LA DURA REALTÀ
(Roba del Pabuda…)
tutt’intento a grattarsi
il fastidioso
eritema solare
esplosogli
sul petto lombardo
villoso –
s’è distratto
e sbilanciandosi
ha pestato
col piede destro in sandalo
lo sdrucciolevole impasto
composto
della sua stessa bava
razzista
con la sabbiolina
adriatica residua
accumulatasi
sui gradini che portano
dalle docce alle gabine
(come dice lui)
dello stabilimento:
s’è scomposto di brutto
e perdendo l’equilibrio
è schiantato
e ha rimbalzato
sull’inclemente scalinata
di cemento ruvido
e mattonelle viscide:
preoccupatissimo
di tener salda con la destra
la cartelletta
coi famosi
quarantanove milioncini
e colla sinistra la sporta
di rafia
in cui trasporta
dal ministero al mare
(e viceversa)
i suoi giochini da spiaggia,
da galera,
da porti chiusi e sgomberi,
non ha parato colle mani
l’impatto
sulla dura realtà sottostante
e… uno, due, tre, quattro,
cinque, sei, sette
inaspettati colpi
sugli spigolosi dislivelli
la forza di gravità
e il suo peso
di famelico, disordinato
abbuffone
gli hanno inflitto.
pare
che poi, in ospedale,
abbiano avuto
un gran daffare
più che per disinfettare
le abrasioni,
sistemare le slogature,
proteggere le costole incrinate
e bendare
le auto-procurate
contusioni,
per tentare di cavargli
dalla gola
un piccolo ma puntuto
crocefisso d’argento
a cui, nel momento
del gran casino,
cadendo su quelle scale
aveva cercato
di dare un ultimo,
superstizioso e lascivo
bacino.
—
(nell’illustrazione: Pabuda, Dekorationen 2018)