La flebo

di Mark Adin

Ciò che accade a poca distanza da noi spesso non risulta, sembra non riguardarci.

Non è una novità, forse dipende dalla intossicazione. Le tossine, come il curaro, che hanno invaso la nostra persona ci paralizzano emozioni e consapevolezza. Refrattari all’empatia, siamo bloccati. C’è davvero la capacità, in noi, di comprendere i fatti taciuti dai media? che però conosciamo?

Immaginiamo una flebo che ci somministra, disciolte in soluzione zuccherina, la dose giornaliera, mirata, di notizie volte a regolarci la reattività. Siamo in un immenso ospedale, con la flebo attaccata al braccio, penzolante dal trespolo. Goccia dopo goccia, costantemente, l’informazione truccata scende nel nostro sistema circolatorio e ci cura. Da che? Di cosa sono affetto? Per quale motivo  avrei bisogno di cure?

Ormai perfettamente istituzionalizzato, nel cronicario, guardo il soffitto, dormo istupidito dai farmaci. C’è un Continente, a tiro di low cost, che contiene ogni possibile incubo.

Dico di non saperne nulla, o quasi, ma non è vero. Io so, certo che lo so.

La goccia che vedo scendere, continua e implacabile, scandisce la mia intossicazione. Nelle mie vene è perfusa la lenta, persuasiva – seppur violenta – opera di annichilimento. Potrei strappare la flebo, potrei alzarmi dal letto.

Preferisco aspettare che il sonno mi colga e mi faccia vivere ancora un po’. Perché io, a pensarci bene, preferisco il sonno, nella cui dimensione riesco a essere finalmente libero. Riesco a essere me stesso più di quanto mi permetta la veglia. Perché la mia non è una veglia attiva, nella quale scegliere e volere: io sono agito, guidato, indotto.  E la flebo istilla codardia nelle mie vene, mi sottrae dignità, mi rallenta fino alla atrofia.

No. Non mi riguarda l’Africa.

Filtrano numeri dalla marmellata quotidiana di meta-notizie domestiche: sedicimila disgraziati annegati nel tentativo di raggiungere le nostre coste. E’ una notizia-frammento, senza seguito. Spot.

Ma si danno così le notizie? mentre le mie nipotine sono tanto deliziose e frugali? una mangia una merendina Brioss, quell’altra l’ovetto Kinder.

Vedo le immagini frettolose di un piccolo cimitero isolano che gli affossatori stanno ampliando in gran fretta: fosse dal coperchio in cemento, scucchiaiate dalla ruspa veloce, sul cui svelto sigillo una mano ha scritto: “extracomunitario”. Il dato identificativo di una Persona è scambiato con quello della sua provenienza “dal di fuori”, aliena, extra. Il dato personale si perde in quello massivo per ridiventare poi singolare, come un perfetto multiplo di se stesso. E’ il principio della serialità.

Come facciamo a tollerare queste cose? Che tipo di anestetico han messo nella flebo? C’è qualche decina di migliaia di cadaveri che si disfanno al largo delle nostre coste. Galleggiano corpi come rifiuti sul canale di scolo, Canale di Sicilia.

Sì, è vero, io non posso vedere il sangue d’Ignazio sopra l’Arena, la luna coi gelsomini alle cinque della sera eccetera, ma non reggo la vista neppure di questo scempio di corpi. Lorca perdonami se non canto di Ignazio. Pavidi poeti di oggi,  perchè non dite niente? Perché ci fate mancare la forza? Che ce ne facciamo di voi, poetucoli indeboliti e fiacchi che non sanno levare una voce, che ci fanno ammalare, che diluiscono i versi nella melassa della paura?

In Congo, la guerra ha fatto quattro milioni di morti.

4.450.359 sono gli abitanti del Piemonte. Scompare il Piemonte, chi se ne frega, sopravvivano in due: Cota e Borghezio, nel Piemonte deserto. Se lo godano tutto, condividano il cardo gobbo con la bagna cauda. Riunisco due verbi e declino: s’accoppino pure.

Nel delta del Niger si è perpetrato un disastro ambientale di proporzioni apocalittiche. Scorrerie di neri cani a sei zampe, di pura razza italiana.

Tutto per un pieno di benzina della nostra utilitaria; per riscaldare oltremisura il condominio, che poi ci tocca spalancare le finestre d’inverno.

Donne violentate e uccise, stuprate con la canna del Kalashnikov, oggetto di atrocità e barbarie.

Le più fortunate vengano qui, da noi, a far le puttane. Nel bosco, una gamba qua, una gamba là, c’è qualcosa nel sacco dell’umido.

Paradisi naturali nei quali è stato sversato ogni genere di rifiuto tossico e nocivo. Alla moda dei Casalesi. Montagne radioattive, velenose, letali.

Quale molecola è stata disciolta dentro queste dannate flebo?

Nella mia riservata alba domestica i rumori increspano appena il silenzio, la luce sopravviene, e c’è un aeroplanino, lontano, che passa a una spanna dall’orizzonte, piccolo e solo.

Forse trasporta le flebo.

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