Dossier FS 11 – La fantascienza italiana

La fantascienza italiana e il concetto di genere
di Antonino Fazio

Numerosi teorici hanno cercato di dare una definizione della fantascienza, e ciascuno di loro ne mette in luce un aspetto diverso: l’uso narrativo della novazione (Darko Suvin), il collegamento con il ragionamento scientifico (Riccardo Valla),

la costruzione di mondi alternativi attraverso metafore letteralizzate (Salvatore Proietti), l’inversione del rapporto tra microcosmo e macrocosmo rispetto a ciò che accade normalmente nella narrativa mainstream (James Morrow).(1)
Questi esempi non esauriscono certo l’argomento. Comunque, fra le tante definizioni, ce n’è una che si limita a dire che la fantascienza è tutto ciò che si presenta, o viene pubblicato, come tale.(2) Da questa definizione a prima vista semplice, ma in realtà alquanto paradossale, alla Escher, se ne può ricavare una più fenomenologica, che cioè la fantascienza è tutto ciò che viene percepito come tale.
Questa definizione sposta il punto di vista su ciò che è la fantascienza dallo scrittore al fruitore, e ci dice che, in linea di massima, il lettore tende a immaginare il “genere” di un libro da quello che c’è scritto in copertina. Escludendo gli specialisti, il tipico lettore dei romanzi di Michael Crichton, per fare un esempio molto noto, non percepisce questo autore come uno scrittore di fantascienza, bensì come uno scrittore di best-seller, categoria che non è un genere, ma viene percepito come tale.
Questo ci dice che, specialisti a parte, i cosiddetti generi sono in definitiva etichette attribuite dal mercato editoriale, sulla base di considerazioni di natura commerciale. La relativamente scarsa fortuna riservata alla fantascienza italiana potrebbe dunque essere dovuta a una inconscia tendenza alla ghettizzazione da parte degli editori specializzati, che invece potrebbero anche decidere di pubblicare volumi di narrativa fantascientifica (italiana o straniera) in collane riservate alla narrativa generale (il cosiddetto mainstream), per tentare di far approdare alla fantascienza il lettore comune, piuttosto che puntare esclusivamente sul pubblico limitato degli abituali fruitori.
Un’operazione di questo tipo è in realtà stata tentata in passato, e perfino in epoca attuale c’è stato qualche caso di traghettamento dalla narrativa di genere alla narrativa generale. Emblematico in tal senso mi pare il caso di Valerio Evangelisti e del suo ciclo di Eymerich. A mio avviso, altri autori potrebbero essere giocati sul mercato della narrativa generale, con qualche possibilità di riuscita. Faccio l’esempio di Lino Aldani, Vittorio Curtoni, Vittorio Catani, Ugo Malaguti, Mauro Antonio Miglieruolo o Renato Pestriniero, solo per citare alcuni tra gli autori classici della fantascienza italiana. Ma analogo discorso può essere fatto per autori più recenti, come Alberto Cola, Alessandro Fambrini o Dario Tonani, tanto per esemplificare il discorso, non certo per compilare un elenco esaustivo.(3)
Sia chiaro che non sto suggerendo di far sparire l’etichetta “fantascienza” dal mercato editoriale. Sto invece dicendo che, quando indico un genere sulla copertina di un libro (usando, ad esempio, il termine thriller), mi sto rivolgendo in modo specifico agli amanti del genere indicato, escludendo per ciò stesso gli altri.
Naturalmente, oltre alla percezione da parte del lettore, esiste la percezione che l’autore stesso ha della propria opera. A fronte di molti scrittori che si identificano con la fantascienza, ce ne sono altri che scrivono le loro storie senza preoccuparsi, almeno in apparenza, di rientrare nel “genere”, o forse preoccupandosi di non rientrarci. Il punto cruciale è, comunque, che uno scrittore come Tullio Avoledo, per citare un caso ben noto, ha fatto probabilmente meno fatica a imporsi proprio per il fatto di non essere stato presentato, in modo specifico, come un autore di fantascienza.
A questo punto la domanda è inevitabile: per quale motivo la fantascienza in Italia può anche funzionare, ma funziona meglio se non viene presentata come tale? La risposta è altrettanto inevitabile. Specialisti a parte, la concezione che circola in Italia sulla fantascienza nostrana è negativa.
Che se ne abbia una cattiva opinione perché magari non la si conosce bene è secondario. Rimane il fatto che un lettore non specialista può leggere fantascienza e trovarla interessante, senza starsi a porre la questione se si tratta di fantascienza. Certo, se tutti parlassero bene, e con competenza, della fantascienza letteraria, in particolare di quella italiana, il lettore generico tenderebbe a fidarsi di questa etichetta più di quanto non faccia adesso. Ma così non è.
Un’altra domanda interessante è questa: per quale motivo, in letteratura, la suddivisione in generi tende a ghettizzare il genere stesso, rispetto a una letteratura che si presume di livello più elevato, mentre nel cinema, in particolare, esiste una situazione del tutto diversa? In ambito cinematografico, infatti, la suddivisione in generi è del tutto naturale, e la distinzione in cinema di serie A e cinema di serie B viene effettuata su basi completamente differenti.
La qualità di un film viene infatti valutata in relazione a considerazioni sulla sceneggiatura, sulla recitazione, sulla regia, ed altri elementi di questo tipo, del tutto indipendenti dal genere in cui rientra il singolo film. La classificazione di ciascun film in un genere specifico è un’operazione piuttosto ovvia e non presenta eccezioni: dramma, tragedia, commedia, commedia drammatica, melodramma, commedia brillante, parodia, farsa, comico, grottesco, musicale, bellico, storico, fantasy, fantascienza, fantastico, mitologico, cavalleresco, western, giallo, thriller, d’azione, noir, poliziesco, horror, splatter, sentimentale, religioso, documentario, biografico, sportivo…
Non esiste film, insomma, che non venga inquadrato in un genere specifico, anche quando si situa alla confluenza fra più generi. Al tempo stesso, il far parte di un genere non ci dice nulla sulla qualità del film. Una situazione ideale, che non ha riscontro in ambito letterario, e la cui precisa motivazione può apparire misteriosa. La mia ipotesi è che questo derivi dal fatto che il cinema è nato più o meno nello stesso periodo storico in cui nascevano i generi della narrativa popolare, per cui ne ha assimilato la suddivisione in maniera del tutto naturale, senza farsi condizionare dalla tentazione snobistica presente nella letteratura non di genere.

