La deriva securitaria del Brasile

Le misure anticrimine varate dal governo del presidente Bolsonaro estendono pericolosamente la legittima difesa e giustificano la polizia militare dal grilletto facile.

di David Lifodi

L’inasprimento delle pene, la pericolosa estensione del principio di legittima difesa e l’impunità per i poliziotti già armati fino ai denti che spesso hanno il grilletto facile, nelle favelas e non solo, rappresentano soltanto alcuni degli aspetti più odiosi varati in tema di sicurezza dalla nuova presidenza Bolsonaro. Su di lui, peraltro, pesa l’accusa che il figlio Flávio abbia dei legami con la banda criminale sospettata di aver ucciso Marielle Franco il 14 marzo 2018.

Il timore maggiore di questa ondata repressiva, il cui fautore, Sergio Moro, riveste la carica di ministro della Sicurezza, è che aumenteranno ancora di più i casi di morti dovute ad azioni poliziesche. Già dal 2013 al 2017 questi episodi erano duplicati da 2.212 a 5.159. Ad allarmare sono soprattutto i decessi dovuti alle balas perdidas, le pallottole che spesso colpiscono anche persone innocenti o comunque non coinvolte nelle operazioni della polizia militare, nota per arrivare nelle favelas sparando all’impazzata contro le bande armate, ma finendo spesso per uccidere i civili.

Di fronte alla crescita esponenziale degli omicidi in tutto il paese, quasi 68.000 nel solo 2017 (l’anno a cui risalgono gli ultimi dati), il ministro Moro ha proposto una stretta repressiva allo scopo di ridurre la violenza criminale. Tuttavia, come ha sostenuto Bruno Langeani, dell’Instituto Soy de Paz di San Paolo, in un’intervista rilasciata al sito web Ipsnoticias.net, le nuove misure anti-crimine su cui punta Bolsonaro non faranno altro che tollerare ancora di più la legittima difesa nel senso più ampio del termine, con il rischio di concedere a tutta la popolazione una sorta di licenza in bianco ad uccidere. La ricetta di Moro sembra infatti quella di giustificare la legittima difesa tramite l’utilizzo indiscriminato delle armi da fuoco in tutti i casi in cui il cittadino si trovi in una condizione di sorpresa, forte emozione o terrore. Il pericolo maggiore, in situazioni del genere, è che cresca il numero delle esecuzioni extragiudiziali da parte della polizia, il cui confine con le bande criminali e paramilitari è peraltro assai labile. Spesso la manovalanza della criminalità organizzata è infatti composta da ex militari o ex agenti di polizia che controllano decine di quartieri delle megalopoli brasiliane e sono tollerati perché rivestono anche il ruolo di “tutori dell’ordine” dei quartieri tramite delle vere  e proprie milizie di sicurezza private.

A questo proposito, non si può far a meno di sottolineare l’evidente contraddizione, che in nome della pace governativa sarà probabilmente risolta, insita nel sodalizio tra Moro e la famiglia Bolsonaro. Non solo, in qualità di deputato nazionale (carica rivestita per 7 volte a fila), l’attuale presidente Jair aveva più volte speso parole di apprezzamento per le milizie parapoliziesche, ma addirittura il figlio Flávio, recentemente eletto senatore, vantava amicizie con esponenti di primo piano delle bande paramilitari che imperversano nelle favelas di Río de Janeiro all’epoca in cui era deputato dello stato, tanto da spingersi fino a trovare lavoro per alcuni dei loro familiari.

Desta forte inquietudine anche il decreto che permette ai civili di acquistare più facilmente armi da fuoco, firmato da Bolsonaro 15 giorni dopo il suo insediamento al Planalto. Del resto, il nuovo presidente brasiliano aveva incentrato gran parte della sua campagna elettorale non solo sulla sicurezza, ma anche sulla minaccia di repressione brutale, senza alcun rispetto nemmeno per i diritti umani, pur di far calare crimini e omicidi, di cui il paese è purtroppo leader mondiale.

