, la Crimea,la società dei separatisti hanno dato sicurezza a Putin , l’intenzione è di esibirsi con un bagaglio da mostrare al mondo occidentale. Tutto puo succedere, dall’ unità di tutti gli Stati europei e il Consiglio Nordatlantico con sanzioni volte a bloccare l’economia russa, all’uso- non sia mai – di armi nucleari, all’ accerchiamento prolungato dei territori limitrofi… Ci saranno, questo è prevedibile, tavoli diplomatici. Come reagirà Putin ? L’Ucraina aggredita è la dimostrazione di non voler cedere alla Nato, sotto qualsiasi forma. L’ aggressione all’Ucraina è una scusa! Ma anche la dimostrazione della propria autonomia . Restano i due nemici storici . Antonia Sani

    • Valeria Taraborelli

      Sbaglio grossolano identificare ciò che afferma WLADIMIR W. Putin con ciò che può essere considerato alla luce dei fatti. Perché solo ora il Donbass è diventato così importante? Perché un pupazzo presidente fantoccio regalato con un colpo di stato, richiede l’adesione Nato?

  • Gian Marco Martignoni

    L’ambasciatore Sergio Romano, intervistato da Tommaso Di Francesco su Il manifesto del 9 c.m, pur non essendo un bolscevico ha sostenuto che gli ” Stati Uniti hanno bisogno di un nemico” e che per questa ragione hanno bisogno di una crisi permanente in o dell’Ucraina. Un analista acuto come Manlio Dinucci, su Il manifesto del 1 c.m ha segnalato come la compagnia militare privata Blackwater, finanziata dalla Cia insieme al battaglione nazi-fascista Azov ” sono in prima linea pronti a far stragi di russi nel Donbass”. Se si considera che dopo il golpe di Piazza Maidan del 2014 è proseguita una guerra di bassa intensità (con oltre diecimila morti ) contro l’autonomia del Donbass, tanto che gli accordi di Minks sono rimasti lettera morta, non credo ci si possa sorprendere di quanto è accaduto, al di là se Putin possa piacere o meno. A mio parere non è questo il punto, a meno di ritenere legittimo l’accerchiamento della Russia da parte della Nato, il finanziamento ultra-militare dell’Ucraina e il disconoscimento delle recenti proposte avanzate dalla Russia per una prospettiva di relazioni internazionali fondate sulla distensione pacifica . Che poi l’informazione sia unilaterale e deformata non lo apprendiamo oggi, dopo quello che abbiamo visto in Iraq, Iugoslavia, Iraq, Libia, Siria, Afghanistan, ecc…

  • domenico stimolo

    Il Forum delle Associazioni antifasciste e della Resistenza: “L’attacco all’Ucraina va condannato senz’appello”
    24 Febbraio 2022

    La presa di posizione del Forum. “Uomini donne e bambini, a cui va tutta la nostra solidarietà, tornano a temere per loro vite mentre dopo 77 anni una guerra di grandi proporzioni sembra riaffacciarsi in Europa”

    Con l’attacco all’Ucraina, che condanniamo senza appello, uomini donne e bambini, a cui va tutta la nostra solidarietà, tornano a temere per loro vite mentre dopo 77 anni una guerra di grandi proporzioni sembra riaffacciarsi in Europa.

    Questa tragedia richiama tutti al più grande senso di responsabilità e di fermezza.

    Come Forum delle Associazioni antifasciste e della Resistenza, eredi di coloro che in tempi e con modi diversi si opposero alle politiche nazionaliste del nazismo e del fascismo, aspirando a un mondo di Pace Libertà e Giustizia, sentiamo l’obbligo di richiamare tutti al pieno rispetto dell’art. 11 della Costituzione, con il quale le Madri e i Padri Costituenti ben conoscendo gli orrori della guerra, vollero sottolineare il perenne dovere al ripudio della guerra e alla ricerca di soluzioni negoziali.

    Ci rivolgiamo dunque alle forze politiche, associative, sindacali, ai singoli cittadini perché alzino la loro voce in difesa della Pace e dei princìpi del diritto internazionale contro risorgenti nazionalismi e nuovi sovranismi.

