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La Bottega del Barbieri

La lotta continua contro l’UPOV e la privatizzazione delle sementi

di GRAIN (*)

In tutto il mondo, le comunità rurali e contadine sono perfettamente consapevoli del ruolo cruciale che i semi svolgono nella produzione alimentare. Insieme all’acqua e alla terra, sono tra le risorse agricole essenziali. L’idea che i semi dovessero circolare liberamente è così radicata che, fino al 1960, tutti i sistemi nazionali erano costruiti sulla premessa che i semi immagazzinati dovessero essere disponibili a chiunque ne avesse bisogno.

Tuttavia, la situazione cambiò con la creazione dell’Unione Internazionale per la Protezione delle Nuove Varietà di Piante (UPOV) nel 1961, che cercò di privatizzare i semi e le varietà di piante coltivate. La resistenza contro l’UPOV è stata tanto forte quanto immediata. Durante i suoi primi sette anni, solo una manciata di paesi europei hanno approvato l’UPOV, senza che altre nazioni fossero disposte ad aderirvi.

Attualmente, gli attacchi contro i sistemi contadini di sementi si sono intensificati. Gli sforzi si concentrano sulla loro regolarizzazione, standardizzazione e privatizzazione, con l’aiuto dei diritti dei produttori di sementi, delle leggi sui brevetti, dei sistemi di certificazione delle sementi, dei registri delle varietà e delle leggi di commercializzazione. L’obiettivo è espandere i mercati per le grand imprese. Eppure le comunità di tutto il mondo continuano a resistere.

Africa: l’attacco ai semi che alimentano

I sistemi di sementi locali, preservati dalle comunità agricole, continuano a nutrire la maggior parte della popolazione, soprattutto nel Sud del mondo. Tuttavia, le grandi multinazionali delle sementi, sostenute dai governi attraverso programmi di aiuti e accordi di libero scambio, stanno facendo pressioni sui paesi di tutto il mondo affinché accelerino l’adozione di sistemi “formali” di sementi, che favoriscano l’uso di varietà industriali.

All’inizio del 2023, il parlamento del Benin ha presentato un disegno di legge affinché il paese aderisca all’UPOV. In quanto membro dell’Organizzazione africana per la proprietà intellettuale (OAPI), il Benin partecipa già indirettamente all’UPOV. Tuttavia, l’adesione diretta esporrebbe ulteriormente il paese alle pressioni dell’industria transnazionale delle sementi.

Prima che ciò avvenisse, la società civile reagì rapidamente, organizzando consultazioni, formazione e dibattiti pubblici. A livello regionale, una coalizione di organizzazioni contadine, gruppi di donne, attivisti anti-libero commercio e gruppi di difesa dei consumatori alzarono la voce, chiedendo al governo di ritirare la proposta di adesione all’UPOV e, insieme alle organizzazioni contadine e della società civile, di valutare strategie per rafforzare i sistemi di sementi focalizzati sui bisogni locali. La pressione esercitata dai movimenti sociali non si è mai fermata e a metà del 2023 si arrivò al risultato di bloccare la discussione parlamentare.

Per milioni di famiglie contadine africane che producono su piccola scala, la diversità delle sementi contadine è fondamentale per raggiungere la sovranità alimentare, avere un’alimentazione adeguata e preservare la biodiversità. Inoltre, ciò garantisce il sostentamento sia nelle aree rurali che urbane e periurbane. Tuttavia, le multinazionali continuano a imporre i loro semi industriali. Usano come punta di diamante istituzioni come l’Alleanza per la Rivoluzione Verde in Africa (AGRA), che ha introdotto semi ibridi e transgenici nel continente.

Nello Zambia, nell’aprile 2024, è stato presentato un nuovo progetto di legge sui Diritti dei Produttori. Non vi è alcun motivo reale per sostituire la legge attuale, se non per ottenere una nuova legislazione più allineata con l’UPOV. Le organizzazioni contadine e altri gruppi della società civile locale stanno conducendo una dura lotta contro questa iniziativa, denunciando che aumenterebbe il controllo delle multinazionali sia sulle sementi che sui sistemi alimentari del Paese.

A livello continentale, l’Unione Africana sta tentando di armonizzare le leggi sulle sementi tra i 54 paesi membri dell’Accordo Continentale Africano di Libero Scambio (AfCFTA). Il protocollo proposto sulla proprietà intellettuale privatizzerebbe i semi, aumentando significativamente il numero dei paesi membri dell’UPOV. Attualmente, metà dei paesi dell’Unione Africana sta già adattando le proprie leggi ai requisiti dell’UPOV, mettendo a rischio i sistemi di sementi locali e i diritti degli agricoltori.

Questo sforzo di armonizzazione le leggi include la Legge sulle Sementi e le Varietà Vegetali del 2024, della Comunità dell’Africa Orientale, redatta secondo il modello UPOV. Queste normative minacciano di creare un sistema di regole inflessibili che promuovono il commercio transfrontaliero di sementi, esponendo le varietà locali alla concorrenza sleale di potenti aziende produttrici di sementi. Ciò intensifica l’erosione della biodiversità e della sovranità dei semi in tutto il continente.

