La globalizzazione dei paradisi fiscali

di ROCCO ARTIFONI

Se pensate a piccoli e misteriosi Paesi siete fuori strada: secondo il report 2018 di Tax Justice Network ai primi posti ci sono Svizzera, Usa, Germania e (con il trucco) la Gran Bretagna

foto di Tax Justice Network

La Svizzera, gli Stati Uniti e le Isole Cayman sono sul podio della classifica dei Paesi con il più elevato segreto finanziario del mondo, secondo il report 2018 stilato da Tax Justice Network, una rete indipendente creata nel 2003 che conduce approfondite analisi sulla tassazione a livello internazionale con l’obiettivo di fornire informazioni corrette per promuovere cambiamenti soprattutto nelle condizioni dei Paesi più poveri.

A partire dal 2009 Tax Justice Network ha cominciato a predisporre il Financial Secrecy Index (FSI): quello pubblicato il 30 gennaio del 2018 è il quinto rapporto, che valuta – attraverso 20 indicatori – il livello di segretezza finanziaria di ciascuna nazione, tenendo conto della rilevanza delle attività finanziarie offshore. “Una classifica politicamente neutrale, è uno strumento per comprendere il segreto finanziario globale, i paradisi fiscali o le giurisdizioni segrete, i flussi finanziari illeciti o la fuga di capitali”, ha dichiarato Tax Justice Network.

Si stima che tra 21 mila e 32 mila miliardi di dollari di ricchezza finanziaria privata siano localizzati, non tassati o lievemente tassati, in giurisdizioni segrete in tutto il mondo. Per avere un idea della cifra, si consideri che il debito pubblico più elevato al mondo, quello degli USA, è di circa 20 mila miliardi di dollari. I flussi finanziari transfrontalieri illeciti sono stati stimati tra 1.000 e 1.600 miliardi di dollari l’anno, facendo impallidire al confronto i 135 miliardi di dollari in aiuti esteri globali.

È appena il caso di ricordare che il segreto finanziario è un fattore chiave del crimine finanziario e dei flussi finanziari illeciti che includono il riciclaggio di denaro sporco, la corruzione e l’evasione fiscale. Le giurisdizioni che non riescono a contenerlo, di fatto negano ai cittadini degli altri Paesi i loro diritti, amplificando la disuguaglianza globale.

Un’industria globale si è sviluppata coinvolgendo le più grandi banche del mondo, studi legali, società di contabilità e fornitori specializzati che progettano e commercializzano strutture offshore segrete per i loro clienti che evitano le tasse e riescono ad eludere le leggi.

Il precedente Indice, pubblicato nel 2015, aveva rilevato alcuni miglioramenti verso la trasparenza finanziaria globale in seguito alla crisi finanziaria del 2008 e agli enormi deficit di bilancio che aveva creato: molti governi erano stati costretti a cercare di  contrastare gli abusi fiscali dei propri cittadini e delle multinazionali. Alcuni di questi sforzi stanno iniziando a dare i loro frutti: per esempio diversi paesi hanno iniziato a scambiare informazioni su conti bancari detenuti da cittadini stranieri nelle loro giurisdizioni su base automatica.

Se però consideriamo il quadro complessivo dell’indice di segretezza finanziaria, è evidente che tutti i Paesi abbiano ancora una lunga strada da percorrere per migliorare le loro politiche sul segreto finanziario.

Il Paese più trasparente in assoluto – la Slovenia – ha un punteggio di segretezza di 42/100, tenendo conto che il punteggio pari a zero rappresenterebbe la trasparenza ideale. In altre parole, se l’indice di segretezza finanziaria fosse un esame scolastico, la Slovenia (il miglior studente) farebbe fatica ad arrivare alla sufficienza a malapena, con meno del 60% delle corrette risposte di “trasparenza”.

I Paesi peggiori, con un punteggio di segretezza vicino a 90, significa che hanno risposto positivamente soltanto al 10% delle domande di trasparenza finanziaria. Seguendo questa analogia, praticamente tutti i Paesi dovrebbero ripetere l’esame o addirittura l’anno scolastico.

La Svizzera è classificata al primo posto nell’Indice 2018, a causa di un elevato punteggio di segretezza (76/100) e di un ampio peso globale per le dimensioni dei servizi finanziari offshore (circa il 5% di il mercato globale). Le sue famose leggi sul segreto bancario – afferma il report – “rimangono saldamente in vigore, sebbene con eccezioni consentite per alcuni paesi di ottenere le informazioni necessarie”. Inoltre la Svizzera continua ad offrire ai cittadini ricchi dei Paesi più poveri l’opportunità di sottrarsi alle loro responsabilità in materia di tasse. Questi fattori, insieme alla costante ricerca di operatori spregiudicati nel settore finanziario, sono un continuo richiamo affinché la Svizzera rimanga la più importante giurisdizione segreta nel mondo.

L’ascesa degli Stati Uniti nella classifica FSI 2018 fa parte di una tendenza preoccupante. Questa è la seconda volta in successione che gli Stati Uniti hanno alzato l’indice di segretezza finanziaria. Nel 2013 gli USA si trovavano al sesto posto e nel 2015 erano saliti al terzo, con un aumento del punteggio di segretezza. La scalata della classifica nel 2018 è dovuta ad un significativo aumento della loro quota di mercato nei servizi finanziari offshore, che sono passati dal 19,6% del 2015 al 22,3% del 2018. Gli Stati Uniti rimangono una giurisdizione segreta, poiché si rifiutano di prendere parte a iniziative internazionali per condividere le informazioni fiscali con altri Paesi e non hanno posto fine alle società anonime e ai trust aggressivamente commercializzati da alcuni Stati della Federazione (Delaware, Nevada e Wyoming in particolare). Secondo Tax Justice network c’è reale preoccupazione per il danno che questo aumento di flussi finanziari illeciti sta facendo all’economia globale.

Dopo i primi tre posti nell’elenco dei Paesi fiscalmente meno trasparenti troviamo questa sequenza: Hong Kong, Singapore, Lussemburgo, Germania, Taiwan, Emirati Arabi Uniti e Guernsey, a completare la top ten.

Anzitutto è palese che la rappresentazione dei paradisi fiscali come atolli sperduti nell’oceano con più società finanziarie che abitanti è una leggenda che ci viene raccontata per nascondere la realtà. Di fatto possiamo constatare che 6 tra i primi 10 paesi FSI 2018 sono membri dell’OCSE o delle loro dipendenze (le Isole Cayman e Guernsey fanno capo alla Gran Bretagna). Gli altri 4 sono paradisi fiscali asiatici o del medio oriente, a dimostrazione di come le principali economie stiano guidando il mercato verso il segreto finanziario.

A conferma di questa analisi Tax Justice Network ha dichiarato: “Nell’individuare i più importanti detentori di segreto finanziario internazionale, FSI 2018 rivela che gli stereotipi tradizionali dei paradisi fiscali sono mal concepiti”. A custodire i segreti finanziari “non sono per lo più piccole isole con le palme, come molti suppongono, ma alcuni dei Paesi più grandi e più ricchi del mondo”.

Tra questi 10 stupisce più di tutti la Germania, che ha un punteggio di segretezza di 59/100, addirittura più elevato di quello del Lussemburgo (58/100). Secondo le valutazioni di Tax Justice Networks il governo tedesco ha cercato di impedire che si facessero progressi all’interno dell’Unione Europea sulla questione della trasparenza dei veri proprietari e beneficiari della società di comodo, spesso anonime.

Nell’Indice 2018 la Gran Bretagna figura soltanto al 23° posto, con un punteggio di segretezza relativamente basso (42/100) rispetto alla Svizzera (76/100) che guida la classifica. Ma c’è il trucco: il lavoro “sporco” viene dirottato nei territori d’oltremare o possedimenti della Corona britannica, in cui la Regina è il capo dello stato e le leggi devono essere approvate a Londra. Oltre a Cayman e Guernsey (al 3° e al 10° posto) in classifica ci sono altri 19 paradisi fiscali che dipendono dalla Gran Bretagna, con un punteggio di segretezza medio di 75/100. Il governo del Regno Unito continua a insistere sul diritto dei suoi paradisi fiscali satellite di mantenere la segretezza della proprietà delle società. Se venissero considerati globalmente, questi Paesi sarebbero al vertice del FSI 2018.

Il primo Paese africano che si incontra scorrendo la classifica è il Kenya al 27° posto, subito dopo l’Irlanda e appena prima della Cina. Infatti il Kenya ha recentemente istituito un proprio paradiso fiscale sotto forma del Centro finanziario internazionale di Nairobi, che costituisce un esempio di come gli interessi dei lobbisti occidentali del servizio finanziario hanno attirato con successo anche alcuni governi dei continenti meno ricchi. Il Kenya, che è stato valutato per la prima volta nell’ISF del 2018, ha un punteggio di segretezza estremamente alto di 80/100. Ospitando i guadagni illeciti di cleptocrati e di evasori fiscali, le giurisdizioni segrete di fatto privano i governi di alcune risorse necessarie per fornire una protezione sociale di base ai propri cittadini e incoraggiano il saccheggio delle risorse naturali.

Un’attenta analisi della situazione del continente africano ci svela un dato che dovrebbe interrogare tutti coloro che hanno a cuore la giustizia e l’equità. Si calcola che negli ultimi 50 anni i Paesi africani hanno perso oltre 1.000 miliardi di dollari in fuga di capitali, mentre il totale del debito attuale del continente è inferiore ai 200 miliardi di dollari. Quindi l’Africa è un importante creditore netto del mondo, ma i suoi beni sono nelle mani di una élite benestante, protetta dal segreto offshore; mentre i debiti sono sostenuti da ampie popolazioni africane.

Le implicazioni per il mercato globale sono chiaramente enormi e aiutano a spiegare perché per così tanti anni gli sforzi internazionali per reprimere i paradisi fiscali e il segreto finanziario sono stati così inefficaci: i destinatari di questi giganteschi afflussi di capitali spesso sono gli stessi che stabiliscono le regole del gioco.

Se vogliamo porre fine all’evasione fiscale, alla corruzione, alla frode e al riciclaggio di denaro – ha dichiarato Alex Cobham, rappresentante di Tax Justice Network – i maggiori centri finanziari del mondo devono ripulire il loro operato. E poiché non sono disposti a farlo volontariamente, l’ONU dovrebbe creare una convenzione globale per porre fine alla segretezza finanziaria una volta per tutte”.

In questa prospettiva, secondo Tax Justice Network, la pressione politica esercitata da milioni di persone è l’unico modo realistico per affrontare e contrastare questi problemi in modo efficace.

Cliccare per consultare il rapporto FSI 2018


(*) ripreso da www.pressenza.com

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