La fine dei Tiranni – di Mark Adin

C’è qualcosa che non funziona nel nome. Il problema è lì, nel nome. Cambiare il nome.

La diagnosi di B. restringe il campo e mette a fuoco sulla potenza della parola. Studia molto, in solitudine, il ragazzo si applica. Sogna il colpo di teatro che ancora una volta lo riporti su nei sondaggi. Forse ha capito anche lui che qualcosa non va, forse gli si è incrinato l’ottimismo. E’ convinto che cambiare “Partito delle libertà” in qualche altro slogan gli dia l’impulso che serve a tirarsene fuori. L’uomo del marketing individua la strategia: rivedere il brand.

E quando, durante la rituale conferenza stampa, un giornalista pone una domanda sul signor B.,

Sarko’ e la Merkel si guardano e faticano a contenere lo sghignazzo, senza troppo dissimularlo. Una inedita irriverenza istituzionale che sigla la distanza, difficilmente colmabile, con il cerchio dei leader che contano. Il Tiranno è alla fine, non si fa più credito.

Giorno per giorno, il Nostro assomiglia sempre più a un personaggio tragico, shakespeariano. La solitudine, l’abbandono dei sudditi, lo smarcamento dei pochi amici, il capovolgimento di prospettiva, l’avvicinarsi della fine politica, il morso dei giudici, l’uggiolare delle cortigiane infoiate e lo schiamazzo protervo degli Scilipoti.

Finiscono spaventati e confusi, i tiranni. Balbettano smarriti. La loro non è una parabola bensì una precipitazione, una nemesi crudele, una specie di Alzheimer civile rapidissimo che li porta verso il nulla. Davanti a loro il terrore e la dissoluzione.

Circola una foto ritoccata, sul web, in cui il signor B. ridiventa vero: caduta la maschera di cerone e interventi chirurgici, il colore indefinibile dei capelli, oggi castano rossicci, appare naturalmente bianco, come le sopracciglia, le palpebre raggrinzano, lo sguardo si svuota. E’ un vecchio, la magica pozione della giovinezza si è esaurita, è finita la magia.  Si compie il capovolgimento semantico: il tarocco diventa il vero. Eccolo lì, il vecchio Incantabìss. 

A vederlo così, mette pena. Mi chiedo: se venisse recluso per qualche tempo, rendendo impossibile la devota, assidua e professionale opera di trucco e parrucco, chi ritroveremmo, a fine condanna, uscire dal carcere con le proprie cose dentro a un sacco di plastica? Quale immagine sostituirebbe la solita faccia di bronzo, dal bianco sorriso stampato e quell’insopportabile smorfia furbastra da venditore televisivo che ha invaso l’Italia degli anni Novanta e raccolto milioni di voti?

Un volto di plastica, ricostruito alla Rambaldi, è stato scambiato per vero e lo ha portato al successo; ora Photoshop, che ne falsifica dichiaratamente i tratti artefatti e conosciuti, lo riporta alla verità anagrafica. Il contrappasso è davvero affascinante.

Vedere i corpi di Gheddafi calpestato e oltraggiato, Mussolini e Claretta appesi come quarti di bue, Ceausescu nella polvere e nel sangue insieme alla moglie, non risarcisce.

Se mai ammonisce, come sempre inutilmente.

Sic transit “boria” mundi.

Mark Adin

Redazione
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3 commenti

  • Nulla da aggiungere, il nostro personaggio è ormai patetico, grottesco, caricaturale. Vedere le foto dello scorso anno del baciamano a Gheddafi dovrebbe fare comprendere molte cose. Ma più di un italiano su quattro continua a dire che lo voterebbe… siamo un popolo dal collo duro, che non si ricrede neppure davanti all’evidenza. Il fascismo si è incrinato solo quando – a migliaia – i giovani alpini tornavano nelle casse di legno dal fronte russo.
    Grazie Mark!

  • Grazie Mark Adin (che a me piace deformare in A(lad)din). Un’epigrafe la tua che vale un monumento. Ho subito provveduto a ricopiarne il testo nell’articolo di oggi apparso sul mio blog (parimenti in epigrafe). Vedi:
    http://miglieruolo.wordpress.com/2011/10/24/nascondere-la-faccia-non-rimane-altro/#comment-89
    Spero non ti dispiaccia.
    Mam

  • Volevo fare un commento su B. ed i suoi cortigiani strapagati ma mi vengono in mente soltanto cattivi pensieri, e perciò desisto.

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