Là nella valle 4 / Offesi

di Sandro Moiso (*)

[A questo link la puntata precedente.]

cavalleriaManganelli aveva spalato cacca, letteralmente, per quattro giorni.
La corrida scatenata dai bovini in fuga non aveva soltanto sconvolto ciò che restava del cantiere, ma lo aveva anche abbondantemente concimato.
Così colui che era stato all’origine della cornutissima cavalcata delle Walkirie a quattro zampe aveva dovuto pagarne il fio.

Ispettore — aveva domandato Manganelli — ma perché non sono stati ritenuti responsabili gli allevatori che hanno ammesso di essersi lasciati sfuggire le vacche?
Manganelli, Governo e Ministero hanno scelto una politica di appeasement con le popolazioni locali…e poi, cristo di un dio, chi c’era di guardia al cancello? Chi ha sparato per aria? Chi?! CHI ?!!”. Fine della risposta e condanna definitiva.

Perciò allo stesso Manganelli non era sembrato vero quando aveva visto una donna in casacca e pantaloni neri che si esercitava in quelle che sembravano essere arti marziali su uno dei due muretti che fiancheggiavano il ponte sul torrente, appena fuori dal cancello sulla strada dell’Avanà.
Senza contare che sui prati poco distanti erano comparse una grossa auto famigliare con targa straniera e un paio di tende con alcuni individui, maschi e femmine, di varia età.

Questa volta non si sarebbe fatto fregare.
Sono tornati! Sono tornati e stanno rimettendo su il campeggio!!” urlò tornando di corsa verso il cantiere. Il primo pensiero di De Gennaro fu che fossero tornati i pastori con un numero maggiore di vacche e si preparò al peggio.
Chi è tornato?” chiese, già infastidito l’ispettore. “I Black Block, Ispettore!” rispose Manganelli.

Un fremito percorse la falange azzurra.
Sei sicuro Manganelli…o è un’altra delle tue minchiate che ti sono già costate un bel pezzo di carriera?” chiese ancora l’ispettore. “No, no Signor Ispettore…è vero! Devono essere arrivati questa notte o all’alba e stanno rimettendo su il campeggio.
L’ispettore si rivolse al capo pattuglia “Prenda tre uomini e vada a vedere…subito!

La donna era sempre là in una posa apparentemente immobile, ma che in realtà, ad un occhio esperto, rivelava un lentissimo e quasi inavvertibile movimento del torso, delle braccia e delle gambe. “Tai Chi” sentenziò Muraro.
Tai che…quella mica è tailandese! — rispose De Gennaro — E’ bionda, alta…
Lascia stare De Gennà, il tai chi è un’antica pratica orientale…” “E che minchia sei Murà, un campione di Jerry Scotti? Sempre tutto devi sapere…

tai.jpgZitti — li interruppe il capo pattuglia — quella è proprio sospetta e là, vicino alle tende, ce ne sono altri quattro”. E aggiunse “Mi sa che ‘stavolta l’Ispettore avrà i suoi sovversivi”. Un ghigno gli attraversò la faccia e così quella del terzo agente, un certo La Russa, un brutto ceffo, grifagno e con lo sguardo invasato del maniaco. Si sfregarono entrambi le mani e si guardarono di sottecchi.
Facciamo finta di niente e torniamo al cantiere. Ci penseremo poi…” concluse il capo pattuglia.

Ispettore, è vero: sono loro anche se sono ancora pochi” fu la sintetica relazione.
Quanti?” “Una donna sui quarant’anni, due ragazze, un ragazzo ed un uomo anche lui sulla quarantina
E cosa stanno facendo?” “La donna fa una strana ginnastica sulla spalletta del ponte, gli altri stavano preparando il campo.”
Vi hanno provocati, vi hanno minacciati?” “No
Allora, per adesso, stiamo a vedere e aspettiamo”.

