La devastante tecno-privatizzazione del mondo

Elena Camino sulle nuove “imprese spaziali” … con risvolti su Torino (*)

AVVENTURIERI NELLO SPAZIO


La devastante tecno-privatizzazione del mondo
Photo by NASA on Unsplash

Pochi giorni fa sono rientrati i primi 4 ‘turisti dello spazio’: le agenzie di stampa comunicano che si è conclusa con successo la prima missione senza astronauti professionisti a bordo: la sera del 18 settembre  “I primi quattro avventurieri spaziali della missione Insperation4 sono ammarati […]nell’Oceano Atlantico al largo della costa della Florida dopo aver trascorso tre giorni nello spazio a bordo della navetta Crew Dragon di SpaceX”.

Dai giornali apprendiamo che i quattro novizi – il miliardario Jared Isaacman, che ha noleggiato la missione, e altri tre americani – hanno trascorso tre giorni in orbita attorno alla Terra, viaggiando oltre la Stazione spaziale internazionale (Iss), fino a 590 chilometri d’altitudine. Sfrecciando in orbita a circa 28.000 chilometri orari, hanno fatto il giro del mondo più di 15 volte al giorno. Dopo l’ammaraggio sono stati trasportati in elicottero al Kennedy Space Center, da dove la navetta era stata lanciata con un razzo Falcon 9 il 15 settembre.

Questa ‘missione’ (organizzata dal miliardario Elon Mask) non è la prima del genere, anzi, è successiva ad altre due, realizzate nei mesi precedenti da altri due personaggi ricchissimi: Sir Richard Branson a luglio è volato con successo fino ai confini dello spazio e ritorno nel suo ‘razzo per passeggeri’ Virgin Galactic, seguito pochi giorni dopo da Jeff Bezos con il veicolo suborbitale New Shepard, costruito dalla sua compagnia spaziale privata Blue Origin, la prima compagnia al mondo a far atterrare con successo un razzo riutilizzabile su una piattaforma di atterraggio.

Quali obiettivi?

A seconda della fonte consultata, l’obiettivo dichiarato di queste missioni spaziali risulta diverso. Secondo alcuni esperti, le vacanze del futuro potrebbero comprendere – tra le opzioni – anche alcuni giri intorno alla Terra alla velocità di 17mila miglia orarie. Qualcuno si spinge ad affermare che siamo di fronte a una svolta nella democratizzazione dello spazio. Questo perché si dimostra che il cosmo è accessibile anche agli equipaggi che non sono stati selezionati e addestrati per anni. Qualche giornalista più concreto degli altri sottolinea che per concedersi una simile esperienza bisognerà essere molto, molto ricchi…

Quel che è certo è che (al di là degli impliciti e segreti interessi militari) ci sono forti interessi commerciali dietro al rapido sviluppo dell’industria spaziale; che sta riprendendo quota dopo anni di stagnazione.

Tra la NASA che progetta il ritorno sulla luna  , SpaceX che ha già ricevuto centinaia di prenotazioni  e sta per essere quotata in borsa,  la Cina che costruisce stazioni spaziali  per mandare folle di turisti nello spazio, simili viaggi diventeranno sempre più frequenti.  Un giornalista, sul Corriere della Sera del 22 settembre, riferisce che dopo il successo del volo orbitale di Inspiration 4, SpaceX sta ricevendo centinaia di richieste da facoltosi aspiranti astronauti che sognano l’orbita, anche con la nuova astronave Starship. Secondo i titolari dell’azienda, SpaceX potrebbe costruire più navette Crew Dragon per missioni puramente di turismo spaziale. E poi, all’orizzonte, c’è Starship, che sarà in grado di trasportare molte più persone contemporaneamente…

Vecchi e nuovi cow boys?

Che cosa spinge così tante persone – da un lato capi di governo, istituzioni internazionali e grandi imprenditori, dall’altro i possibili fruitori – a considerare l’esplorazione spaziale così interessante e così meritevole di ricevere sostegno politico e investimenti finanziari?  I viaggi nello spazio fanno parte di una narrazione mitologica che attribuisce coraggio e intelligenza agli esploratori dell’ignoto, dai tempi delle grandi conquiste nell’antichità, allo spirito della frontiera in America, fino alla sfida tra USA e URSS – da Gagarin agli sbarchi sulla luna.