Salvatore Proietti, curatore e saggista, una dei massimi esponenti della fs italiana

L’assoluta naturalezza della suddivisione in generi praticata dal cinema fa sì che una specifica etichetta, come può essere l’etichetta fantascienza, non rischia di far fuggire lo spettatore. Anzi i film di fantascienza funzionano mediamente piuttosto bene. Di fatto il cinema è per sua natura una forma di intrattenimento, anche se questo non gli impedisce di essere al tempo stesso una forma d’arte.
La fantascienza, invece, per uno strano paradosso, è nata come un genere di intrattenimento, che però è diventato rapidamente qualcosa di diverso, un tipo di narrativa che si interroga sul mondo, in un modo che la letteratura mainstream non fa, e forse non riesce a fare. Come risultato, i critici letterari considerano la fantascienza una narrativa di serie B, per via della sua nascita popolare, mentre i lettori non specialisti la percepiscono come troppo difficile, e vanno in cerca di altre forme considerate più adatte all’intrattenimento. Salvo poi leggersi i best-seller di Michael Crichton o di Robert Harris, e non riconoscerli come romanzi di fantascienza.
In conclusione, suggerirei provocatoriamente ai pochi editori italiani specializzati di togliere la dicitura fantascienza da libri e collane, senza ovviamente smettere di pubblicarla. Gli appassionati la riconosceranno comunque, mentre i lettori generici ne leggeranno di più. Dopotutto, sui romanzi non di genere non viene mica segnalata la loro appartenenza al mainstream!

Riccardo Valla, altro eminente rappresentante della fs italiana del quale ho sempre avuto considerazione e stima

Note:

(1) Nel senso che la fantascienza racconta vicende specifiche (microcosmo) traendole da un macrocosmo di riferimento, mentre il mainstream focalizza una vicenda particolare che solo in un secondo momento potrà diventare emblematica di una prospettiva più ampia. La differenza può non essere così evidente sul piano narrativo, perché in entrambi i casi il lettore si trova di fronte a delle vicende narrate da prospettive specifiche. Il fatto è che, nella fantascienza, l’autore ha in mente fin dall’inizio lo speciale universo di riferimento nel quale è situata la vicenda. Invece nel mainstream chi scrive si concentra esclusivamente su ciò che sta narrando.