Allontanandosi, il capo pattuglia fece segno a De Gennaro e a La Russa di seguirlo.
Disse — Noi aspettiamo e quelli aumentano per poi coprirci di insulti e pietrate”. Poi, sottovoce “’‘Sta notte ci pensiamo noi..d’accordo?
De Gennaro annuì con aria cospiratoria, mentre La Russa si trattenne a stento dal salutare romanamente per manifestare il proprio entusiasmo.

Qualcuno di voi è di turno questa sera?” “No, solo Muraro” rispose De Gennaro.
Bene, trovami qualcun’ altro…uno di quelli di Genova mi raccomando!
Certamente!
Tre teste, tre caschi, tre fantasie scatenate a metà tra un film di Steven Seagal e uno snuff movie.
Una miscela esplosiva, efficiente, pericolosa, pronta. Sempre e senza rimorsi. Senza pietà.

L’ingegnere elettronico, di Zurigo, Kurt Wagner era da qualche settimana in vacanza in Italia con la moglie Katharina Moser, la figlia Greta di 13 anni e il figlio Hans di 16. Con loro c’era anche la fidanzatina di Hans, Geneviève, 15 anni, di Ginevra.
Avevano scelto il campeggio perché meno costoso e per stare più vicini alla natura.
Ora, sulla strada del ritorno avevano scelto di fermarsi per un giorno in quella valle, anche se deturpata da quegli orrendi viadotti.

Ho visto degli uomini con l’aria dei poco di buono che mi fissavano mentre facevo esercizio sul ponte…avevano delle tute azzurre, ma nessun segno di riconoscimento” disse Katharina a Kurt mentre i ragazzi non sentivano. Kurt la guardò perplesso “Saranno stati operai di quei cantieri in disarmo che abbiamo visto prima, passando…non allarmarti” disse.
Le vacanze fino ad allora erano andate benissimo, perché allarmare i ragazzi?

Le tenebre erano scese da un pezzo quando i quattro agenti si ritrovarono in prossimità della recinzione. Cappucci arrotolati sulla testa, nessun distintivo, nessuna mostrina. Il solito look.
Il capo pattuglia li guardò:”A questi gli facciamo una bella festa…
Pure alle ragazze…” lo interruppe La Russa.
Sì, sì pure alle ragazze, ma adesso statemi a sentire…

State tutti a sentire me, invece…” — era l’ispettore, sbucato dall’oscurità – “ sapevo che non avreste rinunciato al boccone, ma se qualcosa va storto… sappiate che io non ne sapevo nulla e che saranno tutti cazzi vostri. Chiaro?!” “Chiaro” risposero sottovoce.
… e nessuna arma di ordinanza, mi raccomando
Certo Ispettore — disse il capo pattuglia- solo tirapugni, sacchettini di sabbia, bastoni animati e un manico di piccone”.
Come al solito?” “Come al solito.
Bene, in bocca al lupo” “Crepi il lupo.

Quattro lupi nella notte scavalcarono il recinto in prossimità del torrente.
Ombre furtive che sentivano già l’odore del sangue, l’eccitazione provocata dai lamenti e dal rumore dei colpi sui corpi e dei vestiti lacerati.
Quattro cacciatori di stato a caccia di sovversivi.
Quattro professionisti della violenza in prossimità di due tende e di un’auto.

Il rumore di un ramo spezzato, un bisbiglio indistinto: Kurt si destò dal dormiveglia
Kurt Wagner, 42 anni, ufficiale dell’Esercito Federale Svizzero.
Tiratore scelto con la pistola, inseparabile dalla sua Sig Sauer 226.
Non un maniaco delle armi, ma pronto a difendere i suoi cari, se necessario.
Estrasse l’arma dallo zainetto.

Katharina Moser, ex- studentessa di lingue orientali, istruttrice di arti marziali orientali per i corsi di autodifesa femminile istituiti nei cantoni svizzeri di lingua tedesca.
Entrambi si erano conosciuti in Giappone ad un corso superiore di arti marziali.
Un udito finissimo l’aveva già avvertita da qualche minuto che fuori c’era qualcuno.
Continuava a fingere di dormire per non provocare rumori che potessero essere sentiti da chi stava all’esterno.