Ted McCormick, uno studioso di storia, in un recente articolo sottolinea un parallelo tra periodi storici diversi – caratterizzati da situazioni analoghe di instabilità politica, degenerazione morale e tensioni sociali –  in cui è stata proposta ripetutamente la stesa soluzione: la colonizzazione. Secondo lui, la persistenza del colonialismo come presunta panacea alle situazioni di crisi suggerisce che non siamo tanto allontanati dall’inizio della modernità.  Oggi, sono la Luna e Marte la frontiera da conquistare. E le promesse dei miliardari Elon Musk e Jeff Bezos sono simili per ambizione ai sogni di colonizzazione di quattro secoli fa.

Jeff Bezos parla di esplorazione e controllo dello spazio internazionale; i progetti di Musk per Marte sono al tempo stesso più cinici e più grandiosi – dice McCormick – basati sull’ipotesi, temporalmente e tecnicamente non verificabile, di rendere ‘abitabile’ (“terraforming”) Marte utilizzando risorse e tecnologie attualmente inesistenti.

E invece di affrontare le conseguenze ormai ampiamente visibili di un’ideologia di crescita senza limiti sul nostro pianeta, cercano di esportarla, inalterata, nello spazio. Si immaginano capaci di creare ambienti vivibili dove non ne esistono. Colpisce il fatto che – nonostante il loro immaginario futuristico – non sono riusciti a immaginare un mondo diverso. Hanno ignorato la storia del colonialismo. L’Impero non ha mai ricreato l’Eden. Ha alimentato secoli di crescita basata su espropriazione, schiavitù e trasformazione ambientale, contravvenendo a tutti i limiti biofisici e morali.

Qualche commentatore osserva che Bezos, Musk e Branson hanno ottenuto risultati straordinari, ma hanno sbagliato il bersaglio. La sfida più grande, adesso, non è raggiungere le stelle, ma conservare la salute del nostro pianeta…

Nessuno ferma i moderni eroi…

In questo momento storico così critico, con la crescente consapevolezza della natura dinamica del nostro pianeta e delle imprevedibili conseguenze delle perturbazioni causate dalle attività umane a livello globale, sembrerebbe ragionevole ridimensionare le prospettive di conquista dello spazio; anche solo tenendo conto del consumo di materie prime e di energia, e della produzione di prodotti di scarto (gas, materiali) delle imprese spaziali. Eppure, basta esplorare qualche sito che fornisca dati sulle iniziative in calendario, per rendersi conto che siamo ancora in piena era coloniale.

 

Calendario 2021.  Lanci di razzi, eventi in cielo, missioni e altro!
(ultimo aggiornamento 22 settembre 2021)

Sulla spinta dei programmi spaziali in rapido sviluppo di SpaceX di Elon Musk e della Cina, il mondo ha visto 114 lanci orbitali nel 2018 – il primo numero a tre cifre dal 1990. Quest’anno, i lanci orbitali sono sulla buona strada per superare i 130… Alcune date dei prossimi giorni:
Sept. 27: A United Launch Alliance Atlas V rocket will launch the NASA/USGS Landsat 9 satellite from Vandenberg Space Force Base in California, at 2:11 p.m. EDT (1811 GMT).
Sept. 30: SpaceX’s uncrewed Dragon CRS-23 cargo spacecraft will depart the International Space Station and return to Earth. Undocking is scheduled for 9:05 a.m. EDT (1305 GMT).
Sept. 30: The Japan Aerospace Exploration Agency (JAXA) will use an Epsilon rocket to launch the Rapid Innovative Payload Demonstration Satellite 2 (RAISE 2), a technology demonstration mission, from the Uchinoura Space Center at 8:48 p.m. EDT (0048 Oct. 1 GMT).

 

Sono faccende che non ci toccano – penseranno lettrici e lettori – riguardano le grandi competizioni politico-commerciali tra americani e cinesi… e invece no. Ci riguardano molto da vicino. La nostra città, dopo il lungo periodo in cui è stata conosciuta come ‘città dell’automobile’, si sta impegnando per conquistare il settore aerospaziale.   Ce ne informavano già i quotidiani locali nel novembre 2019. Così La Stampa:  Una cittadella dell’aerospazio. Nella città. Che non può che essere Torino, da sempre, e ancora oggi, considerata la capitale italiana dell’aeronautica e dello spazio.  La Repubblica sottolineava invece l’ottima collaborazione tra città e impresa: Torino capitale dell’aerospazio con il nuovo polo strategico targato Leonardo. Si tratta di una superficie complessiva di circa 230 mila metri quadri, che in parte verranno dati da Leonardo in uso gratuito alla città per 30 anni.