    Ci rivolgiamo all’Unione Europea perché in modo unitario prenda l’iniziativa per riaffermare un’Europa libera, unita e di pace come immaginata a Ventotene e come impostata e faticosamente costruita dai suoi Padri fondatori.

    24 febbraio 2022

    Il Forum delle Associazioni antifasciste e della Resistenza:

    ANPI – Associazione Nazionale Partigiani d’Italia

    AICVAS – Associazione Italiani Combattenti Volontari Antifascisti in Spagna

    ANED – Associazione Nazionale Ex Deportati nei campi nazisti

    ANEI – Associazione Nazionale Ex Internati

    ANFIM – Associazione Nazionale Famiglie Italiane Martiri

    ANPC – Associazione Nazionale Partigiani Cristiani

    ANPPIA – Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti

    ANRP – Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia

    FIAP – Federazione Italiana Associazioni Partigiane

    FIVL – Federazione Italiana Volontari della Libertà

    • Sono un iscritto all’ANPI e questo silenzio delle Associazioni antifasciste e della Resistenza alla deriva nazista dell’Ukraina esplosa alla luce del sole con la strage perpretata in Piazza Maidan nel 2014 da nazifascisti di Svoboda e Pravdi Sektor con l’aiuto di almeno 5 agenti segreti georgiani prestati da Schakashvili al progetto USA mi lascia allibito e addolorato. Se questo è antifascismo devo concludere che è un antifascismo da operetta! L’ANPI e tutta la compagnia elencata hanno taciuto sulle squadracce fasciste di cui sopra nelle aree russofone che hanno provocato la difesa civile, hanno taciuto sugli assassini di giornalisti ukraini che erano impegnati per scrivere la verità, hanno taciuto sulle stragi di Odessa nella Casa del Sindacato e a Mariupol, hanno taciuto sugli assassinii di inermi cittadini che disarmati presidiavano i monumenti che ricordavano la Seconda Guerra Mondiale e il loro tributo contro il nazifascismo, hanno taciuto sugli oltre 10.000 morti nelle aree del Donbass e 8 anni di vita assurda subita da quelle popolazioni dagli attacchi di un esercito regolare con l’inserimento di squadroni nazisti che avevano simboli come SS Galizien sulle loro divise. Anche alcuni giorni prima dello scoppio della guerra sono arrivate foto di reparti dell’esercito ukraino con bandiere naziste, NATO e ukraine. Se ne è mai denunciato nulla? Si è denunciato che magistrati ukraini venivano minacciati all’interno dei tribunali e delle stesse aule di giustizia da squadracce naziste senza nessun intevento della polizia e centomila altre efferatezze taciute dai nostri democratici “antifascisti”. Si è taciuto delle sistematiche violazioni degli accordi di Minsk che avrebbero portato ad una soluzione pacifica sul tipo delle nostre autonomie come la valle d’Aosta, la provincia di Bolzano e il suo trilinguismo. Provo una profonda pena per questo squallido accodamento alla falsa e interessata versione dll’Impero

  • «Industria delle armi: la coda che agita il cane»
    di Jake Lynch
    La guerra non sarebbe nell’interesse di nessuno. Quanto l’abbiamo sentito nell’attuale crisi ucraina? Ma c’è un’ovvia eccezione. L’industria delle armi è la perenne vincitrice in tali situazioni e qualunque sia l’esito dell’attuale confronto … i mercanti d’armi circoleranno in cerca d’opportunità d’approfittarne.
    CONTINUA QUI:
    https://serenoregis.org/2022/02/24/industria-delle-armi-la-coda-che-agita-il-cane/