Pezzi di merda!
Bastardi!
Figli di puttana!
Puttane!!
I quattro erano partiti all’assalto delle due tende.

Non arrivarono a sfiorarle.
Da una delle due tende era balzata fuori un’ombra silenziosa che aveva esploso quattro colpi di pistola in meno di tre secondi.
Tiro rapido, quattro proiettili avevano sfiorato quattro crani ricoperti da cappucci neri.
Davanti alle tende c’era un uomo piantato a gambe larghe che impugnava a due mani un’automatica.

Sorpresa. Stupore. Quattro figure immobilizzate in differenti, plastiche pose.
Fu un attimo “Sono terroristi, diamogli addosso!!” urlò il capo pattuglia.
Ma le sorprese non erano finite.
Dalla stessa tenda piombò fuori un turbine scuro come la notte.
Una forma nera, quasi indistinguibile nell’oscurità, che roteava qualcosa di chiaro e lungo.
kill bill 1.jpg
Fendente dall’alto in basso sulla testa del capo pattuglia.
Diagonale ascendente da sinistra verso destra sul volto di La Russa.
Diagonale discendente da destra verso sinistra sulle ginocchia di De Gennaro.
Rapido volteggiare del bokken*, raso terra, sulle caviglie del quarto uomo.
Scricchiolio di ossa, imprecazioni, mani che lasciavano cadere oggetti contundenti, rumore di polmoni che rilasciavano in un colpo tutta l’aria in essi contenuta.

Adesso erano arrivati anche i ragazzi.
Il maschio con una fionda puntata dritta su di loro e le ragazze con due bastoni leggermente arcuati ed eleganti. Circondavano, in cinque, quattro figure accasciate e sorprese.
Minchia, in un campo di terroristi baschi siamo finiti…” mormorò De Gennaro.
Prego, chi essere voi, cosa volere?” chiese in un italiano stentato l’uomo con la pistola.

Poliss, poliss…” rispose il capo pattuglia ancora rintronato dal colpo ricevuto sul cranio.
Prego, togliete maschere. Non vedo scritte su vostri vestiti” disse avvicinandosi, con l’arma sempre puntata sui quattro, il pistolero elvetico.
Noi essere polizia” cercò di adeguarsi linguisticamente l’agente La Russa.
Io non credere, tu faccia da delinquente, da maniaco” rispose la figura femminile in nero.

La tensione saliva da un lato, compensata dai timori che aumentavano dall’altro.
Poliziotti giù, a terra, gli altri cinque in piedi.
Il mondo capovolto insomma agli occhi dell’agente scelto De Gennaro che si chiedeva, anche, dove fossero finite le sue rotule, visto che di piegar le gambe proprio non se ne parlava.
Proprio un bel casino: con quelli che parlavano poco l’italiano e loro senza gradi, mostrine e distintivi.

Due fari illuminarono la scena all’improvviso: erano quelli dell’auto di servizio dell’ispettore, ancora piuttosto ammaccata per la carica bovina, ma con l’impianto elettrico ancora funzionante.
Era stato Muraro a svegliare l’ispettore.
Ispettore, mi scusi…
Che cazzo c’è Muraro?
Bip Bip ha catturato Willy il coyote

Cos’è? Mi svegli per farmi uno scherzo?!
No, Ispetto’, giù al campeggio hanno fatto prigionieri i nostri..
Cosa?!
Sì, Ipetto’, ero di ronda e ho visto il casino che è successo…adesso sono prigionieri
Ma quanti black block sono arrivati ‘sta notte?
No, Ispetto’, con tutto rispetto sembra una famiglia. Cinque persone”.

Adesso erano lì, alla luce del lampeggiatore blu e dei fari.
L’ispettore, Muraro e altri due agenti da una parte.
L’esercito elvetico dall’altra.
Quattro deficienti doloranti in mezzo.
Stallo messicano. Tarantino docet.