Sono trascorsi quasi due anni. La pandemia da COVID 19 e il crescente ‘disordine’ del nostro pianeta non hanno modificato i progetti iniziali, che proprio in questi giorni si avviano a iniziare i lavori. Nasce infatti a Torino l’Esa Business Incubation Centre Turin, che da ottobre 2021 avrà la missione di sostenere l’avvio e lo sviluppo di almeno 65 start-up della space economy nei prossimi 7 anni. Un’iniziativa che è profondamente cambiata rispetto a quella che nel secolo scorso era stata il campo della guerra fredda tra Usa e Russia; da arena della geopolitica lo spazio è diventato terreno delle imprese private.

Si è appena concluso, presso le Officine Grandi Riparazioni (OGR) di Torino,  un importante evento su innovazione e tecnologia: l’Italian Tech Week. L’agenda delle due giornate ci consente di conoscere i temi trattati e di leggere i nomi dei partecipanti; responsabili delle istituzioni, finanziatori, esperti tecnici e commerciali, personaggi del mondo sportivo, invitati importanti da altri paesi. E’ la Torino che ben conosciamo… internazionalizzata!!!

Come prepararsi alla conversione ecologica…

…partendo da Torino e Piemonte

Apprendiamo dunque da varie fonti alcune notizie che ci riguardano. L ’Incubatore del Politecnico di Torino I3P, il Politecnico di Torino e Fondazione LINKS hanno vinto la selezione dell’Agenzia Spaziale Europea per la realizzazione e gestione di un nuovo centro, basato a Torino, per sostenere – come accennavo prima –  la nascita e la crescita di nuove startup italiane nel settore aerospaziale.  L’ESA Business Incubation Centre Turin (ESA BIC Turin) ha l’obiettivo di sostenere lo sviluppo tecnologico e commerciale di nuove imprese basate su tecnologie aerospaziali, con applicazioni sia upstream (sistemi di comunicazione, satelliti, software per controllo di missioni spaziali) che downstream (applicazione di dati e soluzioni tecnologiche aerospaziali in altri settori quali monitoraggio ambientale, mobilità, logistica, agricoltura di precisione).

Sono coinvolti numerosi partner. Il Distretto Aerospaziale del Piemonte, un ampio gruppo di grandi imprese italiane del settore aerospaziale (tra cui Leonardo, Thales Alenia Space Italia, Altec, Avio…) e internazionali.

L’accesso a competenze scientifiche sarà offerto anche da un’ampia rete di istituzioni e centri di ricerca, tra cui Università di Torino, Istituto Italiano Ricerca Metrologica, Competence Center CIM4.0, Istituto Italiano di Tecnologia, Centro Italiano Ricerca Aerospaziale, Fondazione Bruno Kessler, ITS Aerospazio/Meccatronica Piemonte, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. La Città di Torino metterà a disposizione infrastrutture rilevanti per il testing di soluzioni di derivazione aerospaziale.

Il centro vedrà anche il coinvolgimento di numerosi operatori finanziari con l’obiettivo di offrire opportunità di investimento per la crescita e l’internazionalizzazione, tra cui –  in particolare – il gruppo Intesa San Paolo, che metterà a disposizione linee di credito specifiche.

E la conversione ecologica?

a livello nazionale

A questo proposito riprendiamo alcune considerazioni espresse pochi giorni fa da Guido Viale su Il Manifesto e ripreso dal sito del Centro Studi Sereno Regis.

Sleepy Mario (Draghi), su impulso di Sleepy Joe (Biden), si è svegliato accorgendosi finalmente della crisi climatica. Non ne sa nulla; e non ne ha mai parlato nel corso della sua carriera; non ci ha mai neppure pensato. Per adempiere ai doveri che lo hanno fatto amministratore dei programmi NextGenerationEU e Fitfor55 (un sacco di soldi. Ma anche un sacco di cose da fare), si è affidato a un «uomo di relazioni», esperto (forse) in robotica, che di transizione ecologica (il suo ministero) non si era mai occupato.

E che in sette mesi di governo non ha fatto che diffondere sciocchezze sulla fusione nucleare, la fissione senza scorie, l’idrogeno grigio-blu, il metano, il CCS, gli inceneritori, le automobili di lusso, i «bagni di sangue» e altro ancora, qualificandosi come il peggior nemico della transizione di cui dovrebbe occuparsi. Insieme, peraltro, a un collega incaricato di sperperare, in nome della «mobilità sostenibile», una montagna di denaro in autostrade, alta velocità, ponti, gallerie e quant’altro può contribuire ad aumentare le emissioni climalteranti invece di ridurle. Se è questo lo staff che deve incamminarci sulla strada della conversione ecologica siamo fritti”.

