La povertà mestruale e la “tampon tax”
di Gianluca Cicinelli
Si chiama Povertà mestruale, “period poverty” se preferite l’inglese, consiste nell’impossibilità o difficoltà economica per una donna di acquistare prodotti per l’igiene intima nei giorni del ciclo. Il prossimo 28 maggio torna la Giornata internazionale dell’igiene mestruale, dedicata quest’anno proprio alla povertà mestruale. Le lettrici e i lettori più attenti ricorderanno le polemiche in Italia fin dal 2018 sulla richiesta di diminuire l’iva sugli assorbenti, ieri e oggi al 22%. Ci furono esponenti dei 5 stelle come l’allora capogruppo alla Camera Francesco Uva che, rifiutandosi di abbassare l’iva al 5%, invitavano le donne a tornare alle coppette mestruali e agli assorbenti lavabili. Nello stesso periodo il governo abbassava la tassa sul tartufo dal 10 al 5%. Quel partito, l’unico al governo ininterrottamente fin dall’inizio della legislatura, vinse la sua battaglia, grazie anche ai suoi molti e diversi alleati di governo negli anni, dalla Lega al Pd, e oggi l’iva al 5% in Italia è prevista soltanto per le coppette mestruali e per gli assorbenti lavabili. La politica sostiene che la tassa è rimasta elevata per motivi ambientali.
Uno studio commissionato nel 2015 dal sindaco di New York Bill De Blasio sui prezzi delle merci in base al genere, il primo a leggere i prezzi delle merci in questa ottica, dimostrava come in media le merci specifiche per le donne costassero il 7% in più degli analoghi prodotti per uomini arrivando al 13% in più per i prodotti di igiene intima. Lo studio rilevava che a parità di servizi con gli uomini le donne pagano una, non dichiarata, “gender tax”, ovvero una tariffa maggiore su servizi e merci irrinunciabili per la propria vita quotidiana. Purtroppo non esistono molti studi in proposito, l’unico riferimento è uno dello Stato della California che nel lontano 1994 valutava la spesa in 1351 dollari in più l’anno per le donne.
E’ davvero difficile accreditare le mestruazioni come un genere di lusso o una scelta, ma non disperiamo che prima o poi qualcuno emetterà anche questa sentenza, la politica italiana ci ha abituati a esternazioni al di fuori del tempo. E che si tratti di volontà lo dimostrano le tassazioni sugli assorbenti che troviamo inferiori in altri Paesi. In Spagna la tassa è al 10%, Francia e Inghilterra l’hanno abbassata al 5,5%, l’Olanda al 6% mentre il Canada e l’Irlanda l’hanno addirittura abolita. Anche in Scozia, grazie alla “Period Product (Free Provision) Bill”, lo Stato fornisce gratuitamente gli assorbenti alle donne, anzi il governo scozzese ha iniziato la distribuzione diretta e gratuita di assorbenti nelle scuole e nelle università. Non solo: le donne potranno decidere se ritirare personalmente i prodotti o farseli consegnare, in quanto vengono riconosciute questioni legate alla privacy, visto che l’argomento, è ancora vissuto con imbarazzo. Un tabù che limita la circolazione d’informazione e sensibilizzazione, impedendo di diffondere un principio basilare. Ogni donna dovrebbe poter scegliere il dispositivo più adeguato senza essere penalizzata e senza pagare di più rispetto a chi fa una scelta diversa.
Una ricerca condotta nel 2017 dalla sezione inglese di Plan International, un’associazione impegnata nelle pari opportunità, in particolare rivolte a giovani e bambini, intervistando un migliaio di ragazze e donne tra i 14 e i 21 anni, dimostra quanto sia pesante l’impatto della povertà mestruale sulle nuove generazioni. Intanto perchè la ricerca mostra un numero impressionante di donne, circa la metà del campione, che prova imbarazzo per le mestruazioni, indice di una società che non funziona bene additando un fattore naturale come un tabù. Il 71% delle ragazze ha ammesso di essersi sentita imbarazzata nell’acquisto di prodotti sanitari, il 49% di loro ha saltato almeno un’intera giornata di scuola a causa del ciclo, il 59% ha inventato una bugia o una scusa alternativa, il 64% delle ragazze ha perso una lezione di educazione fisica o di sport a causa del ciclo inventando, nel 52% dei casi, una scusa.
Altre stime non ufficiali – secondo cui le donne mediamente hanno le mestruazioni per 2.281 giorni nella loro vita – calcolano la spesa relativa ai prodotti mestruali in circa 11 mila euro. Una donna su quattro negli Stati Uniti ha difficoltà economiche quando deve decidere tra l’acquisto di prodotti mestruali da una parte e di cibo dall’altra. Nel Regno Unito tre ragazze su dieci faticano a permettersi l’acquisto di prodotti mestruali. Per tornare in Italia, e in territorio economicamente non povero, un sondaggio tra seimila studentesse di Infocafè Femminista e Consulta tra le studentesse altoatesine ci spiega come il 14,8% delle ragazze, una su sette, si sia assentata dalle lezioni perché non aveva sufficienti dispositivi igienici. Insomma, come molti passi in avanti sono stati fatti per esempio con la distribuzione gratuita alle donne di prodotti per la contraccezione, dopo anni di battaglie dei movimenti, non si capisce perchè lo stesso processo d’informazione e di aiuto economico non possa essere fatto per gli assorbenti. O forse si capisce anche troppo bene.
Il problema c’è e va risolto. Sufficiente seguire i Paesi europei che già hanno abbassato l’Iva.
Fa molto discutere invece il fatto che governi precedenti abbiamo dato 500 euro al compimento del 18 anno di età a tutti*:indistintamente, ricchi e poveri. Si continuava dare mance indistintamente senza avere il coraggio di fare scelte di classe. Ma lo sappiamo oramai i partiti in Parlamento sono tutti interclassisti.