La motociclista di Naw Abad

 di Stephanie Hegarty

(«Afghanistan’s supergran crimebuster on wheels» per la BBC, 27.5.2012. Traduzione di Maria G. Di Rienzo)

«Agli uomini del villaggio dico: tutto quel che voglio da voi sono le vostre preghiere. Quando avete un problema lo riporterò al governo in nome vostro, e se c’è un’aggressione notturna a casa vostra prenderò il mio fucile e verrò di persona a vedere come stanno le cose». Quando questa donna, madre di quindici figli, si candidò alle elezioni politiche e disse ai suoi compaesani che voleva portare l’elettricità al loro villaggio, tutti le risero dietro. Era il 2004. Zarifa Qazizadah non fu eletta, ma l’elettricità riuscì a portarla e due anni più tardi gli uomini le chiesero di candidarsi a capo del villaggio Naw Abad nella provincia del nord detta Balkh.

Ora Zarifa fa una stretta guardia agli impianti e se qualcuno prova a connettersi illegalmente alla rete di fornitura elettrica se la deve vedere con lei. «Non posso permetterlo, la legge va rispettata. Quando accade qualcosa nel villaggio, di notte, devo reagire velocemente, perciò mi vesto da uomo e salto sulla mia motocicletta». E’ raro, nell’Afghanistan rurale, vedere un donna in moto da sola, quindi Zarifa si traveste e si mette persino un paio di baffi finti, per attirare meno l’attenzione. Nel villaggio è anche nota come soccorritrice di automobili impantanate alla guida del suo trattore. «Fa tipi di lavori che persino gli uomini non sono capaci di fare» dice Molavi Seyyed Mohammad, uno dei suoi sostenitori locali. Una cosa è certa: Zarifa Qazizadah non accetta un «no» come risposta.

Per mantenere la sua promessa agli elettori sulla fornitura di energia elettrica, anche se non aveva ottenuto il seggio parlamentare, Zarifa viaggiò sino alla capitale del Paese con la sua bimba di quattro anni e andò diretta a casa del ministro per l’Energia, Shaker Kargar, chiedendo di incontrarlo. Il ministro acconsentì a vederla il giorno dopo, e al termine del loro incontro Zarifa aveva ottenuto il suo consenso. C’era solo un problema: il villaggio doveva pagare da sé per le infrastrutture. Zarifa, che aveva già venduto orecchini e anelli per pagarsi il viaggio sino a Kabul, prese denaro in prestito ovunque poteva e ipotecò la propria casa per ottenere il capitale necessario. Cinque mesi più tardi, ogni casa del villaggio usufruiva dell’elettricità. «Fu solo allora che le persone riconobbero quel che avevo fatto e cominciarono a ripagarmi» dice Zarifa.

Gli incassi derivati dalla fornitura di energia elettrica sono stati investiti nella costruzione di un ponte su un fiume pericoloso, di modo da connettere il villaggio con una strada principale. Zarifa ha anche sponsorizzato la costruzione della prima moschea di Naw Abad. A differenza della maggioranza delle moschee in Afghanistan, questa è costruita in modo che donne e uomini preghino insieme. «Quando la gente vede quanto lavoro a questi progetti comincia a unirsi a me» dice ancora la capo villaggio: «Adesso le persone possono pregare nel loro villaggio e i bambini non devono andare chissà dove per imparare a leggere il Corano».

Sono tutti risultati grandiosi, se si pensa che questa donna aveva 10 anni quando andò sposa e 15 quando divenne madre per la prima volta. La maggior parte della sua vita da adulta l’ha passata in un remoto villaggio presso la famiglia del marito per la quale – racconta – era poco più di una serva. Durante il dominio talebano si trasferì con il marito nella capitale regionale, Mazar-e-Sharif, dove si appassionò al volontariato sociale convincendo i genitori a far vaccinare i loro figli. Di nascosto, insegnava a leggere alle bambine. Oggi ha cinquant’anni e 36 nipotini, è la presidente del locale consiglio delle donne e la “capa” del villaggio, e a casa sua tiene assemblee con le donne per incoraggiarle a seguire il suo esempio.

«Io ero una casalinga come voi» ha detto a una cinquantina di donne recentemente, in uno di questi incontri: «Ma oggi posso convocare un migliaio di persone a discutere. Posso incontrare le autorità e parlare con loro delle nostre istanze. Ci sono Paesi in cui le donne diventano presidenti. Le donne sono coraggiose e possono ottenere moltissimo».

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