La persecuzione di Maxima continua

di Aldo Zanchetta (*)

Da anni una contadina di 46 anni, proprietaria di un pezzo di terra a 4.200 metri sulle Ande peruviane, Maxima Acuña, resiste alle prepotenze di una multinazionale, la Yanacocha, che in questo luogo ha aperto una miniera aurifera.  Yanacocha sostiene di essere la proprietaria di questo pezzo di terra e perseguita Máxima e la sua famiglia in mille modi. Attraverso lunghe vertenze giudiziarie, alla fine la giustizia peruviana ha riconoscito a Máxima il legittimo diritto sulla sua terra.
Nel dicembre 2014 scrivemmo: “… dalle aule giudiziarie di un paese andino che ha visto e raccontato pagine leggendarie sulla resistenza dei comuneros e dei campesinos, arriva una notizia di eccezionale importanza. Una notizia buona, una volta tanto. Doña Maxima Atalaya, la señora Chaupe, uno dei simboli più semplici e straordinari dell’opposizione all’avanzata del devastante business minerario e della sua ideologia,  l’estrattivismo sviluppista, potrà vivere sulla sua terra (andate a rileggere una storia bella qui). I giudici hanno dato ragione a lei e torto alla potente compagnia mineraria Yanacocha, che le aveva fatto bruciare la casa. Per questa volta abbiamo vinto noi“.
Ma cos’è la giustizia, in un paese dove le “legittime” autorità sono corrotte: i presidenti della repubblica, buona parte del sistema giudiziario, la polizia…… Molti anni fa a Lima, la capitale, fui perquisito con un pretesto e derubato da una pattuglia della polizia! Senza alcun seguito la denuncia al commissariato! Era l’epoca del presidente Fujimori, la cui figlia ha mancato di poco l’elezione a Presidente nelle elezioni dell’aprile scorso.

La famiglia Chaupe è diventata proprietaria del terreno nel 1994, come dimostrano le carte in loro possesso. La Yanacocha nel 2001 acquistò una serie di proprietà per un totale di 5.700 ettari nella zona della futura miniera e da allora ha sostenuto che la proprietà di Maxima vi rientra di diritto essendo a soli 100 metri da una strada di passaggio degli automezzi della miniera. Ricordate la favola del lupo e dell’agnello?Incastrato fra le proprietà della miniera, più che un reale ostacolo fisico, quel conteso pezzo di terra è un importante simbolo di riferimento per molte delle resistenze ai disastri che l’estrattivismo a cielo aperto sta causando in decine di località del Perù e del Sudamerica. Chi ha letto il meraviglioso e terribile “Rulli di tamburo per Rancas” di Manuel Scorza, sa qual è il potere di una società mineraria in un paese andino, cinquanta anni or sono come oggi.

Due giorni or sono le guardie armate della Yanacocha, approfittando del fatto che la famiglia era sola, hanno nuovamente aggredito Máxima distruggendo le sue coltivazioni. Le foto, scattate da un familiare, documentano l’ignobile episodio.
Hugo Blanco, ottantenne storico difensore delle cause dei campesinos peruviani, ci scrive via mail: “Donna Máxima è riconosciuta mondialmente dalla gente umile come difensora della vita e della madre terra, minacciata in Cajamarca dalla “Minera Yanacocha”. […] I codardi al soldo della miniera transnazionale hanno incominciato a distruggere le coltivazioni della famiglia. Quando Donna Maxima e suo marito, Don Jaime Chaupe, si sono avvicinati per chiedere di smettere, sono stati colpiti brutalmente. Il cellulare di Don Jaime non ha funzionato. I due coniugi sono stati recuperati ore dopo e trasportati in una clinica in Cajamarca dove la figlia Isidora ha raccontato il fatto.”
Le autorità, come già altre volte, non faranno nulla contro la Yanacocha. Solo la protesta popolare, subito iniziata dopo la notizia, può ergere ancora una volta una cintura di protezione per la famiglia Chaupe. Se tutti i perseguiti ingiustamente dal potere nel mondo avessero la dignità e la caparbietà dei coniugi Chaupe, il mondo forse sarebbe diverso. Facciamo almeno sentire loro la nostra solidarietà e partecipiamo al tam tam internazionale subito iniziato.
Qui trovate la petizione al governo statunitense (paese di appartenenza legale della Yanacocha) che vi preghiamo vivamente di firmare: petizione.
Qui trovate le foto di Máxima Acuña e della sua casa (tratte dal servizio di Simona Carnino su comune-info) e qui i video dell’aggressione e della resistenza dei due indigeni mentre il loro campo viene devastato, nonché del ricovero in ospedale di Maxima.

 

(*) tratto da http://comune-info.net/

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