La musica sconosciuta…

… e il miele di Tepi (*)

Gabriella Ghermandi, scrittrice, musicista, ricercatrice italoetiope, sta lavorando a un progetto ambizioso e prezioso, parte integrante di un percorso di vita. Far conoscere in Italia quanto è stato dimenticato del passato coloniale. Per realizzarlo ha scelto di partire dal basso, coinvolgendo uomini e donne che si prestano ad ascoltare. Intende, insieme ad alcuni musicisti, italiani ed etiopi, portare in questo Paese che tutto rimuove i canti di resistenza durante l’occupazione fascista dell’Etiopia, realizzare un cd col sistema della “produzione dal basso”. Ci si prenota per averlo e solo se si raggiunge la cifra necessaria la produzione effettivamente partirà. Con il suo inimitabile stile narrativo, Gabriella ci racconta questa idea a partire dalla propria storia.

Ricordo ancora gli ultimi giorni in cui abbiamo lavorato ai primi tre brani, nel 2010. Erano stati mesi intensi, ero andata in Etiopia per adottare mia figlia Mahlet e la fatica per l’infinita trafila e le difficoltà per portarla a casa erano state così tante che mi avevano sfiancato al punto che mi era venuto una terribile influenza, e proprio l’ultima settimana di permanenza in Etiopia, la settimana in cui dovevamo registrare, mi ero ritrovata completamente afona. In piedi, davanti al microfono, nello studio di Mitiku, avevo contratto i muscoli addominali ed esteso le corde vocali nell’attesa del suono, ma dalla mia bocca non era uscito neppure un sibilo. Loro, Aklilu Zewdy (il compositore) e Yohanes Afework (il flautista), dall’altra parte del vetro, nella sala del mixer, hanno sgranato gli occhi. Ci siamo guardati un po’ atterriti. Oddio, e ora? Che fare?

Una settimana, mancava solo una settimana alla mia partenza. Avevamo il morale a pezzi, dopo tanto lavoro! Mitiku ha preso in mano la situazione «Facciamo così, registriamo gli altri strumenti, così lei ha qualche giorno per riprendersi, e poi mettiamo la voce». «Ci vorrebbe il miele di Tepi – ha detto Yohanes Afework – fa miracoli per la gola, la voce e i polmoni… Il miele selvatico delle foreste di Tepi cura tutto».

Ci siamo salutati, io sono tornata a casa con l’ordine dell’anziano flautista di andare a dormire, mentre loro sono rimasti a registrare. La sera Yohanes Afework mi ha chiamata. Aveva un parente a Tepi, mi aveva trovato il miele. Era così contento, il miele c’era e sarebbe arrivato ad Addis Abeba dopo due giorni, affidato all’autista della corriera che partiva l’indomani mattina alle 6. Era già stato tutto stabilito.

Ho registrato. Infine ce l’ho fatta, con Aklilu e Yohanes che dall’altra parte del vetro mi incoraggiavano, e con il barattolo del miele aperto, appoggiato per terra, vicino all’asta del microfono. Ho registrato anche se la mia voce gracchiava come un vinile graffiato. «E’ lo stesso, va bene anche così, rispetto a quando non ti usciva nulla, almeno ora canti – ha detto Yohannes – usala come guida per tenere il tempo e le pause giuste. Poi in Italia registri nuovamente».

Il cd con le tracce me lo ha portato a casa Mitiku, alle 18 di venerdì due aprile. Alle 23.45 dello stesso giorno abbiamo preso il volo per tornare in Italia, con la nostra bimba Mahlet e quel cd! Poi il cd è finito nella vetrinetta dei lavori e lì è rimasto per parecchi mesi, fino a quando l’amico e musicista Gabin Dabiré non mi ha detto: «ho trovato il musicista italiano che può lavorare con te a quei brani che hai portato dall’Etiopia. Si chiama Michele Giuliani, è un pianista di Bari. E’ stato in Etiopia, conosce la musica etiope ed ha spostato una ragazza etiope». Era il tassello mancante al nostro progetto. Io e Michele ci siamo trovati e abbiamo lavorato alle tre tracce.

L’anno successivo sono tornata in Etiopia, ho fatto ascoltare ad Aklilu e Yohanes gli arrangiamenti pianistici di Michele. Ho gioito nel vedere le loro espressioni soddisfatte. «Conosce le nostre scale pentatoniche, persino l’Anchi hoye», ha detto Yohanes . Non c’era bisogno di aggiungere altro.

Così é iniziato questo viaggio musicale tra Etiopia ed Italia. Un viaggio di tanta gente assieme: musicisti, ma anche poeti che hanno composto i testi, storici etiopi che mi hanno dato i testi di vecchie canzoni cantate durante la guerra contro l’esercito italiano, radio private di Addis Abeba che ci hanno fatto accedere ai loro archivi musicali, musicisti italiani e associazioni italiane, amici di tutto il mondo!