Aggiungiamo alla lista il settore aerospaziale… Dobbiamo rassegnarci?

… a livello globale

Riporto qui alcune riflessioni di David Orr [1], che fu dagli anni ’70 del 900 professore di studi ambientali all’Oberlin College, in USA, e a partire dagli anni’80 introdusse nel Campus da lui diretto i primi corsi e le prime innovazioni concrete di sostenibilità. Il titolo del suo articolo (pubblicato il 18 settembre scorso) è “Letting the World Burn: The Question of Governance” (Lasciar bruciare il mondo: il problema della governance).

“Il sesto report pubblicato dall’ Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) conferma una volta ancora che stiamo rapidamente destabilizzando il clima e rendendo la terra un pianeta più pericoloso e biologicamente impoverito. Nessuna sorpresa: lo sapevamo dagli anni ’70 del secolo scorso. La causa principale di questo peggioramento, tuttavia, non è l’utilizzo dei combustibili fossili ma l’enorme e diffusa trascuratezza politica che ha consentito a questo ‘falò’ globale di continuare a bruciare, anche dopo che abbiamo saputo che rappresentava una minaccia potenzialmente letale per l’umanità.Non abbiamo precedenti di crimini di questa portata a scala globale, quindi non abbiamo alcuna legge, nessuna responsabilità e finora nessun rimedio.

Nessuno è in prigione per complicità in ecocidio. Il ‘falò’ in atto è solo un sintomo di un fallimento politico lungo mezzo secolo attribuibile in gran parte al potere finanziario utilizzato senza principi, irresponsabilmente determinato a calpestare il pubblico interesse, compreso quello rivolto alla nostra stessa sopravvivenza.[…]In proporzione alla portata del problema, i nostri leader non hanno guidato, le istituzioni pubbliche non hanno agito, i media non hanno informato, i social media hanno diffuso bugie e i tribunali conservatori hanno protetto il potere e la ricchezza, contribuendo anch’essi agli esiti più devastanti.”

Quali possibilità abbiamo di uscire da questo incubo?

Come fermare un potere irresponsabile e senza freni?

Rifiutando, in coerenza con i principi e i metodi della nonviolenza, la via della resistenza armata (che ferisce e uccide non solo le persone, ma l’intera biosfera) le iniziative in corso e quelle possibili sono comunque tantissime… ma attualmente non bastano.  Sul piano personale è necessario accrescere consapevolezza, coerenza, umiltà, spirito di collaborazione, accettazione del limite, solidarietà… E sul piano professionale onestà, apertura interdisciplinare, rispetto dei punti di vista, formazione etica…  Sul piano istituzionale occorre approvare leggi che limitino il potere economico e finanziario dei privati. Leggi che consentano di processare e condannare gli innumerevoli e impuniti casi di ecocidio. Ci sono il mondo dell’educazione e del volontariato da sostenere. Vanno orientati sempre più verso una transizione ecologica che sarà difficile e complessa nella sua realizzazione, ma molto semplice nel suo principio ispiratore.

Vivere semplicemente per permettere agli altri semplicemente di vivere (Gandhi)

Il Centro Studi Sereno Regis da quasi 40 anni è testimone, portavoce e spesso partecipe di iniziative realizzate da realtà nonviolente locali e internazionali. È particolarmente impegnato a favorire la formazione di reti e collaborazioni tra soggetti diversi, che pur occupandosi di ambiti specifici (ambiente, educazione, diritti, pace ecc.) condividono un comune ideale di giustizia, rispetto e armonia tra tutt* – uman* e non uman* all’interno di questa Madre Terra che con crescente insofferenza ci ospita. Un esempio di questo impegno a ‘far rete’ è il Festival della Nonviolenza  (Declinare il confine: barriera o passaggio?).


[1] Aggiungo una nota personale. Ho conosciuto David Orr nel 1982, in occasione di un corso sulla sostenibilità organizzato dallo Schumacker College (UK). Stavo faticosamente cercando di introdurre tematiche interdisciplinari sulla sostenibilità presso l’Università di Torino, che per decenni incontrarono l’ostilità e talvolta il disprezzo di decisori e colleghi. Adesso le cose stanno (lentamente…) cambiando.

(*) ripreso da serenoregis.org sito dell’omonima associazione torinese

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Un commento

  • Mi viene in mente che quando ci sono i soldi la destra e lesta nel prendere il potere, quando ci sono troppi debiti e la situazione è “insostenibile ” finanziariamente e la sinistra a doversi accollare e riparare i danni, e poi la ruota a completato il suo giro ed ecco tornare la destra…..

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *