La globalizzazione della mediocrità

Alain Mabanckou in March 2010

Image via Wikipedia

Si intitola African Psycho ed è un libro apparentemente modesto, copertina verde, autore africano, Alain Mabanckou, Morellini Editore.

Conquistata dalla nazionalità dell’autore, congolese (ma del Congo “francese”), lo acquistai, pronta a leggere un romanzo dal ritmo lento, ben ambientato, interessante, un giallo noir all’africana. Ero molto curiosa di scoprire come l’autore avrebbe conciliato la lentezza, l’attenzione ai particolari, tipica dei romanzieri africani fin qui letti, con la necessità d’azione di un giallo.

Stupore.

Sono rimasta avvinghiata a questa storia, drammaticamente esilarante, dal ritmo a tratti quasi sinco­pato, fino alla sua conclusione, molto spassosa. Un noir comico e sociologico.

Leggo dalla seconda di copertina che Alain Mabanckou, nato nel 1996, risiede oggi negli USA, è autore di sei volumi di poesia e cinque romanzi ed ha vinto alcuni premi letterari.

La storia si sviluppa nel soliloquio di Gregoire Nakobomayo, giovane meccanico congolese, che narra in prima persona la sua vita, segnata da un’unica fissazione: diventare famoso emulando il suo celebre mito Angoualima, pluriomicida. Il protagonista vive a Chi-beve-l’acqua-è-un-idiota, quartiere periferico di una grande città (Brazaville?), evidentemente abitato da amanti dell’alcool. Gregoire si reca spesso a trovare lo spirito del suo mito al cimitero dei Morti-che-non-riposano-in-pace, organizza un agguato ad una donna in via Solo-cento-franchi (un tempo detta Almeno-seicento-franchi, prima che le donne del paese accanto arrivassero a rovinare il mercato), fallisce e così via fino alla programmazione, dettagliata, di un efferato delitto.

Non riassumerò la trama del romanzo, men che meno il finale, non vorrei negare il divertimento a chi si potrebbe prendere la briga di leggere il libro. Un bel racconto, divertente, ben scritto, agile, uno spaccato di vita nelle periferie delle megalopoli africane, che assomigliano sempre più alle no­stre (o viceversa). Una storia che, insieme al sorriso, stimola la riflessione:

: si conta nella vita solo se si diventa famosi, se si compie un atto straordinario, se i media ne parla­no, laddove un lavoro ben fatto non è sufficiente, una vita onesta non è sufficiente. Siamo invisibili ed inutili fin quando non compariamo alla radio o in televisione; qualcuno è disposto a tutto pur di arrivarci.

: tutti cercano di aumentare le proprie ricchezze, quasi tutti con mezzi illeciti, sfruttando quelli più poveri di loro. Tutti, dall’avvocato alla prostituta.

: il sesso è status symbol, fonte di ricchezza o frustrazione.

Tutto questo, traslato nella nostra vita quotidiana, risulta essere una fotografia, una decisa satira, dei nostri stili di vita, ad ogni latitudine. La globalizzazione della mediocrità, che tenta di emergere con ogni mezzo, che strappa una risata dolceamara.

Donata Frigerio

Donata Frigerio

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