A questo viaggio abbiamo deciso di dare il nome di uno dei più amati imperatori d’Etiopia: Atse Tewodros, un imperatore particolare, non appartenente alla dinastia imperiale. Dopo secoli di tradizione ininterrotta, il popolo etiope sceglieva di andare contro la tradizione lottando al fianco di un uomo semplice, figlio di una venditrice di erbe e un militare, affinché diventasse Imperatore. Atse Tewodros è molto amato in Etiopia, ancora oggi, e di lui tutt’oggi si cantano le gesta eroiche. E’ l’imperatore che aprì l’Etiopia alla modernità pur mantenendo intatta la tradizione. L’imperatore che nella seconda metà dell’800 costrinse un’avanguardia del Impero Britannico, camuffata da gruppo di esplorazione scientifica, a lavarsi prima di imbarcarsi per il ritorno in Gran Bretagna, a lavarsi e lavare tutti gli abiti che avevano con se per far giungere un messaggio alla Regina Vittoria: «Dalla nostra terra non porterete fuori neppure la polvere». E il primo brano del nostro progetto, ascoltabile sul link di “produzioni dal basso” (ascolta) é dedicato a lui, a quando diceva «se anche le mie ossa corressero il rischio di venire frantumate, se il mio sangue fuoriuscisse dal mio corpo, se anche il prezzo da pagare dovesse essere la mia vita terrena, io non accetterò di vendere e svendere la mia terra», riferendosi alla lotta che era pronto a intraprendere per fermare ogni eventuale tentativo di colonizzazione europea.

Abbiamo scelto l’immagine di Atse Tewodros per rammentare e rammentarci come tutti abbiamo il potere di cambiare il destino delle nostra vite, ma per fare questo dobbiamo osare. E in questo viaggio noi vogliamo osare. Osare far conoscere all’Italia la musica etiope fin ad oggi pressoché sconosciuta; sostenere i musicisti etiopi che suonano strumenti tradizionali, e che oggigiorno iniziano a scomparire; dare ai musicisti italiani il privilegio che nasce dalle possibilità di esplorazione di un contesto musicale così particolare. Vogliamo osare pensare che saranno in molti a sostenerci, per questo una parte del nostro progetto abbiamo deciso di tentare di finanziarlo con una piattaforma di crowdfounding, e cioé: “produzioni dal basso”.

E a questo punto non mi resta che dirvi ascoltate i nostri brani, sostenete il nostro viaggio musicale. Diventate nostri produttori: http://www.produzionidalbasso.com/pdb_1436.html. Attualmente il nostro progetto necessita di un ulteriore passo. Fino ad oggi il ponte tra Etiopia ed Italia sono stata io, ma in questa fase del nostro lavoro si è reso necessario l’incontro tra musicisti italiani ed etiopi. Quindi il prossimo passo è un viaggio in Etiopia nel gennaio 2013. Con il nostro progetto su “produzioni dal basso” ci finanzieremo una parte del viaggio.

E se a qualcuno, conoscendo la mia vita artistica, venisse da chiedersi «Ma quella non faceva la scrittrice?», rispondo in anticipo dicendovi che nel paese in cui sono nata si racconta scrivendo, narrando e cantando e per questo che ad un certo punto ho deciso di cantare, volevo poter raccontare anche così.

E i testi delle nostre canzoni raccontano delle gesta eroiche di Atse Tewodros, dei vecchi patrioti etiopi, scalzi sulle montagne, a combattere contro l’esercito italiano e i loro carri armati fiat-tagliero, raccontano della migrazione, del dolore di non poter camminare a testa alta in una terra perché le leggi rimarcano ad ogni passo che non è la tua, che non sei il benvenuto, ma raccontano anche di bambini curiosi che scoprono nel buio notturno schiarito dalla luna, la vita della foresta con tutti i suoi suoni, dell’amore e della passione, del gioco, del riso e del pianto.

(*) riprendo questo articolo da “Corriere immigrazione” – “settimanale di informazione e cultura sull’Italia di oggi e domani” (potete vederlo qui: http://www.corriereimmigrazione.it/ci/) che segnalo e anzi raccomando assai: info@corriereimmigrazione.it  per contattare la redazione.

Come avete letto: “ci si prenota per averlo e solo se si raggiunge la cifra necessaria la produzione effettivamente partirà”… Dunque ascoltate e prenotatevi: i soldini da sganciare sono pochi e, secondo me, quello che ne avete in cambio è tantissimo. (db)

Marco Trotta

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