  • domenico stimolo

    A volere utilizzare gli schemi dell’ ”ortodossia” di sinistra e della cultura pacifista si arriva alla facile conclusione che il conflitto armato tra Russia e Ucraina – con l’aggressione della Russia- si sta sviluppando utilizzando essenzialmente i vecchi ( ma sempre di moda) schemi del più becero nazionalismo. Un terreno dove facilmente sguazzano le logiche vincenti che caratterizzano il cosiddetto mondo occidentale, strettamente connesso al mito degli “esportatori di democrazia” e delle “guerre umanitarie”.
    Le precedenti ecatombi che hanno flagellato l’Europa, ovest e est, dal 1915 – molte, proprie molte decine di milioni in morti, feriti e mutilati – in difesa e gloria di una “patria” propagandata a miglior ritorno per i seminatori di odio di professione : prima e seconda guerra mondiale, guerra di Spagna, guerre di contrapposizione ai movimenti di liberazione che richiedevano l’indipendenza nei numerosi paesi che costituivano gli imperi europei in giro per il mondo, smembramento della ex Jugoslavia…….. non hanno alfine prodotto grande giovamento.
    Le loro articolazioni armate, specie nella rappresentazione delle supreme organizzazioni internazionali, Nato, Patto di Varsavia (……urca il Patto non c’è più da svariati decenni), con grande ingrossamento materiale dei portafogli delle strutture dedicate alla ricerca e alla produzione delle molteplici tipologie di armi, negli ultimi decenni sono ritornati prepotentemente in prima pagina, al grido: “ la patria ti chiama”………giusto per dirottare l’attenzione dai forzieri sempre più ricolmi a seguito degli arsenali sempre più colossali (….altro che “si colmino i granai” gridato dal buon Sandro Pertini).
    Tutti gli “osservatori” militari, politici, economici, di informazione, parlano, ancor più in questi giorni di aggressione all’Ucraina, di strategie, aerei, missili, carri armati, navi…..e di tutte le diavolerie utili a procacciare morte e mutilazioni, compreso gli arsenali nucleari.

    In questo gigantesco coacervo continuamente divulgato è proprio impossibile trovare riflessioni, analisi sullo stato di vita dei cittadini che sono stati lasciati, armi in mano, a scontrarsi tra loro, ognuno innalzando la propria bandiera!
    Pochissimo ( per non dire niente) viene detto e dibattuto riguardo: le condizioni socio-economiche, sulla distribuzione del reddito, occupazioni, salati/stipendi, pensioni, accumulazione e distribuzione delle ricchezze, sulle libertà sindacali e dei diritti fondamentali, quindi, sanità, scuole, case, parametri sulla qualità della vita ( stato sociale)……. In questo caso riguardanti i cittadini di RUSSIA e UCRAINA ( qualcuno ha evidenziato solamente che il prodotto interno lordo della Russia è più o meno uguale a quello dell’Italia.
    Riguardo l’Ucraina c’è un aspetto di grandissimo rilievo ormai diventato strutturale. A partire dagli ultimi 20/30 anni una parte molto numerosa della popolazione è emigrata, uomini e donne ( queste abbandonano di fatto le famiglie), sparsi in Europa ( in Italia sono oltre 270.000, quelli ufficiali) e nel mondo. E’ il termometro principale che denota lo stato catastrofico delle condizioni socio-economiche del Paese.

    A questo riguardo c’è un efficace articolo pubblicato da “Contropiano” nell’agosto del 2019, con il titolo: “ Ucraina verso la catastrofe demografica: ma a chi importa?”. E’ consigliata la lettura:
    https://contropiano.org/news/internazionale-news/2019/08/06/lucraina-verso-la-catastrofe-demografica-ma-a-chi-importa-0117844