Organizzazioni come la Alleanza per l’Agroecologiae la Biodiversità dello Zambia (ZAAB) e l’Alleanza per la Sovranità Alimentare in Africa (AFSA) si sono opposte con veemenza all’UPOV e al controllo delle sementi da parte delle grandi imprese. Allo stesso tempo, diversi gruppi locali in tutto il continente si stanno mobilitando in difesa delle sementi e dei sistemi alimentari africani.

America Latina: mobilitazioni in difesa dei semi

Gli accordi di libero scambio hanno rafforzato gli sforzi per privatizzare le sementi attraverso nuove leggi e regolamenti in America Latina. Imponendo i diritti dei produttori, i brevetti e le leggi sulla commercializzazione dei semi, le multinazionali stanno violando la libertà fondamentale delle persone di conservare, scambiare, moltiplicare e riprodurre i semi. Nel 2012, il Parlamento honduregno ha approvato la Legge sulla Protezione delle Varietà Vegetali che rende illegale la conservazione, la condivisione o lo scambio di semi. In risposta, organizzazioni contadine come l’Associazione Nazionale per la Promozione dell’Agricoltura Biologica (ANAFAE) iniziarono una lotta che si protrasse per una decade per far dichiarare incostituzionale la legge. Malgrado il respingimento iniziale della richiesta, non si sono arresi e hanno intrapreso una nuova causa.

Dopo un lungo processo, nel novembre 2021, la Corte Suprema dell’Honduras ha stabilito l’incostituzionalità della legge. La sentenza rileva che l’UPOV viola la sovranità nazionale e il diritto del paese all’autodeterminazione, nonché i principi costituzionali relativi alla vita, alla dignità umana e al diritto del popolo honduregno a un adeguato livello di vita. La sentenza ha anche riconosciuto che la legge rappresentava un attacco al diritto delle persone a un’alimentazione nutritiva, sana e culturalmente appropriata.

Queste leggi sono conosciute in tutta l’America Latina come “Leggi Monsanto”. In Guatemala, le popolazioni indigene protestano nelle strade dalla metà del 2023, chiedendo al governo di abbandonare una proposta di legge basata sugli standard di UPOV. Le proteste sono state al centro di uno sciopero nazionale contro il governo.

Oltre alle pressioni derivanti dagli accordi di libero scambio, la pressione per aderire all’UPOV avviene anche attraverso forti campagne politiche. In Argentina, il governo di Javier Milei ha cercato di includere una clausola nella sua proposta di “Legge Omnibus” (articolo 241) per aderire all’UPOV 91. Questa iniziativa ha avuto il sostegno di aziende sementiere transnazionali, come Bayer, Syngenta, Corteva e BASF. L’obiettivo era di vietare agli agricoltori di riutilizzare i semi e di espandere il controllo delle imprese sui raccolti, minacciando così la sovranità alimentare del paese. Chi controlla le sementi controlla la filiera agroalimentare e in questo modo la disponibilità, qualità e prezzo del cibo per la popolazione.

La risposta è stata un grande movimento sociale il cui scopo era sconfiggere la legge ed eliminare l’articolo 241. Il 24 gennaio 2024, uno sciopero e una mobilitazione nazionale guidati dai principali centri sindacali argentini hanno visto la presenza di quasi cinque milioni di persone. L’UPOV è stato uno dei punti centrali della protesta, che è riuscita a fermare il disegno di legge. Tuttavia, la lotta continua, poiché il governo mantiene l’intenzione di introdurre un nuovo disegno di legge per limitare il diritto degli agricoltori di conservare liberamente i semi.

Nel maggio 2024, organizzazioni contadine e della società civile di Messico, Guatemala, Honduras, El Salvador, Costa Rica, Nicaragua, Colombia ed Ecuador, si sono incontrate in Costa Rica “Per la difesa dei semi e del mais”. Hanno condiviso esperienze e pianificato azioni per contrastare il crescente controllo sui semi e sui materiali di riproduzione che le multinazionali stanno ottenendo attraverso la proprietà intellettuale, le leggi di commercializzazione e altre leggi. Coloro che hanno partecipato all’incontro hanno denunciato specificamente i trattati di libero scambio e le leggi UPOV, che vedono come una minaccia estremamente seria per le loro comunità.

