La guerra dall’Ucraina allo spazio

di Gianluca Cicinelli

Il 30 marzo prossimo sarà una navicella spaziale russa a riportare sulla terra l’astronauta statunitense Mark Vande Hei, adesso a bordo dell’Iss, la Stazione Spaziale internazionale. La Soyuz con a bordo Vande Hei atterrerà in Kazakistan come previsto già da molto tempo, nonostante l’invasione russa dell’Ucraina avesse fatto temere a Washington di dover rivedere i piani. Una contraddizione tra le migliaia dell’epoca in cui viviamo, ma che mostra più di altre le immense possibilità di sviluppo e progresso offerte all’umanità dalla cooperazione internazionale contro le rovine delle guerre. E se Mark Vande Hei stabilirà al ritorno il primato statunitense per numero di giorni trascorsi nello spazio, 355 per l’esattezza, va fatto notare che il record assoluto appartiene proprio agli astronauti russi, con i 437 giorni trascorsi da Valeri Polyakov a bordo della stazione spaziale Mir intorno alla fine del secolo scorso.

Sarebbe sbagliato considerare un aspetto minore dell’invasione dell’Ucraina compiuta dalla Russia di Putin l’interruzione dei programmi congiunti con l’Esa, l’agenzia spaziale europea, per l’esplorazione di Marte. Il consiglio dell’ente ha deciso ieri di sospendere la seconda missione Exomars, una cooperazione con l’agenzia spaziale russa Roscosmos, che doveva partire dalla base spaziale di Baikonur il 20 settembre utilizzando il razzo russo Proton. In realtà Rosmocos aveva già deciso autonomamente, il 26 febbraio scorso, d’interrompere la collaborazione. Il compito della missione era di trivellare il suolo marziano fino a due metri di profondità: trivella a tecnologia italiana con piattaforma tecnologica russa per l’atterraggio del Rover a tecnologia europea per cercare sul pianeta rosso forme di vita passata e presente. La prima missione nel 2016 ebbe un esito negativo, perchè il lander Schiaparelli si schiantò rovinosamente sul suolo di Marte. La scelta di Roscosmos ed Esa coinvolge anche il lancio del prossimo aprile dei satelliti Galileo, che adesso dovranno aspettare l’approntamento dei razzi europei Ariane 6 e Vega C per essere lanciati autonomamente.

Dmitry Rogozin, direttore dell’agenzia spaziale russa, con una serie di tweet, dopo le sanzioni al suo Paese, ha chiesto, con un tono che è stato giudicato minaccioso dalla comunità scientifica, “Se bloccate la cooperazione con noi, chi salverà la Iss da un deorbit incontrollato che la faccia cadere negli Stati Uniti o in Europa?”. Domanda non peregrina, visto che è la tecnologia russa a mantenere l’altitudine della Stazione, in mancanza della quale, spiega l’astronomo Josef Aschbacher, la struttura potrebbe lentamente deorbitare per attrito con l’atmosfera, cadendo sulla superficie terrestre.

Il conflitto si trasferisce dunque nello spazio, ma in realtà la guerra stellare tra Usa e Russia è già cominciata. Con qualche diserzione però. Elon Musk per esempio – avanguardia tecnologica Usa nella corsa alle stelle senza strisce con la sua Space X – ha invece scelto di essere neutrale: Starlink, costellazione di satelliti artificiali per la connessione internet gestita da Space X, ha già deciso di non bloccare l’accesso al servizio da parte dei media di stato russi, consentendo al tempo stesso agli ucraini di utilizzarlo, dopo che i russi avevano attaccato e distrutto le reti di telecomunicazione di Kiev.

Nello spazio si combatte una guerra militare da molto prima dell’invasione dell’Ucraina, soltanto in apparenza di minore intensità di quelle con missili e bombe che si combattono sulla terra. Eppure quando Jurij Gagarin, il 12 aprile 1961, a bordo della Vostok 1, divenne il primo essere umano a volare nello spazio cosmico, il mondo, attanagliato dalla guerra fredda, credette davvero che la corsa allo spazio costituisse l’inizio di una nuova era pacifica. “Da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere né confini”, disse dallo spazio Gagarin, un’immagine che prefigurava un mondo in cui la cooperazione tecnologica tra le potenze mondiali divenisse portatrice di pace. Ma le cose sono andate molto diversamente.

Tra le notizie occultate dai media, tra ignoranza e disinformazione, dobbiamo infatti annoverare le vicende dello Space Center della Nato a Ramstein, in Germania, che coordina l’attività dei vari centri europei dello spazio. E l’European Defense Agency ha un ruolo importante in questo progetto militare, attingendo a fondi dell’Unione Europea, la trasparenza sarebbe dunque d’obbligo verso i cittadini europei. Le ultime informazioni pubbliche disponibili risalgono a due anni fa, quando venne reso noto l’avvio del progetto da parte del segretario della Nato Jens Stoltenberg. Sarebbe interessante sapere cosa sta facendo in queste ore drammatiche di guerra quel centro, difficile pensare che non abbia un ruolo strategico nel conflitto in corso.
La Flotta Stellare Multinazionale di Star Trek è già tra noi.

ciuoti

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