  • DEMOCRAZIA /GUERRA di Franco Astengo

    Norma Rangeri firma un editoriale (”Il Manifesto” 25 febbraio) dove affronta il tema della crisi della democrazia intesa quale fattore determinante per la ripresa e l’esplosione del confronto bellico.
    L’articolo si conclude esprimendo l’opinione, in riferimento all’impotenza dell’Europa, : “..opinioni pubbliche se saranno in grado di suscitare un’onda pacifista contro una guerra capace di nutrire se stessa”.
    Se la nostra interpretazione è corretta, il tema sollevato è quello dell’assenza di un movimento pacifista all’altezza della gravità della fase storica : aggiungeremmo anche dal nostro punto di vista la questione dell’assenza di rappresentatività politica, di incapacità di espressione dei soggetti di intermediazione sociale e di insufficiente analisi della difficoltà che emerge nel funzionamento dei meccanismi classici della democrazia liberale.
    Qualche tempo fa in un’intervista rilasciata proprio da Putin al “Financial Times” l’ex-agente del KGB, dichiarava la fine della democrazia liberale ponendosi a favore delle cosiddette (semplifichiamo per economia del discorso) “democrazie illiberali” del tipo di quella praticata in Ungheria e ipotizzata in Italia, attraverso l’assunzione di un ruolo centrale all’interno del sistema politico da parte della Lega e di Fratelli d’Italia(al netto delle pruriginose dichiarazioni rilasciate in queste ore da esponenti dei due partiti).
    Appare evidente davanti a noi come i richiami all’illiberalità facciano parte del meccanismo che ha portato direttamente al drammatico stato di cose in atto in un coacervo (è bene ricordarlo) di complicità a tutti i livelli.
    Esporre le cose in questo modo però finirebbe con il rischiare un eccesso di semplificazione.
    Allora si rende necessario andare meglio nel merito rispetto a ciò che è accaduto nel determinare questa vera e propria crisi della democrazia occidentale.
    Siamo entrati, infatti, in una terza fase della democrazia: la prima fase era quella della democrazia dei partiti, capaci di ottenere un consenso di massa intorno alla propria ideologia; la seconda fase è stata quella della “democrazia del pubblico” con i leader prevalenti sui partiti e il rapporto di fiducia personale tra il Capo e il pubblico della TV generalista capace di scalzare le ideologie. La terza fase è quella “ibrida” realizzata attraverso l’ingresso sulla scena di Internet che ha finito con il miscelare democrazia diretta e democrazia rappresentativa.
    In base all’analisi di questi cambiamenti si è prefigurata una deformazione della democrazia, pur conservando intatte le forme della democrazia novecentesca configuratesi attraverso il rito elettorale.
    Rito elettorale che si è sempre più identificato con espressioni di tipo plebiscitario.
    Il risultato è quello di uno svuotamento di senso progressivo e di depotenziamento dell’opinione pubblica e del confronto tra le idee in un quadro di allargamento delle disuguaglianze economiche e culturali e di crescita del corporativismo e dell’aggressività sociale.
    Si sono aperti varchi per avventure autoritarie e per lo strapotere delle lobbie in quadro di tecnocrazia dominante retta attraverso l’idea (fagocitante) dell’uomo solo al comando.
    Si sono affermate, in sostanza tre negative condizioni: quella tecnocratica, quella populista, quella plebiscitaria, riducendo la cittadinanza ad audience passiva del capo carismatico.
    Si così ottenuto il risultato di una sorta di riunificazione tra rappresentanza e governabilità in una sorta di “simbiosi” del potere con l’estinzione dei corpi intermedi tra la società e la politica e riducendo le opposizioni a pura marginalità.
    Da dove partire, allora, per modificare questa realtà proprio nel momento in cui il ritorno della guerra in Europa ne dimostra tutta la pericolosità?
    Prima di tutto sarà necessario stabilire i punti sui quali attestare una vera e propria “resistenza”partendo dalla diffusione del dibattito culturale sul tema della democrazia.
    I soggetti politici residui devono attrezzarsi per riprendere quella funzione pedagogica abbandonata il tempo della trasformazione del partito di  massa.
    Agire in questo modo all’interno della società attuale potrebbe apparire uno sforzo inutile, circondati come siamo da un dominante “pensiero unico”.
    Ma è questo il punto di resistenza e di esigenza di espressione di un pensiero alternativo: debbono risaltare gli elementi fondativi per un recupero di soggettività che esprimendo la complessità del rinnovamento di un pensiero democratico contenga già in sé la capacità di rappresentare un’alternativa misurata sulla complessità delle contraddizioni di cui – nello specifico – l’istanza pacifista rappresenti elemento di pensiero fondativo.

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