Asia: decenni di lotta all’UPOV

Dall’altra parte del mondo, i thailandesi combattono dalla metà degli anni ’90 per impedire al paese di aderire all’UPOV. Le comunità rurali continuano a essere una fonte significativa di sementi, con gli agricoltori che rappresentano un terzo della popolazione. Il paese ha anche un forte settore locale di produzione e miglioramento delle sementi e delle aziende sementiere. Tuttavia, nel 2017, a seguito delle pressioni dell’Unione Europea e dell’accordo commerciale transpacifico – che impone l’UPOV – il governo tailandese ha proposto silenziosamente una riforma della legge sulle sementi del 1999, al fine di adattarla all’UPOV 91. Questa iniziativa ha incontrato una forte opposizione da parte di vari settori. Organizzazioni come BioThai e Rete per l’Agricoltura Alternativa, hanno sostenuto che la riforma avrebbe ampliato il monopolio delle imprese sementiere transnazionali e della multinazionale thailandese Charoen Pokphand. La resistenza ha costretto il governo a ritirare la proposta.

Una situazione simile si sta verificando in Indonesia, dove i contadini si trovano ad affrontare le restrizioni imposte dalle leggi sulle sementi simili all’UPOV. Queste leggi sono state utilizzate dalla filiale nazionale di Charoen Pokphand, PT BISI, per accusare gli agricoltori di violare i loro diritti di proprietà intellettuale. In molti casi queste persone hanno ricevuto condanne a sei mesi di reclusione con sospensione condizionale della pena: uno di loro è finito in prigione per un mese e a tutti è stato proibito di utilizzare i propri semi per un anno. Questi casi evidenziano un messaggio molto preoccupante: “Compra i tuoi semi dalle aziende o affronta le conseguenze…”

La ratifica da parte dell’Indonesia di un trattato con l’Associazione Europea di Libero Commercio (Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein) ha indotto l’organismo nazionale per la protezione delle varietà vegetali a valutare l’adesione all’UPOV 91. Ciò ha suscitato forte preoccupazione tra le organizzazioni contadine e tra i movimenti sociali, che si sono mobilitati per fare pressione sul governo. Hanno addirittura chiesto l’intervento del Relatore Speciale delle Nazioni Unite per il Diritto all’Alimentazione, Michael Fakhri. In risposta, la missione permanente dell’Indonesia presso l’OMC e le Nazioni Unite a Ginevra ha rilasciato una dichiarazione in cui confermava che il paese non avrebbe aderito all’UPOV 91. Ciò è stato visto come una vittoria significativa per i movimenti contadini e della società civile, che da più di 20 anni resistono contro la privatizzazione delle sementi.

Tuttavia, non sempre si vince la battaglia. Il Vietnam ha aderito all’UPOV nel 2006, quando quasi tutto il miglioramento delle varietà del paese si trovava sotto il controllo del settore pubblico. A quel tempo, nel delta del Mekong operavano centinaia di gruppi guidati da agricoltori e solo il 3,5% delle sementi di riso proveniva dal sistema formale. Nel giro di dieci anni, la produzione di sementi del Vietnam è stata fortemente concentrata e oggi otto aziende – la maggior parte delle quali giganti come Syngenta, Monsanto e la giapponese Sakata – controllano l’80% del mercato. Sebbene la resistenza alla nuova legge sulle sementi, in linea con gli standard UPOV, sia stata difficile, le comunità indigene, soprattutto quelle che vivono nelle zone montuose, continuano a praticare metodi agricoli tradizionali. Questi metodi consentono loro una maggiore libertà di utilizzare, conservare e scambiare i semi, a differenza degli agricoltori di pianura che dipendono maggiormente dalle varietà industriali.

La lotta globale contro la privatizzazione delle sementi e l’UPOV

Il 2 dicembre 2021, centinaia di agricoltori e organizzazioni della società civile si sono riuniti per celebrare il 60° anniversario dell’UPOV, rinnovando decenni di resistenza contro la privatizzazione delle sementi e dell’UPOV. In questa occasione hanno riaffermato il loro rifiuto della cattura dei sistemi di sementi da parte delle grandi multinazionali e hanno chiesto lo smantellamento dell’UPOV. Hanno denunciato 60 anni di restrizioni alla libertà di conservare, migliorare, condividere e distribuire i semi, colpendo profondamente i sistemi contadini essenziali per affrontare la crisi climatica e alimentare. Uniti, questi gruppi si ribellano contro le leggi nazionali e internazionali sulla proprietà intellettuale come l’UPOV e contro le leggi e i regolamenti di commercializzazione delle sementi, che privano le persone delle loro risorse e conoscenze.

L’appello rimane in vita, come campagna permanente per fermare l’UPOV e altre leggi che minacciano le sementi dei contadini. La campagna cerca di amplificare l’azione, rafforzare la condivisione delle informazioni e promuove la mobilitazione al fine di impedire l’espansione di queste leggi. Mentre siamo di fronte a una crociata politica e tecnocratica coordinata per imporre leggi e regolamenti rigidi e uniformi al fine di favorire le imprese, è di fondamentale importanza che i movimenti contadini e di agricoltura urbana, le comunità indigene e la società civile si uniscano e rafforzino il movimento contro i sistemi di proprietà intellettuale come UPOV.

(*) Tratto da Ecor.Network. Originale in inglese da GRAIN.
Traduzione di Giorgio Tinelli.
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alexik

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