Giù le armi, polizia! “ Urlava l’ipettore puntando per errore il telefonino.
Giù voi le armi!” risposero all’unisono Kurt e Katharina “ E fare vedere distintivi, prego
L’ispettore e gli agenti mostrarono i distintivi; Katharina ei ragazzi abbassarono le armi.
Kurt no:”Sono un ufficiale dell’Esercito svizzero e questi uomini hanno aggredito me e le mia famiglia!!

Non è vero Ispettore, non li avevamo ancora toccati…” gridarono all’unisono i coristi ex-Diaz.
State zitti ! E Lei mi faccia vedere i documenti!
Kurt estrasse con una mano i documenti dalla tasca posteriore dei jeans e li passò a Katharina che, a sua volta, li passò all’ispettore.
Che disse:“Abbassiamo tutti le armi” dopo averli esaminati.
E noi ci possiamo alzare Ispettore?” domandò timidamente il capo pattuglia.
Voi, imbecilli rimanete lì fino a quando non ve lo ordino io!!!

Ma questi sono terroristi, avranno documenti falsi…” cercò di intromettersi De Gennaro.
Falsi un corno! Avete combinato un bel casino..
Mentre diceva queste parole l’ispettore digitò sul cellulare il numero d’emergenza.
Gli rispose una voce assonnata “Che c’è ispettore? Perché mi sveglia a quest’ora?
Signore, è successo un guaio…” e spiegò tutto, a voce bassa, a chi stava all’altro capo del telefono.

Un ruggito, una maledizione divina, una valanga di insulti, tutti coloritissimi, si riversò sull’ispettore, attraverso il cellulare, appena ebbe finito di esporre la situazione.
Sì, Signore…ho capito…ha ragione…ma adesso cosa devo fare ? In fin dei conti questi svizzeri sono armati e…
E che vuole fare, gran pezzo di imbecille?! Li vuole arrestare? Ha visto che culo ci hanno fatto gli avvocati tedeschi per il G8 di Genova? Riesce lontanamente ad immaginarsi cosa ci farebbero quelli svizzeri? Lasci perdere, li lasci andare …e ricordi ai suoi guerrieri che il turno di sorveglianza, compreso il suo, è prolungato di altri tre mesi!
Sì, Signore…” mormorò il responsabile, vedendosi sfumare sotto gli occhi le vacanze in Thailandia già prenotate da tempo.

Poi la furia accumulata si rovesciò sui quattro uomini in blu.
A dir il vero li avevano già fatti blu a colpi di bokken e quindi le parole non poterono risultare più dolorose delle botte ricevute poco prima.
Idioti! Incapaci! Vermi schifosi! Porgete le vostre scuse ai signori e ritornate al cantiere…ah, dimenticavo, da domani il capo pattuglia sarà Muraro” E, dopo un rapido accenno di saluto e di scusa ai coniugi Wagner-Moser e famiglia, risalì in macchina per tornare al cantiere.
bokken.jpg
Così terminò la prima battaglia vinta dall’Esercito Federale Elvetico sul territorio italiano.
C’era già stata, circa trent’anni prima, un’altra battaglia vinta dalla marina svizzera nelle acque territoriali italiane.
Davanti all’isola dell’Asinara.
Ma questa è un’altra storia**.

* Bokken: spada di legno da addestramento

** Narrata in: Giuliano Naria, I duri, Baldini & Castoldi, 1997

(4 – continua)

(*) Tratto da “Carmilla on line”.

[Il 4 ottobre è iniziato il processo d’appello contro i manifestanti No Tav per le giornate di resistenza  del 27 giugno e del 3 luglio 2013. Come forma di solidarietà alla lotta valsusina, la Bottega dedicherà alla saggistica e narrativa No Tav un appuntamento fisso ogni martedì sera, in aggiunta agli articoli sul movimento già normalmente in programmazione.]

alexik

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