Tra le proposte di Sérgio Moro, la cui popolarità si deve soprattutto alla vera e propria persecuzione giudiziaria nei confronti di Lula, in qualità di ex giudice federale, potrebbe avere una certa logica, rispetto al giro di vite securitario, la creazione di una Banca nazionale di profili balistici, se davvero servirà ad identificare le armi da fuoco utilizzate per i crimini. In uno Stato che ha lasciato passare del tutto sotto silenzio, a livello istituzionale, l’omicidio dell’attivista e consigliera del Psol (Partido Socialismo e Liberdade) a Río de Janeiro Marielle Franco,  se venisse fatta luce sull’arma che la uccise, forse sarebbe più semplice risalire ai suoi carnefici.

Sull’omicidio della donna, al momento, è scoppiato lo scandalo che coinvolge Flávio Bolsonaro, figlio del presidente. Come riportato anche dal quotidiano il manifesto, Flávio, all’epoca in cui era deputato statale all’Assemblea legislativa di Rio de Janeiro, aveva assunto nel suo gabinetto la madre  e la moglie dell’ex capitano Adriano Magalhães da Nóbrega, comandante della milizia Escritório do Crime e sospettato di essere uno degli autori materiale degli spari che hanno ucciso Marielle Franco e il suo autista. Il suo nome, tuttavia, non figura per ora tra quelli dei due arrestati lo scorso 12 marzo per la morte della consigliera del Psol. I due responsabili sono comunque due appartenenti alla polizia militare: Ronnie Lessa ed Elcio Vieira de Queiroz, quest’ultimo già licenziato perché era risultato essere l’autista del mezzo da cui erano stati esplosi i colpi di pistola contro Marielle Franco.

Quanto ad Adriano Magalhães da Nóbrega, adesso latitante, lo stesso Flávio aveva consegnato la Medaglia Tiradentes, il più alto riconoscimento dell’Assemblea legislativa di Rio, votando invece contro l’attribuzione del medesimo riconoscimento proprio a Marielle Franco.

Il fatto che Adriano Magalhães da Nóbrega appartenesse al Bope, il battaglione della polizia militare che svolge gran parte delle sue operazioni nelle favelas di Rio de Janeiro, insieme alla presenza, su 22 ministri della presidenza Bolsonaro, di ben 7 provenienti dall’esercito, ha osservato di recente Raúl Zibechi su Le monde diplomatique, significa che siamo di fronte ad un governo civico-militare? La risposta sembra scontata, con ripercussioni evidenti sulla deriva securitaria del paese.

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Due arresti in Brasile: primi passi avanti nelle indagini sull’uccisione di Marielle Franco

Appello e comunicato stampa di Amnesty International

Commentando la notizia dell’arresto di due persone sospettate del duplice omicidio di Marielle Franco e del suo autista Anderson Gomes, avvenuto la notte del 14 marzo 2018 a Rio de Janeiro, la direttrice del programma Americhe di Amnesty International Erika Guevara-Rosas ha diffuso questa dichiarazione:

“Questa settimana ricorre il primo anniversario della brutale uccisione di Marielle Franco: un attacco che ha devastato le tante comunità per i cui diritti Marielle lottava e un chiaro tentativo di ridurre per sempre al silenzio una coraggiosa difensora dei diritti umani, che aveva dedicato la sua vita alle donne, alle persone Lgbti e ai giovani neri delle favelas di Rio”.

“I due arresti sono il primo segnale di progresso in un’indagine che nell’anno trascorso dall’uccisione di Marielle Franco e Anderson Gomes ha fatto ben pochi passi avanti. Chiediamo alle autorità brasiliane di assicurare che l’indagine sia indipendente e imparziale e in grado di portare davanti alla giustizia e sottoporre a un processo equo tutti i responsabili, compresi i mandanti”.

“Non c’è modo migliore per onorare l’incredibile lascito di Marielle Franco se non impegnarsi a proteggere i difensori dei diritti umani e garantire che possano continuare a svolgere in condizioni di sicurezza il loro fondamentale lavoro”.

Roma, 12 marzo 2019

L’appello per chiedere al governo brasiliano di identificare i responsabili dell’uccisione di Marielle e di assicurarli alla giustizia è online all’indirizzo: https://www.amnesty.it/appelli/firma-per-marielle/

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Marielle Franco, parla la sorella: «Mi ha preparata a prendere il suo posto», un articolo di Laura Filios pubblicato su Osservatorio Diritti.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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