(2) Ne deriva che la fantascienza italiana è, semplicemente, quella scritta dagli italiani. Questo non esclude che la fantascienza italiana possa avere delle caratteristiche diverse da quella anglosassone, ad esempio. Ci dice solo che non serve andare alla ricerca di una sorta di “scuola” all’italiana, un po’ com’è accaduto, invece, allorché il nostro Sergio Leone reinventò l’epopea tipicamente americana del western, creando una caterva di imitatori (una “scuola”, appunto), e inducendo gli stessi americani a concepire il western in maniera diversa, meno epica è più realistica.

(3) Un elenco più ampio, ma ancora incompleto, comprenderebbe, in ordine sparso, i nomi di Franco Ricciardiello, Pierfrancesco Prosperi, Luca Masali, Michele Tetro, Roberto Quaglia, Livio Horrakh, Giampietro Stocco, Claudio Chillemi, Donato Altomare, Giorgio Sangiorgi, Francesco Grasso, Antonio Bellomi, Mariangela Cerrino, Nicoletta Vallorani, Enrica Zunic’, Alda Teodorani, Milena Debenedetti, Elisabetta Vernier, Giovanni De Matteo, Claudio Asciuti, Domenico Gallo, Stefano Carducci, Bruno Vitiello, Franco Piccinini, Paolo Aresi, Nino Salamone, Alessandro Vietti, Enzo Verrengia, Lukha Kremo Baroncinj, Massimo Mongai, Sergio Altieri e Lanfranco Fabriani.

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Scheda: La presenza della fantascienza italiana nelle principali case editrici specializzate

Delos Books (http://www.delosstore.it/home/)

La Delos indice annualmente il Premio Odissea, riservato agli autori italiani, i quali compaiono anche sulla collana Odissea Fantascienza e su Delos Science Fiction, nonché su fantascienza.com. Inoltre la presenza degli italiani sulla rivista trimestrale Robot è ampia, e si attesta su una media (a volte superata) del 50-60%. La rivista è condotta a livello redazionale da Silvio Sosio e Francesco Lato. Il direttore storico è sempre stato, finora, Vittorio Curtoni, recentemente scomparso.

Edizioni della Vigna (http://www.edizionidellavigna.it/)

Nelle diverse collane edite da Luigi Petruzzelli (La Botte Piccola, Cocktail, Il Collezionista, Gli Espressi, Fermenti) la presenza degli autori stranieri, minoritaria rispetto a quella degli scrittori italiani, serve a dare un respiro internazionale alla fantascienza pubblicata dalla casa editrice.

Elara (http://www.elaralibri.it/)

La casa editrice Elara, erede della Perseo Libri che a sua volta aveva raccolto il testimone dalla Libra Editrice, pubblica, sia pure in misura limitata, autori italiani nella collana Biblioteca di Nova sf*, nonché nella rivista Nova sf*. Tuttavia, nella rivista Futuro Europa (diretta da Ugo Malaguti insieme a Lino Aldani, fino alla scomparsa di quest’ultimo) e nella collana Narratori Europei di Science Fiction, la presenza degli italiani è massiccia. Anche la nuova collana economica Libra Fantastica, diretta da Armando Corridore insieme allo stesso Malaguti, presenta autori italiani, benché in numero minore.

Mondadori (http://www.librimondadori.it/web/mondadori/home)

Nelle collane di Mondadori dedicate alla fantascienza (Urania, Millemondi, Urania Collezione) gli italiani compaiono almeno una volta all’anno, in occasione del Premio Urania. Ma, sia pure in modo sporadico, altri romanzi non vincitori sono arrivati alla pubblicazione. Inoltre, racconti di italiani vengono pubblicati in coda ai volumi (una volta si sarebbe detto “in appendice”) con una certa regolarità, in una sezione denominata “I racconti di Urania”. Il direttore di collana Giuseppe Lippi (altrimenti detto “curatore”) e il nuovo editor delle collane da edicola Franco Forte sembrano propensi a volersi occupare di fantascienza italiana. Recentemente, infatti, gli autori esordienti sono stati incoraggiati a inviare i loro racconti.

Solfanelli (http://www.ilgattonero.it/sito_gn_in_costr_00035e.htm)

La casa editrice Solfanelli, che fa parte del Gruppo Editoriale Tabula Fati, pubblica la rivista trimestrale IF: Insolito & Fantastico, diretta da Carlo Bordoni, nella quale la presenza degli autori italiani è pressoché totale.

N.B. In tutte le pubblicazioni su elencate è presente una parte saggistica di produzione italiana.

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